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La Voce del Vangelo

La VOCE maggio 2015

Così è sfumato il paradiso!

Sai qual è il peccato che Dio considera il più grave che ci sia? Sei sicuro di non commetterlo?
Per molti, sono domande strane, senza senso. Oggi le persone non pensano affatto al peccato. Per loro parlarne è morboso, può agitare soltanto le coscienze dei più semplici.
La parola “peccato” da tempo ha perso il suo vero significato e pochissimi ci pensano ormai.
Anche i credenti evangelici tendono a evitare di parlarne troppo. Sanno che Cristo è morto per pagare e perdonare tutte le loro colpe: perché preoccuparsi ancora? Dio si è impegnato a perdonare tutto, perciò è più o meno come se il peccato non esistesse più. O no?
No! Non è proprio così. O, almeno, non dovrebbe essere.
I peccati NON sono cosucce. Non sono delle sciocchezze che Dio si è inventato per poter dire ogni tanto qualche “No” ai suoi figli.
Dio, nella sua assoluta perfezione di sapienza, amore e giustizia, ha creato un mondo perfetto. Se le sue creature si fossero comportate sempre correttamente, per loro sarebbero esistiti soltanto la felicità, il benessere, l’amore e la comunione con Lui; insomma, il paradiso. E Dio non avrebbe mai dovuto dire “No” a qualcuno. Il peccato non sarebbe esistito. E tutti sarebbero vissuti sani e felici per l’eternità!
Ma, NON è andata così! E non va così neanche oggi! Sai perché?


Il peccato più grave

“Se vuoi, levati di torno, Dio. Non avrò più bisogno di te!”
Più o meno così sarà andata una delle prime conversazioni nel creato fresco di Dio. Ma chi è stato a pronunciare quelle parole? Il bellissimo angelo di nome Lucifero.
Non esiste una trascrizione di quella conversazione, ma c’è un passo biblico, nel libro di Isaia, che sembra descriverla. In un discorso poetico, Lucifero dice: “Io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio; mi siederò sul monte dell’assemblea, nella parte estrema del settentrione; salirò sulle sommità delle nubi, sarò simile all’Altissimo” (Isaia 14:13,14).

È difficile immaginare un peccato più grande e più grave di quello: voler fare a meno di Dio.
Istigati da Satana (ex-Lucifero), prima Eva e poi Adamo, hanno commesso lo stesso peccato. Il Signore aveva detto loro come rimanere in comunione con Lui, ma essi, in pratica, hanno risposto: “Abbiamo capito, ci avevi avvertiti, ma le parole di Satana ci sembrano molto valide e abbiamo deciso di dare retta a lui!”.

Per certi versi è una fotografia del mondo in cui viviamo oggi. La gente non può fare a meno dello smartphone di ultima generazione o della vacanza al mare, ma non trova nessun motivo per avere Dio nella propria vita. Gli dà una spinta con un piede e non ci pensa più. “Ci siamo tolti un altro impiccio!”
Se non fosse che…

Se non fosse che dopo il peccato di Adamo ed Eva, e di tutti i loro discendenti, Dio è tornato alla carica. Ha deciso di mettere per iscritto i suoi comandamenti e di darli a Mosè, da consegnare al popolo che Egli aveva scelto come il suo tesoro particolare. Certamente, gli israeliti ne avrebbero tenuto conto!

Così, ha scritto di mano propria: “Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù”. Un piccolo promemoria nel caso avessero dimenticato chi Egli fosse, mentre giravano per il deserto. Poi, giù con il primo comandamento: “Non avere altri dèi oltre a me”. Chiaro e semplice, qualcosa che non avrebbero potuto fraintendere. Egli è il solo, l’Unico. Non esiste nessun dio oltre a Lui.

Ma, come fare per aiutarli a non dimenticarsi di Lui e a non confonderlo con una deità di qualche altro popolo? Ecco, allora, il secondo comandamento che avrebbe dovuto risolvere il problema per sempre. “Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire” (Esodo 20:4,5).

Anche questo, il secondo comandamento: breve, chiaro, indimenticabile. Egli è il vero Dio, Creatore onnipotente. Certamente non lo si può ritenere simile alle sue creature, tantomeno confonderlo con le loro immagini. E il popolo d’Israele non avrebbe mai e poi mai pensato a prostrarsi, piegarsi, né “servire” con feste, fiori, regali e preghiere quelle brutte statue come se fossero “dèi”, come se fossero migliori di Lui, più potenti di Lui!

Tanto per non rischiare che il suo popolo se lo scordasse, Egli ha avvertito loro: “Io, il SIGNORE, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano” (Esodo 20:5) facendo capire che chi preferiva un idolo a Lui dimostrava, in sostanza, follemente, di non ubbidirgli e, perciò, di “odiarlo”!

Queste sono le parole di Dio! Chi fa idoli e si inginocchia davanti a loro, chi li onora, chi li “serve”, sta dichiarando con tutto se stesso: “Spostati, Dio! Ho qualcun altro di cui fidarmi, che può donarmi tutto ciò che desidero”.

Qual è il peccato più grave agli occhi di Dio? Quello di ignorare Lui, di dimenticarsi di Lui.

Come può essere che in Italia milioni di “fedeli” si piegano, s’inchinano e si prostrano davanti a statue di più di settemila uomini e donne morti?! Onorando e servendo le loro immagini e pregando loro al posto di Dio, trasgrediscono il secondo comandamento di Dio!

Nel tentativo di giustificare tale pratica, la Chiesa romana ha introdotto una distinzione tra adorare (latria=“culto”) Dio e venerare (dulia= “servitus”) la Madonna e i santi. Ma è una distinzione forzata che non trova alcuna conferma nella Bibbia. Anzi, il secondo comandamento la condanna inequivocabilmente: “Non farti scultura, né immagine alcuna ... Non ti prostrare davanti (=rendere culto) a loro e non li servire (=dulia)”.

Come credenti biblici, riconosciamo che la pratica cattolica è contro la Parola di Dio, ma è possibile che anche noi commettiamo il pecccato più grave? Continua a leggere.


Una questione intima

“Ma che scherzi?! In casa mia non ci sono idoli! Nessuna statua e niente immagini sacre! Sto a posto.”

Davvero? Certi idoli si tengono ben nascosti. Per scovarli bisogna guardare in fondo al tuo cuore.

In Romani 1, l’Apostolo Paolo descrive il peccato più grave, commesso da ogni essere umano: quello di aver sostituito il Creatore con la creatura. Tutti quanti ne sono colpevoli. E tutti saranno condannati eternamente, proprio per questo peccato, se non si pentono e non ricevono in dono la salvezza attraverso la fede in Cristo.

Ma, dopo la conversione, i credenti possono ricadere nel peccato di innalzare nuovi idoli nel loro cuore. Il popolo di Israele lo aveva fatto!

“Vennero da me alcuni anziani d’Israele e si sedettero davanti a me. La parola del SIGNORE mi fu rivolta in questi termini: «Figlio d’uomo, questi uomini hanno innalzato idoli nel loro cuore e si sono messi davanti all’intoppo che li fa cadere nella loro iniquità; come potrei io essere consultato da costoro? Perciò parla e di’ loro: Così dice il Signore, DIO: “Chiunque della casa d’Israele innalza i suoi idoli nel suo cuore e pone davanti a sé l’intoppo che lo fa cadere nella sua iniquità, e poi viene al profeta, io, il SIGNORE, gli risponderò come si merita per la moltitudine dei suoi idoli, allo scopo di toccare il cuore di quelli della casa d’Israele che si sono allontanati da me per i loro idoli”.
“Perciò di’ alla casa d’Israele: Così parla il Signore, DIO: “Tornate, allontanatevi dai vostri idoli, distogliete le vostre facce da tutte le vostre abominazioni. Poiché, a chiunque della casa d’Israele o degli stranieri che soggiornano in Israele si separa da me, innalza i suoi idoli nel suo cuore e pone davanti a sé l’intoppo che lo fa cadere nella sua iniquità e poi viene al profeta per consultarmi per suo mezzo, risponderò io, il SIGNORE, proprio io. Io volgerò la mia faccia contro quell’uomo, ne farò un segno e un proverbio, e lo eliminerò dal mezzo del mio popolo; e voi conoscerete che io sono il SIGNORE” (Ezechiele 14:1-8).

A parole, tutti affermavano che Yahweh era il loro Dio, ma le loro azioni li hanno smentiti dimostrando che era vero il contrario. Il loro cuore li aveva ingannati.
È un pericolo reale che riguarda tutti.

“Figlioli, guardatevi dagl’idoli!” esclama Giovanni nella conclusione della sua lettera. Ecco cosa dobbiamo cercare nel nostro cuore! Idoli e intoppi che ci ostacolano dall’avere Dio come nostro unico Signore!
Solo Dio vede nell’intimo e può rivelare cosa c’è nel tuo cuore. Valutare e esaminare i cuori degli altri è un compito suo, non spetta a noi. Noi siamo tenuti a fermarci e verificare se nel tempo abbiamo costruito degli idoli personali.

Per alcuni la preparazione accademica prende il sopravvento su tutto e tutti, per altri il proprio corpo, per altri ancora la carriera, oppure la famiglia. Ma ci sono anche idoli più subdoli e difficili da individuare: il tempo libero, le vacanze, la comodità o lo spazio personale, o addirittura le preferenze!

Hai notato che non sono necessariamente cose peccaminose in sé? Lo diventano quando si intromettono tra noi e la signoria che Dio deve avere della nostra vita.

Dio esige di essere al primo posto e di non essere sostituito da altro. Dobbiamo amarlo con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima e con tutte le nostre forze.
Se coviamo idoli nascosti, lo studio della Parola, il nostro servizio nella chiesa locale e la nostra evangelizzazione ne risentiranno inevitabilmente. Il cuore va sondato costantemente e tenuto pulito!

È una responsabilità, un dovere e una necessità tua e mia analizzare il proprio cuore e, quando serve, fare pulizia!

Esaminami, o Dio, e conosci il mio cuore.
Mettimi alla prova e conosci i miei pensieri.
Vedi se c’è in me qualche via iniqua
e guidami per la via eterna. —Salmo 139:23,24