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La Voce del Vangelo

La VOCE marzo 2021

“Come mai non hai fatto i compiti?” “Per quale ragione non hai riordinato la tua stanza?” “Perché mi hai disubbidito?”

Mi ritornano in mente le parole di mia mamma quando mi chiedeva perché non avessi fatto quello che mi aveva chiesto.

Poi, quando la domanda veniva da mio padre il fatto si faceva più serio per me.

Il più delle volte non avevo una buona spiegazione, ma cercavo lo stesso di giustificarmi meglio che potevo.

Nel tempo diventava sempre più difficile rispondere in modo convincente, perché mi rendevo conto che non bastava più trovare scuse banali.

Una volta cresciuto, non erano più i miei genitori a interrogarmi su certi perché, bensì i miei professori all’università prima, i datori di lavoro poi, e pure le persone vicine a me. E non si trattava più di monellerie di ragazzini, ma di questioni tra adulti.

È ovvio che non tutte le dimenticanze erano cose serie, ma certe erano importanti e mi avevano messo davanti alle mie responsabilità.

Siamo tutti fallibili e dobbiamo fare i conti con le nostre mancanze. Non tutte le richieste sono formulate in modo chiaro, e si possono pure presentare situazioni impreviste che ci impediscono di compiere il nostro dovere. 

Ma quando è Dio a chiedermi qualcosa, io come rispondo?

Davanti a Dio nessuna scusa tiene! 

Le sue richieste sono chiare, logiche, appropriate, autorevoli e giuste. E davanti a ciò che mi chiede Lui, non c’è cosa più saggia che domandarmi perché non ubbidisco. 

Posso razionalizzare quanto mi pare, dire che sono umano e quindi fallibile, ma col Signore non attacca. È molto meglio farsi un attento esame di coscienza sincero. 

Non posso permettermi di non pensarci o essere superficiale, perché così tornerò solo a ripetere le mie azioni.

Lui ci ha dato incarichi precisi e compiti da svolgere. Uno tra i più importanti è questo: “Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente” (Matteo 28:18-20).

Il concetto è chiaro: portare il vangelo alle persone deve essere uno stile di vita. Non abbiamo incarico più importante di questo. 

Quando il Signore ce l’ha affidato, ha assicurato che ci avrebbe accompagnato in questa responsabilità con la sua onnipotenza e la sua presenza costante. 

Eppure, tante volte recalcitriamo: “Il comando è chiaro, il suo aiuto è garantito, ma… lo facciano gli altri. Io no.”

Davanti alla giusta domanda di Gesù “Perché non evangelizzi?” come risponderei?

Non mi sento all’altezza… Non ho una preparazione adeguata… Non ho il dono dell’evangelista… Non ho la chiamata… Non so come si fa… 

CINQUE MOTIVI PER CUI NON EVANGELIZZO

 

1. Non è una priorità

Per la maggior parte delle persone la vita si riduce a una somma di circostanze. Le situazioni che viviamo ci incanalano in un flusso ininterrotto di eventi, che andranno poi a determinare quali cose hanno per noi importanza prioritaria. Anche per molti credenti è così.

Le decisioni prese tanto tempo fa tengono ancora in pugno la scala delle nostre priorità.

Abbiamo scelto una carriera? Ogni avanzamento professionale richiede un impegno sempre maggiore. 

Ci siamo sposati? Coltivare un matrimonio felice è un lavoro a tempo pieno. 

Abbiamo figli? Accompagnarli a scuola, aiutarli con i compiti, educarli, portarli a fare sport o a lezioni di musica è una giostra che continua a girare sempre. 

Quando le cose stanno così, sfido chiunque a trovare del tempo libero per qualsiasi altra cosa. 

“Insegnaci dunque a contare bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio” (Salmo 90:12). 

Non permettiamo che le circostanze o la società ci impongano una scala di valori e delle priorità non adatte ai figli di Dio. 

Stabilire quali siano le cose più importanti è un ruolo che spetta a Dio; e Lui ce le dice attraverso la sua Parola.

2. Non vedo il mondo come perduto

Il male nel mondo ci dà fastidio come credenti. Ci sono tanti “peccatori” che, coi loro commenti e con l’atteggiamento che hanno, possono urtare la nostra sensibilità. Subiamo ingiustizie in un modo o nell’altro tutti i giorni. 

I non credenti spesso sono veri e propri ostacoli alla nostra serenità e alla nostra pace… Il mondo è fatto così, non ci possiamo fare nulla… Non ci resta che evitare il più possibile di entrare in contatto con il male degli altri…

Siamo infastiditi, ma non proviamo compassione per certe persone; compatiamo piuttosto noi stessi per il fatto che dobbiamo conviverci.

Gesù invece “vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore” (Matteo 9:36). Erano le stesse persone che lo avrebbero crocifisso di lì a breve! 

Gesù non poteva fare a meno di avere compassione, era una sua qualità. Questo evidenzia il nostro bisogno di rivalutare il modo in cui vediamo le persone intorno a noi seguendo il suo esempio.

3. Non sono preparato

“Evito di parlare della mia fede, perché potrebbero farmi delle domande a cui non so rispondere. Farei solo una figuraccia. Non sono mica l’apostolo Paolo io!” 

Una preoccupazione legittima. Forse. 

È possibile che dovrai rispondere a domande difficili. Allora è meglio che ti dia da fare per essere pronto a rispondere a chi te le fa con sincerità. Restare nell’ignoranza o avere solo delle vaghe idee non è d’aiuto a nessuno. 

Essere preparati sugli argomenti della salvezza e della fede è importante anche per il tuo stesso benessere spirituale. Ci sono ottimi libri, facili da leggere e da comprendere, ci sono messaggi e studi anche su internet che ci possono aiutare. Ma se non ci diamo una mossa non saremo mai pronti né preparati.

Un modo sicuramente utile è quello di seguire dei corsi biblici sulle dottrine basilari della Bibbia, curati dall’Istituto Biblico Bereano oppure chiedi informazioni al nostro ufficio tel. 06-7002559, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

“Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni” (1 Pietro 3:15b).

4. Ho paura

Questa forse è la ragione più verosimile. Abbiamo paura della reazione delle persone, temiamo di perdere amici o di essere presi per fanatici. 

Ci giustifichiamo dicendo che viviamo una vita onesta, ed è quella la nostra testimonianza. Sarà la gente a chiederci qualcosa nel vedere il nostro buon comportamento. 

Purtroppo però può accadere che quando si presenta un’occasione per parlare del Signore non sappiamo coglierla, perché non la vediamo. Ma la realtà è che non la cerchiamo e non la stiamo aspettando perché, comunque, abbiamo paura.

Temiamo il giudizio delle persone, non ci piace sentirci diversi e vogliamo essere accettati.

“Se siete insultati per il nome di Cristo, beati voi! Perché lo Spirito di gloria, lo Spirito di Dio, riposa su di voi. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida, o ladro, o malfattore, o perché si immischia nei fatti altrui; ma se uno soffre come cristiano, non se ne vergogni, anzi glorifichi Dio, portando questo nome” (1 Pietro 4:14-16).

Dovremmo avere più paura di offendere Dio piuttosto che gli uomini!

5. Ho fallito troppe volte

“Ci ho provato, ma le persone non vogliono ascoltare discorsi sulla fede. Non sono capace di convincere nessuno, tanto meno di convertire qualcuno. Se non riesco ad avere un buon dialogo sulle cose spirituali con chi fa parte della mia vita, come potrei riuscirci con uno sconosciuto? E più ci provo, e meno mi stanno ad ascoltare. Ho perso ogni influenza su di loro.”

Sarà. Ma non sta a te cambiare il cuore di nessuno. Quella è un’opera esclusiva di Dio. Noi siamo solo suoi messaggeri.

Gesù ha detto: “Vi dico la verità: è utile per voi che io me ne vada; perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma se me ne vado, io ve lo manderò. Quando sarà venuto, convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio” (Giovanni 16:7,8).

Sarà lo Spirito Santo a convincere chi vuole del proprio peccato e delle sue conseguenze, noi dobbiamo parlare alle persone e avvertirle di ravvedersi, in modo che siano riconciliate con Dio. E preghiamo che Lui possa aprire i loro occhi.

I professionisti della fede

È più facile lasciare che siano i missionari, gli evangelisti e le guide della chiesa a parlare di Cristo. Hanno sia la chiamata sia i doni necessari. Ma è un atteggiamento sbagliato. Anzi, se credi sia giusto così, dovresti preoccuparti sul serio del tuo rapporto con il Signore. Il principio spirituale “Dall’abbondanza del cuore la bocca parla” (Matteo 12:34) vale anche per questo. 

“Io sono debitore verso i Greci come verso i barbari, verso i sapienti come verso gli ignoranti;così, per quanto dipende da me, sono pronto ad annunciare il vangelo anche a voi che siete a Roma. Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco; poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com’è scritto: «Il giusto per fede vivrà»” (Romani 1:14-17).

Questo è ciò che Paolo ha scritto ai romani sotto ispirazione di Dio. 

Sapeva di essere debitore, e che aveva ricevuto una notizia che non poteva tenere per sé. Sapeva che Dio ha stabilito come la fede debba essere trasmessa: da persona a persona. Ogni credente deve ubbidire al comando di Dio.

Le mie giustificazioni di bambino non hanno mai funzionato con i miei genitori. Del resto le nostre scuse davanti alle nostre responsabilità mancate non convincono e non coprono lo sbaglio.

Quali scuse potrei mai presentare allora davanti al Signore che un giorno valuterà il mio operato? Non so tu, ma io desidero sentirlo dire: “Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore” (Matteo 25:21).

Che Dio ci aiuti a rinunciare alle nostre scuse!

“...l’amore di Cristo ci costringe, perché siamo giunti a questa conclusione: ...ch’egli morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro. Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio” (2 Corinzi 5:14,15,20).

– D.S.

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