log in

La Voce del Vangelo

La VOCE ottobre 2021

“Ciao Arnaldo, come stai?” “Sto bene, grazie. Solo molto indaffarato!”

“Ah, davvero? Che ti succede?”

“Beh, sto ristrutturando casa… Ho pianificato tutto, ma ora devo trovare la ditta che eseguirà i lavori.”

“Non c’è qualcuno del mestiere in chiesa che potrebbe darti una mano?”

“Ma che scherziamo?! Io non mi fido dei credenti. Non so tu... Ho avuto troppe brutte esperienze. Lavorano male e sono poco affidabili...”

Le parole di Arnaldo mi hanno rattristato molto, ma non ho potuto fare a meno di ricordare che anch’io sono stato deluso dai credenti. Li assumi per fare un certo lavoro, anche perché ti sembra giusto e gentile aiutare fratelli in difficoltà. Ma se poi non fanno quello che avevano promesso o lo fanno malamente, sei a disagio perché discutere con loro è l’ultima cosa che vorresti.

Sembra che tu sia obbligato,  per il semplice fatto che sei un credente, a “comprenderli” quando ogni altra faccenda ha precedenza sull’impegno pattuito con te.

Ci resti male, è chiaro, e sei insoddisfatto del lavoro eseguito, ma per non creare problemi in chiesa non reclami più di tanto. Metti in pratica quello che Paolo scrive in 1 Corinzi 6:7 e “patisci qualche torto o danno.”

Ti resta però il coltello dalla parte del manico: puoi fare come Arnaldo e decidere di non assumere più credenti o peggio, non pagare il lavoro.

Ma deve essere così? Tu e io, facciamo parte della soluzione o del problema?

Di che patto sei?

Anzitutto dobbiamo tenere presente che non tutti quelli che si definiscono cristiani lo sono davvero. Alcuni, guardando la loro vita, sembrano aver stipulato solo una polizza contro l’inferno, e il loro modo di vivere non è cambiato un granché. 

A volte, quando si parla dell’essenza della vita cristiana, si mette molta enfasi sulla preghiera, sulla lettura della Bibbia e su altri aspetti spirituali, ma si tende a dimenticare che Dio desidera che la vita del credente cambi e migliori da tutti i punti di vista. Anche l’essere affidabili fa parte di questo processo.

Secondo la Treccani la parola affidabile si riferisce “a cosa o persona sulla quale si può fare affidamento, di cui si può fidare”, che è “attendibile, corretta, coscienziosa, credibile, leale, seria e sicura.” 

È una qualità che si dovrebbe trovare in tutti coloro che sono nati di nuovo, ma che, nel momento del bisogno, si rivela sorprendentemente rara.

Nella sua prima lettera ai Corinzi l’Apostolo Paolo ha scritto: “Del resto, quel che si richiede agli amministratori è che ciascuno sia trovato fedele” (4:2). 

Certo, stava parlando di Pietro, di Apollo e di sé stesso in quanto apostoli e ministri del vangelo, ma sarebbe riduttivo pensare che la fedeltà sia richiesta solo ai cosiddetti servitori di Dio. Cercare di trovare nelle parole di Paolo una facile scappatoia dalle proprie responsabilità, è come arrampicarsi sugli specchi.

Infatti, Dio si aspetta che ogni moglie, figlio e marito, ogni studente e lavoratore, ogni guida e membro di chiesa, insomma ognuno si dimostri affidabile. Allora è opportuno farci un esame di coscienza per vedere se lo siamo. Facciamolo con questo piccolo esercizio sulla frase di Paolo:

“Si richiede” – Chi lo richiede? Cosa significa? Ha il diritto di farlo?

“Amministratori” – Chi sono gli amministratori? Cosa amministrano? Chi gli ha affidato questo compito?

“Sia trovato” – Chi lo deve trovare? Quando lo deve trovare?

“Fedele” – Cosa vuol dire? Fedele a chi e in che cosa?

Proviamo a rispondere a queste domande confrontandoci con le nostre responsabilità. Per aiutarci a procedere in modo logico, cominciamo dall’ultima parola: fedele.

Essere fedeli

La parola fedele ricorre spesso nel Nuovo Testamento. Racchiude in sé il concetto di essere degno di fiducia, qualcuno su cui ci si può contare, coscienzioso, che mantiene la parola data, che compie le proprie responsabilità.

Una persona fedele fa quello che sa essere giusto, anche quando nessuno la vede. L’Apostolo Paolo comanda ai credenti di essere questo tipo di persone:

“Così, miei cari, voi che foste sempre ubbidienti, non solo come quand’ero presente, ma molto più adesso che sono assente, adoperatevi al compimento della vostra salvezza con timore e tremore; infatti è Dio che produce in voi il volere e l’agire, secondo il suo disegno benevolo. 
“Fate ogni cosa senza mormorii e senza dispute, perché siate irreprensibili e integri, figli di Dio senza biasimo in mezzo a una generazione storta e perversa, nella quale risplendete come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita, in modo che nel giorno di Cristo io possa vantarmi di non aver corso invano, né invano faticato” (Filippesi 2:12-16).

Questi versetti sono un concentrato di istruzioni molto pratiche per una vita cristiana che Dio gradisce.

Il principio di fondo è che chi è fedele, lo è sempre, indipendentemente dal fatto che sia osservato o meno. 

La fedeltà è strettamente collegata alla salvezza. Mi spiego: la salvezza non dipende dalla nostra capacità di essere fedeli, ma ubbidire a Dio diventa fonte di gioia per noi come conseguenza del nostro nuovo rapporto con Lui. 

È Lui il nostro punto di riferimento assoluto, non le persone intorno a noi. 

E benché la Bibbia ci esorti a essere sottomessi a ogni autorità come buoni cittadini, la nostra fedeltà incondizionata deve essere principalmente verso Dio e la sua Parola, e solo di conseguenza verso le autorità – giuste o ingiuste che siano. 

Il fatto che viviamo in mezzo a peccatori che amano il peccato e approvano chi pecca, non deve indurci ad abbassare il nostro standard, paragonandoci a loro. 

Il loro stile di vita lontano da Dio non sarà mai una giustificazione per la nostra mancanza di affidabilità. 

Restare fedeli è difficile, ma la fedeltà di cui parla Paolo spicca sicuramente in confronto alla normalità, perché risplende!

Nel buio della notte gli astri si distinguono senza sforzo, la gente li ammira e li studia. Sono talmente riconoscibili che tanti hanno addirittura un nome. Brillano in netto contrasto con quello che li circonda. 

Similmente, il credente fedele si distingue per la sua affidabilità: è diverso dagli altri e si tiene fuori dalla mischia, perché ci tiene alla sua testimonianza. 

In questo mondo caduco la fedeltà è come un diamante rarissimo. 

Senza l’aiuto di Dio i nostri più tenaci tentativi di restare fedeli sarebbero insufficienti. Come chiunque altro, saremmo motivati dall’egoismo, e la nostra fedeltà si esaurirebbe nel momento in cui il nostro tornaconto svanisce. 

Ma proprio perché Dio è colui che produce in noi il volere e l’agire, ci troviamo in una situazione di estremo vantaggio: Lui stesso viene in aiuto alla nostra infedeltà.

Perciò, se a volte ci sembra che essere fedeli sia troppo gravoso, ricordiamoci che questo è il suo disegno e il suo piano benevolo per noi e per le persone su cui abbiamo influenza.

La nostra fedeltà, quindi, riguarda più Dio che chi ci sta intorno, che senza dubbio ne beneficerà. Ma in realtà, il Signore deve essere il beneficiario principale, e noi vogliamo soprattutto piacere a Lui. 

Forse gli altri non meritano i frutti del nostro impegno verso il Signore e, per come si comportano, ci potremmo anche permettere di essere integri a metà nei loro confronti. Ma con Dio questo ragionamento non regge! 

Egli richiede da noi fedeltà perché Lui la merita, e perché il nostro comportamento influisce sulla sua reputazione. Siamo portatori della sua immagine, dato che i cristiani rappresentano Cristo.

Si richiede

È ovvio che ognuno vuole che siamo degni della loro fiducia: se lo aspetta nostra moglie, nostro marito, i nostri genitori, i nostri insegnanti, i nostri datori di lavoro, i nostri amici e il nostro governo. Ma spesso e volentieri vediamo che tutte queste persone, fallibili come noi, sono poco affidabili, non mantengono la parola, e ci viene la voglia di ripagarle con la stessa moneta.

Concentrarci sulle mancanze altrui e agire di conseguenza, è un ostacolo alla nostra crescita spirituale. Ricordiamoci piuttosto che Dio vuole che il nostro comportamento lo onori in ogni situazione.

Uno degli aspetti su cui molti sorvolano è il mantenere la parola data. Gesù ha detto: “Il vostro parlare sia: «Sì, sì; no, no»; poiché il di più viene dal maligno” (Matteo 5:37).

Ogni volta che apriamo la bocca le persone non devono avere dubbi sulla veridicità di ciò che diciamo. 

Quando affermi o prometti qualcosa, devi renderti conto che non parli solo a chi ti sta davanti, ma stai dicendo queste cose davanti a Dio.

Gesù ha affermato anche che “di ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato, e in base alle tue parole sarai condannato” (Matteo 12:36,37).

Sarai d’accordo con me che spesso parliamo a sproposito, e usiamo la lingua con estrema superficialità. 

Per alcuni promettere cose, senza l’intenzione di mantenere ciò che si è detto, è uno stile di vita.

Altri invece, per esempio a un colloquio di lavoro, sono pronti a promettere al di là di quello che potranno garantire, solo per essere sicuri di aggiudicarsi il posto. “Sono paladino della puntualità… Non perdo tempo con social media durante le ore di lavoro… Reggo benissimo lo stress… Mai preso un giorno di malattia...”

Il credente non può e non deve farlo, dovesse anche costargli di perdere l’occasione della vita. E se ha dato la sua parola, deve mantenerla a qualsiasi costo, tranne, ovviamente, che per cause di forza maggiore. 

Periodicamente succede che ci sono lavori da fare a casa o in ufficio. Allora chiamo sempre un operaio per un sopralluogo e per un preventivo. Preferisco rivolgermi ai credenti, ma ricordo pure che proprio da loro ho avuto le delusioni più grandi. Alcuni, forse per la troppa confidenza o proprio perché “siamo fratelli”, sono stati superficiali, e non hanno eseguito con attenzione e responsabilità il proprio lavoro. 

Oppure hanno rispettato i patti solo a metà, perché in fondo tra “fratelli” il rapporto di lavoro è meno vincolante e l’altro è più comprensivo. 

Le parole di Cristo, però, valgono per tutti. Essere fratelli in fede non dà il diritto di essere meno attenti alle promesse fatte.

Un altro fattore che spesso influisce sulla qualità e sull’esecuzione del lavoro tra i credenti sono i soldi. 

In passato ho frequentato diverse chiese per un lungo periodo, e sono stato coinvolto in qualche ministero. Ho potuto notare che quando un servizio è gratis l’affidabilità, ossia il lavoro svolto in modo eccellente, è una virtù poco praticata.

Chi si occupa delle pulizie dei locali? Qualche anima buona, senz’altro…

Le piante del vialetto all’entrata sono troppo cresciute e c’è erbaccia dappertutto. Che fare? Possiamo chiamare dei giovani “volontari”...

L’impianto elettrico, del riscaldamento, dell’audio ha bisogno di un intervento. C’è un fratello che sa smaneggiare…

Chi vuole partecipare alla cura dei locali va certamente incoraggiato, perché servendoci gli uni gli altri serviamo Cristo.

A lungo andare però, può succedere che quel particolare servizio non porti più tanta gioia come all’inizio: “Qualcun altro si occupi di riordinare i locali questa domenica e di mettere le sedie a posto prima dell’apertura della sala. Io proprio non me la sento, sono stanco, mica mi pagano… Che ci posso fare? Troveranno pure una soluzione…”

Oppure: “Tocca a me insegnare alla scuola domenicale questo fine settimana, ma ho avuto altri pensieri per la testa e non mi sono preparato come avrei voluto. E va bè, si dovranno accontentare…”

Dio richiede fedeltà anche in quello che facciamo gratis, infatti esige la nostra lealtà in ogni nostra attività! Perché?

Siamo amministratori

Un amministratore non serve sé stesso. E, nel caso nostro, non ci siamo autonominati “amministratori”. Qualcuno che di risorse umane ne sa più di tutti ci ha affidato incarichi e capacità, e dobbiamo svolgerli onorando il compito assegnatoci.

L’amministratore deve usare bene quello che il suo superiore gli ha affidato.

Sull’argomento c’è questa storia che Gesù ha raccontato: 

Avverrà come a un uomo il quale, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità; e partì. 
Subito, colui che aveva ricevuto i cinque talenti andò a farli fruttare, e ne guadagnò altri cinque. Allo stesso modo, quello dei due talenti ne guadagnò altri due. Ma colui che ne aveva ricevuto uno, andò a fare una buca in terra e vi nascose il denaro del suo padrone. 
Dopo molto tempo, il padrone di quei servi ritornò a fare i conti con loro. 
Colui che aveva ricevuto i cinque talenti venne e presentò altri cinque talenti, dicendo: «Signore, tu mi affidasti cinque talenti: ecco, ne ho guadagnati altri cinque». 
Il suo padrone gli disse: «Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore». 
Poi, si presentò anche quello dei due talenti e disse: «Signore, tu mi affidasti due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due». 
Il suo padrone gli disse: «Va bene, servo buono e fedele, sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore». 
Poi si avvicinò anche quello che aveva ricevuto un talento solo, e disse: «Signore, io sapevo che tu sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra; eccoti il tuo». 
Il suo padrone gli rispose: «Servo malvagio e fannullone, tu sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; dovevi dunque portare il mio denaro dai banchieri; al mio ritorno avrei ritirato il mio con l’interesse. 
«Toglietegli dunque il talento e datelo a colui che ha i dieci talenti. Poiché a chiunque ha, sarà dato ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quel servo inutile, gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti.» —Matteo 25:14-30

La storia è semplice. Dio affida a ognuno di noi dei talenti, capacità da usare per produrre risultati che siano graditi a Lui. Ovviamente non hanno tutti le stesse capacità, quindi anche le aspettative sono diverse. Ma essere svogliati, oziosi, pigri o anche spaventati e timidi non annulla quello che il Signore si aspetta da noi.

Nell’essere affidabili è incluso il concetto che la nostra vita deve essere produttiva in un modo o in un altro. 

Oggi molti si adagiano nella propria inerzia e diventano pigri, un po’ a causa di politiche di assistenzialismo con poca logica, un po’ per colpa di genitori troppo indulgenti. Comunque sia, il credente pigro si rovina con le proprie mani, ma poi si irrita con Dio (Proverbi 21:25; 24:30-34). 

Genitori non permettete che i vostri figli lo diventino!

Ogni credente ha capacità che Dio gli ha dato perché siano messe al suo servizio in primis, e di conseguenza verso gli altri. Infatti, un amministratore deve rendere conto a chi lo ha impiegato.

Sia trovato

“Il suo padrone gli disse: «Va bene, servo buono e fedele, sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore»”.

Il servo con cinque talenti e quello con due hanno ricevuto entrambi la stessa lode dal padrone soddisfatto del loro operato. Servi buoni e fedeli. 

In realtà, la parola servo nel testo originale greco è schiavo.

Spesso dimentichiamo che siamo schiavi di Cristo, schiavi di Dio. Certo che alla luce dell’essere schiavi, considerare il problema della nostra inaffidabilità e irresponsabilità diventa più palese, e capiamo chiaramente che non abbiamo scuse.

Giorno per giorno Dio ci scruta, e valuta la nostra vita.

Ci ha dato capacità, ci ha messo nelle circostanze in cui ci troviamo, e si aspetta che siamo fedeli e affidabili.

Perciò, non preoccuparti solo di quello che pensano gli altri, di bene o di male, ma preoccupati soprattutto di quello che pensa Dio.

A questo punto, dopo il nostro piccolo esame, facciamoci qualche domanda un po’ più pratica.

Siamo affidabili nel nostro lavoro? Siamo riconosciuti come persone che eccellono in ciò fanno, che rispettano i tempi pattuiti senza compromettere i risultati?

Siamo affidabili come genitori? I nostri figli sanno di poter contare su quello che diciamo, che non siano cose dettate dallo sfogo del momento che poi ritrattiamo? Sanno che ogni ubbidienza è premiata e la disubbidienza punita? Stiamo attenti a non promettere ciò che non possiamo mantenere?

Come mariti e mogli siamo affidabili? Ci diciamo le cose apertamente, con onestà e senza “giochi di potere”? Il nostro partner può contare su di noi per proteggere e custodire la nostra intimità dalle intromissioni esterne? Siamo leali l’uno verso l’altra?

Come studenti facciamo i nostri compiti con eccellenza? I nostri professori ci vedono come allievi che risplendono?

Nella chiesa gli altri possono fare affidamento sulla nostra presenza e sul nostro servizio? Contribuiamo con perseveranza al buon andamento della vita di chiesa, amando e servendo tutti senza pretendere di essere riconosciuti e ringraziati? 

Quanto siamo affidabili nelle piccole cose? Arriviamo puntuali agli appuntamenti? Restituiamo ciò che abbiamo preso in prestito appena possibile? Ripariamo le cose se si rompono per colpa nostra? Se qualcuno ci chiede un favore, lo facciamo senza procrastinare o sbuffare? 

Non tocca a noi cambiare il comportamento altrui. Al massimo possiamo migliorare noi stessi, ma è proprio questo che Dio vuole fare: renderci simili a suo 

Figlio, il Veritiero e il Fedele. 

Anche io voglio sentirmi dire dal Signore: “Va bene, servo buono e fedele, sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore!”

Basta con le scuse, Dio si aspetta da me fedeltà! 

– D.S.

  • L’argomento di questo numero ti è piaciuto?
    Vuoi avere gratuitamente altre copie da distribuire?
    Telefona allo 06-700.25.59