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La Voce del Vangelo

La VOCE marzo 2022

È difficile pensare a un aspetto della nostra vita che non sia stato influenzato in qualche misura dal coronavirus. Molte attività che davamo per scontate sono state sospese o rese più difficili da svolgere. Una di queste è l’evangelizzazione. Per paura di essere esposti a un possibile contagio, ci siamo abituati a limitare i contatti all’indispensabile, soprattutto con gli estranei, con meno possibilità di parlare di argomenti più profondi con chi non ci conosce. 

Il nostro approccio è cambiato, ma la realtà che le persone senza Cristo continuano a morire e ad andare all’inferno è sempre la stessa.

Pensando a questo calo di contatti con la gente, non posso fare a meno di ricordare le parole di Paolo: “Io sono debitore verso i Greci come verso i barbari, verso i sapienti come verso gli ignoranti; così, per quanto dipende da me, sono pronto ad annunciare il vangelo anche a voi che siete a Roma” (Romani 1:14,15).

Qui Paolo usa un termine forte: dice che è un debitore. Il vocabolario definisce il debitore colui che “è tenuto a dare o a fare qualcosa a qualcuno; con definizione più tecnica, in diritto, il soggetto passivo del rapporto obbligatorio, tenuto, in quanto tale, ad adempiere una prestazione in favore del soggetto attivo creditore.” L’idea è espressa in modo piuttosto complicato, ma il concetto è semplice: il debitore deve dare o fare qualcosa per saldare il suo debito.

Paolo si riteneva in debito verso chi non conosceva Dio. Ora dobbiamo chiederci se questo suo debito sia dovuto anche da tutti gli altri credenti, o se solo lui – e qualcun altro con una “chiamata” particolare – fosse l’unico ad avere il compito di evangelizzare, considerandolo un vero debito. La nostra risposta a questa domanda ci accusa o ci scusa.

Se non è un debito vero e proprio, ma qualcosa che è bene fare quando si può, non abbiamo altra responsabilità che cogliere l’occasione quando si presenta (cioè raramente) e di dire una frase o due sulla nostra fede.

Spesso questo si traduce in poche parole ingarbugliate in gergo “evangelichese” che per il credente possono avere un grande significato, ma restano incomprensibili per chi credente non lo è. 

Essendo come siamo distratti dalle responsabilità varie e dalle faccende quotidiane, tendiamo a pensare sempre meno a come testimoniare di Cristo a chi non lo conosce. A volte anche le attività di chiesa sembrano soffocare (di certo non intenzionalmente!) anziché spronare le iniziative che mirano a sensibilizzare il credente all’evangelizzazione. Il fatto è che questi due anni hanno messo ostacoli che sembrano insormontabili. 

L’apostolo Paolo scrive: 

“infatti l’amore di Cristo ci costringe, perché siamo giunti a questa conclusione: che uno solo morì per tutti, quindi tutti morirono; e che egli morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro. Quindi, da ora in poi, noi non conosciamo più nessuno da un punto di vista umano; e se anche abbiamo conosciuto Cristo da un punto di vista umano, ora però non lo conosciamo più così. Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove. E tutto questo viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ci ha affidato il ministero della riconciliazione. Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe, e ha messo in noi la parola della riconciliazione. Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio. Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (2 Corinzi 5:14-21).

Una delle prime frasi, infatti, che impara a memoria chi si converte è quella espressa nel passo di sopra: “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove.” Sono parole belle e vere, ma cosa vogliono dire? Cosa vuol dire essere diventati nuove creature, essere cioè veri cristiani? E cosa significa che le cose vecchie sono passate?

Significa anzitutto che la nostra natura è cambiata, e che anche il nostro destino eterno è cambiato. Ma il contesto nel discorso di Paolo mette in evidenza che è cambiato anche il nostro compito. 

Proprio perché siamo stati cambiati abbiamo ricevuto nuove responsabilità. 

Credere in ciò che Gesù ha fatto morendo e risuscitando ci costringe a cambiare il nostro modo di vivere, come vediamo le persone intorno a noi e di conseguenza come percepiamo il nostro nuovo compito.

L’amore di Cristo ci costringe. È impensabile che dopo aver conosciuto l’incredibile, immeritato e immenso amore di Dio siamo rimasti nello stato in cui eravamo prima. 

La nostra gratitudine per essere stati perdonati e salvati dall’inferno ci spinge a volere servire il Salvatore, e a obbedire a Cristo che è ora il nostro Signore. 

Dio in Cristo, avendoci amati da prima della fondazione del mondo, ci ha comprati a un prezzo altissimo e incalcolabile. È morto per riconciliarci con sé, e noi dobbiamo morire a noi stessi. Significa che non possiamo più vivere nell’egoismo per appagare unicamente i nostri desideri e le nostre concupiscenze. Siamo nuove creature, create per servire Cristo, non per vivere per noi stessi.

Ma che significa praticamente servire il Signore e vivere per Lui?

La risposta è sorprendentemente semplice. Ti ricordi in che modo sei arrivato a conoscere il vangelo e alla fede in Cristo? Qualcuno si è avvicinato a te e ti ha spiegato la gravità del tuo peccato, per il quale eri destinato a subire l’ira di Dio nell’inferno. Ti ha fatto capire che la tua situazione era disperata perché non potevi salvarti da solo, e che c’era un’unica soluzione per il tuo problema. 

Ti ricordi come ti sei sentito? È proprio così che dovremmo vedere le persone intorno a noi: pecore perdute senza pastore, disperate e senza speranza.

Dato che tutti gli esseri umani si trovano nella stessa condizione di essere sotto l’ira di Dio, Paolo scrive che il compito di spiegare alle persone come essere riconciliati con Dio, ci è stato affidato da Dio stesso. 

Ti rendi conto che il tuo compito primario è essere testimone di Cristo? E che Dio ha scelto di usare noi per parlare alle persone? Nulla di scontato o normale, piuttosto di grande peso: in definitiva, noi dobbiamo essere la voce di Dio nel mondo! 

Abbiamo cambiato lavoro dal giorno della nostra conversione, ora siamo ambasciatori! 

È chiaro che se la nostra professione è fare l’insegnante, continueremo a farlo, se siamo impiegati o operai, studenti, casalinghe, disoccupati o pensionati, continueremo a svolgere le nostre mansioni, ma facendo allo stesso tempo da ambasciatori di Dio. 

È importante che la nostra condotta sia impeccabile, ma non è sufficiente: dobbiamo usare anche le parole perché, come dice Paolo, dobbiamo supplicare le persone.

Supplicare qualcuno, infatti è tutta un’altra cosa che dire due frasi in gergo evangelico (che forse capiamo solo noi). Non lo si fa di sfuggita, nemmeno improvvisando. 

Supplicare è implorare, chiedere fervidamente, scongiurare. Richiede sforzo e impegno. Non lascia spazio allo scoraggiamento, e non si può essere sbrigativi nello svolgere questo compito. Se Gesù stesso è “diventato peccato per noi”, come ricambiare quello che Lui ha fatto se non con il nostro impegno più grande?

Tornando alla mia domanda iniziale, e cioè se anche noi siamo debitori come Paolo verso i non credenti, la risposta ce l’ha data lui stesso nel passo che abbiamo esaminato: anche noi siamo in debito perché qualcuno a sua volta ci ha parlato di Cristo.

Non importa se ci sentiamo in debito o meno; resta il fatto che Dio ci ha affidato il ministero della riconciliazione. Cominciamo quindi a pensare ai nostri famigliari, ai nostri vicini, ai nostri colleghi, ai nostri concittadini e a come sdebitarci con loro.

Ti sei mai chiesto come poteva resistere Paolo andando di città in città ed essere battuto, imprigionato, lapidato? Come ha fatto a passare tutta la sua vita soffrendo per portare avanti il suo compito? Lui scrive: “Ecco perché sopporto ogni cosa per amor degli eletti, affinché anch’essi conseguano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna” (2 Timoteo 2:10). Egli aveva preso seriamente il suo debito. Era pronto a sopportare ogni cosa per supplicare le persone a convertirsi.

Oggi, 2000 anni più tardi, come abbiamo preso noi il nostro debito? Fino a che punto siamo pronti a sopportare le difficoltà e a superare gli ostacoli?

La pandemia e le restrizioni varie hanno reso il nostro compito più difficile, ma non hanno estinto il nostro debito. Ognuno di noi deve riflettere personalmente su come pagare il proprio.

Senza dubbio si comincia col pregare che Dio ci offra delle opportunità per parlare di Lui. E noi dobbiamo essere attenti e pronti alle occasioni che Dio senz’altro ci darà. Ma dobbiamo avere delle strategie per agire saggiamente nelle situazioni che viviamo.

Soltanto parole?

Come tutti gli anni, anche questa volta abbiamo preparato un opuscolo evangelistico dal titolo SOLTANTO PAROLE?, che puoi leggere CLICCANDO QUI. La nostra preghiera è che sia uno strumento che tu possa usare per portare il messaggio del vangelo alle persone intorno a te.

Puoi ordinare copie personalizzate per te o per la tua chiesa, con il vostro indirizzo e con il messaggio personalizzato che ci indicherai. Vedi le informazioni su quantitativi e prezzi, e su come fare l’ordine, alla quarta pagina dell’opuscolo stesso!

E proprio per le circostanze che stiamo vivendo, abbiamo preparato anche una versione digitale dell’opuscolo che può essere inviata tramite WhatsApp. È gratuita, ma non personalizzabile. Puoi farne richiesta scrivendoci a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e indicandoci il tuo numero di cellulare dove vuoi che te la inviamo. 

Ormai facciamo tutti parte di chat e gruppi sui nostri smart-phone, e questo potrebbe essere un ottimo strumento per aiutarti a parlare della tua fede. Non costa nulla, se non un po’ di tempo.

Tanti credenti agguerriti postano le loro opinioni appassionate sulle circostanze attuali. Che il Signore ci aiuti a riflettere e a essere saggi in quello che pubblichiamo sui social. Che possa insegnarci a usare il tempo e ogni mezzo a nostra disposizione per parlare del messaggio più importante che esiste!

Davide Standridge

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