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La Voce del Vangelo

La VOCE novembre 2019

Tu, che ne sai?

Anni fa, una giovane donna che conoscevo era rimasta vedova quando suo marito poliziotto era stato ucciso da un malvivente. Avevo conosciuto anche il marito e così mi sono trovato a dover incoraggiare la vedova e accompagnarla in questo tragico evento. 

Lei era rimasta sola con i figli ancora piccoli, che non riuscivano a capacitarsi del perché papà non sarebbe tornato più a casa.

Uno dei bambini aveva appena quattro anni e, sebbene non sembrasse aver afferrato tutta la gravità della situazione, capiva abbastanza da esserne turbato. Aveva assunto un comportamento scontroso, fuori ogni controllo. Era sempre arrabbiato, si rifiutava di andare a dormire, alzava la voce per qualunque motivo e rompeva i giocattoli senza nemmeno sapere il perché. 

La sorella, solo qualche anno più grande di lui, era frastornata da tutto quello che stava succedendo intorno a lei.

La madre, naturalmente affranta dal dolore e confusa su come andare avanti, era totalmente impreparata per una tragedia di tale portata. La vedevo che cercava di proteggersi come meglio poteva da chi le proponeva soluzioni di ogni tipo per gestire il suo dolore, e forse qualcuno cercava anche di approfittarsi di lei.

Era convinta che nessuno la capisse. Nessuno tra i suoi conoscenti aveva mai vissuto una prova simile, come potevano allora anche minimamente immedesimarsi?

Non era l’unica a pensarla così.

Infatti, nelle nostre tragedie personali, è praticamente impossibile che qualcuno stia vivendo esattamente la nostra identica esperienza.

Chi, allora, potrebbe capirci, abbandonati come siamo a noi stessi, in balia delle circostanze? Potremmo mai contare sulla comprensione di qualcuno?

Quello che ti propongo non è un banale prontuario del tipo “10 passi verso la serenità”. 

È decisamente molto di più!

Egli ci conosce, Egli si ricorda

Prima di tutto bisogna ammettere che affrontare situazioni pesanti e complicate non è mai facile. Non voglio affatto sminuirne la sofferenza o i sentimenti che ne conseguono. Nel mondo accadono catastrofi che ci lasciano tutti allibiti e senza parole: terremoti, guerre, malattie ed efferatezze di ogni tipo.

A casa nostra, a cena, mia moglie e io preghiamo per persone che conosciamo che soffrono per malattie difficili. Abbiamo una serie di nomi a cui ogni tanto ne aggiungiamo qualcuno nuovo, purtroppo. La lista si fa sempre più lunga mentre veniamo a conoscenza di altre persone che devono affrontare, non solo infermità ma anche altre situazioni spesso umanamente senza speranza.

Per molti la domanda che viene naturale è: “Ma Dio, dov’è?”

La gente si ricorda di Lui quando ormai ogni altra soluzione si è dimostrata inefficace. Negli anni ho visto tornare a frequentare la chiesa persone che avevano un caro molto grave, per poi sparire di nuovo non appena la situazione si era risolta, in bene o in male.

Dio diventa rilevante solo quando si ha bisogno del suo intervento, oppure quando si pensa di avere il diritto di fargli delle rimostranze.

Hai avuto anche tu questi pensieri? Ti sei mai trovato a dubitare che a Dio non importi minimamente di quello che stai vivendo? Che abbia veramente compassione? O che capisca davvero quello che TU stai passando?

“Compassione” viene dal latino “patire insieme”. È definita come “un sentimento di pietà verso chi è infelice, verso i suoi dolori, le sue disgrazie, i suoi difetti; una partecipazione alle sofferenze altrui”.

Che Dio sia compassionevole non vuol dire che provi sentimenti di pietà per qualcuno di tanto in tanto, come facciamo forse noi.

Essere compassionevole fa parte del suo carattere. La compassione è un suo attributo eterno, immutabile. 

“Ma tu, Signore, sei un Dio pietoso e misericordioso, lento all’ira e grande in bontà e in verità” (Salmo 86:15).

Dio non deve sforzarsi di avere compassione, come poteva essere per me con la giovane vedova – Egli è compassionevole! La sua compassione è perfetta, sempre pronta. Non servono le nostre lacrime per stimolare la sua tenerezza verso noi.

Ti ricordi quando Mosè stava scendendo dal monte Sinai dopo che aveva ricevuto le tavole della legge? Il racconto si trova in Esodo capitolo 32. Mentre lui era rimasto alla presenza di Dio per quaranta giorni, il popolo d’Israele, giù nella vallata, si era ben presto corrotto e sviato dagli ordini di Dio, si era fatto fare un vitello d’oro da adorare, e si era dato a festeggiamenti proibiti. 

Immagino la scena: Mosè che, scendendo piano quel ripido pendio della montagna, fa molta attenzione alle tavole della legge che Dio stesso aveva inciso. Ma quando scopre che il popolo d’Israele sta peccando contro Dio, si adira talmente tanto che getta contro le rocce quelle tavole sacre. 

Se Mosè aveva vissuto l’affronto del popolo contro Dio con tanta ira, cosa avremmo potuto aspettarci da Dio? Era Lui la parte offesa dal comportamento del popolo.

Più avanti, nel capito 34 del libro di Esodo, leggiamo che Dio diede a Mosè due nuove tavole della legge, e disse di se stesso così: “Il Signore! il Signore! il Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà, che conserva la sua bontà fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato ma non terrà il colpevole per innocente; che punisce l’iniquità dei padri sopra i figli e sopra i figli dei figli, fino alla terza e alla quarta generazione!”

Hai notato come si descrive? Dio conserva la sua bontà fino alla millesima generazione! La sua compassione si estende a persone che non la meritano affatto!

Se ti sei chiesto anche tu se Dio ti capisca davvero, considera che Egli è Dio ma noi siamo umani. Lui è così diverso da noi.

Le parole del Salmo 103 chiariscono ancora meglio che “Come un padre è pietoso verso i suoi figli, così è pietoso il SIGNORE verso quelli che lo temono. Poiché egli conosce la nostra natura; egli si ricorda che siamo polvere” (v. 13,14).

Dio, che ci ha creati, sa esattamente come siamo fatti. Conosce la fragilità umana! 

Forse gli altri non riusciranno a capirmi, a compatirmi, ma Dio è la sorgente della compassione vera, compassione informata sulla natura umana, sulla nostra condizione di peccatori, sulla nostra fragilità. 

Sa tutto di tutti, eppure sceglie di mostrare compassione verso coloro che lo temono, coloro che lo riconoscono come loro Dio. 

Sei un figlio di Dio? Egli ha compassione di te! Non perdere mai di vista questa importante verità. 

Visione limitata

Il problema è che in qualunque circostanza ci troviamo vediamo solo il presente, e al massimo possiamo temere il futuro. 

Dio però non è limitato come noi. 

Egli infatti, non solo conosce il futuro in ogni suo dettaglio, ma lo governa con attenta precisione.

La dimostrazione per eccellenza della compassione di Dio è che ha mandato il suo unigenito Figlio a morire per coloro che credono in Lui. 

L’incarnazione di Gesù e la sua morte sulla croce non sono state una reazione di Dio ai mali del mondo che lo hanno colto di sorpresa. Assolutamente no. Erano state pianificate da Dio prima della fondazione dell’universo. 

Isaia profetizzando di Gesù aveva scritto: “Lo Spirito del Signore, di DIO, è su di me, perché il SIGNORE mi ha unto per recare una buona notizia agli umili; mi ha inviato per fasciare quelli che hanno il cuore spezzato, per proclamare la libertà a quelli che sono schiavi, l’apertura del carcere ai prigionieri, per proclamare l’anno di grazia del SIGNORE, il giorno di vendetta del nostro Dio; per consolare tutti quelli che sono afflitti” (61:1-3).

Il Signore Gesù, mentre era sulla terra mostrò immensa compassione verso i malati, le vedove e i parenti dei malati guarendoli e facendo loro del bene. Ma, sorprendentemente, più di ogni altro, mostrò genuina compassione per coloro che non erano spiritualmente suoi figlioli. Vedere uomini e donne smarriti come pecore procurava in Lui grande dispiacere.

Oggi, in chiesa, è penoso vedere persone che si considerano figli di Dio, che hanno cioè ricevuto il dono più grande della compassione di Dio avendo creduto in Cristo, ma che vivono come se a nessuno importasse di loro.

Come mai ci sono molti credenti che sono costantemente scontenti e senza la gioia del Signore?

La risposta è semplice purtroppo: è che non si fidano di Dio! Sembrano delle parole forti, ma pensiamoci un momento. 

L’autore della lettera agli Ebrei scrive: “Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovare grazia ed essere soccorsi al momento opportuno” (Ebrei 4:14-16). 

Se è vero che Dio è compassionevole e ci comprende come dice questo passo, allora il nostro problema è che non ci fidiamo veramente di Lui.

Ma c’è anche da considerare un secondo aspetto. Nella società moderna dove a ogni esigenza esiste una soluzione istantanea, non abbiamo né la voglia né il tempo di aspettare il “momento opportuno”.  Il momento giusto dev’essere subito e forse anche subito è troppo lento ad arrivare! 

Siamo abituati a considerare ogni problema e circostanza negativa come qualcosa da evitare a tutti i costi! Dio invece ha scopi diversi dai nostri; Egli non è interessato necessariamente alla nostra comodità, ma alla nostra trasformazione: vuole renderci più simili a Cristo. 

È quello che la Bibbia chiama la santificazione dei credenti. 

Comincia al momento della nuova nascita per opera dello Spirito Santo, quando Dio ti separa dal mondo e cambia il tuo destino eterno. Ma è un progresso che dura tutta la vita mentre Dio, servendosi anche delle cose negative che accadono per sua concessione, trasforma il tuo essere nell’immagine di suo Figlio.

Un terzo motivo, collegato strettamente al precedente, è che pensiamo di sapere meglio di Dio cosa sia e in cosa debba consistere la compassione che ci aspettiamo da Lui. Pretendiamo quella, solo quella, perché qualsiasi altro modo in cui la mostri, per noi non è affatto compassione. Ma indovina un po’ chi ha ragione!

Tre risposte vere

Stai affrontando una situazione difficile? Sei scoraggiato perché Dio non sembra rispondere alle tue preghiere? Forse hai bisogno di rivalutare la tua fiducia in Lui. Forse hai bisogno di rivedere cosa sia e da chi proviene la vera compassione.

Tutti vorremmo capire il perché delle situazioni difficili che ci affliggono. Spesso reclamiamo una risposta eclatante, ma Dio ci ha già risposto nelle Scritture. Ci sono almeno tre risposte che sono sempre vere.

Abbiamo bisogno di essere trasformati. È qualcosa che Dio solo può fare. Servendosi di svariate situazioni ci fa maturare nella fede e nell’ubbidienza. 

“Fratelli miei, considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate, sapendo che la prova della vostra fede produce costanza. E la costanza compia pienamente l’opera sua in voi, perché siate perfetti e completi, di nulla mancanti” (Giacomo 1:2-4).

Abbiamo bisogno di smettere di vivere per le cose del mondo, con le sue attrazioni vuote, passeggere e ingannevoli. “Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio. Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra” (Colossesi 3:1,2).

Abbiamo bisogno di imparare ad essere di aiuto, e a consolare gli altri. 

“Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra afflizione, affinché, mediante la consolazione con la quale siamo noi stessi da Dio consolati, possiamo consolare quelli che si trovano in qualunque afflizione; perché, come abbondano in noi le sofferenze di Cristo, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione” (2 Corinzi 1:3,4).

Ci saranno anche altre risposte che troverai nelle Scritture che ti aiuteranno a riscoprire la compassione di Dio nella tua vita, ma non contraddiranno mai queste tre verità bibliche. 

Un’ultima considerazione

Ma se abbiamo peccato? È possibile che stiamo soffrendo perché Dio ci sta disciplinando per qualcosa che abbiamo fatto?

È certamente una possibilità su cui bisogna riflettere umilmente e con onestà. Infatti nella lettera agli Ebrei è scritto ancora: “e avete dimenticato l’esortazione rivolta a voi come a figli: «Figlio mio, non disprezzare la disciplina del Signore, e non ti perdere d’animo quando sei da lui ripreso; perché il Signore corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli»” (12:5,6).

La riprensione di Dio nella nostra vita ha lo scopo di riportarci a Lui. Nel momento che lo facciamo confessandogli i nostri peccati, la disciplina ha raggiunto il suo scopo, e finisce lì. Questo però non vuol dire automaticamente che non ci siano ripercussioni, anche dolorose, del nostro peccato sulla nostra vita. Talvolta le conseguenze di una ribellione possono durare finché vivremo.

Quando questo accade, potrebbe anche essere che, per il nostro buonismo, vogliamo mostrarci più misericordiosi di Dio. 

Cercare di ignorare, mitigare o negare le conseguenze del peccato non è necessariamente la cosa migliore per le persone coinvolte. È possibile che Dio si stia servendo di queste ripercussioni per produrre un ravvedimento genuino in chi ha peccato, e stia ancora lavorando in lui affinché si renda conto della gravità della sua disubbidienza.

Allo stesso tempo, non siamo noi che dobbiamo essere gli strumenti del giudizio di Dio rifiutando il nostro perdono a chi si ravvede. 

Gloria a Dio per la sua misericordia! Ne abbiamo tanto bisogno, non solo per noi stessi, ma per imparare a pregare per gli altri ed essere portatori di compassione. 

Infatti, Gesù, “vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La mèsse è grande, ma pochi sono gli operai. Pregate dunque il Signore della mèsse che mandi degli operai nella sua mèsse»” (Matteo 9:36-38). 

Noi siamo gli ambasciatori della compassione di Dio a un mondo che ha bisogno di conoscerla.

“Rivestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza. Sopportatevi gli uni gli altri e perdonatevi a vicenda, se uno ha di che dolersi di un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi” (Colossesi 3:12,13).

Il mondo è pieno di persone che inaspettatamente si trovano a dover gestire eventi troppo devastanti per loro, come la giovane vedova e i suoi figli troppo piccoli per essere in grado di esprimere con una parola lo strazio dei loro cuori.

Che il Signore ci aiuti a non considerare loro come ostacoli alla nostra serenità, ma a cogliere queste opportunità per dichiarargli la compassione di Dio.  

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