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La Voce del Vangelo

La VOCE novembre 2016

Gli occhi di suo Padre

È impressionante quanto alcuni figli assomiglino ai loro genitori: gli occhi spiccicati, la stessa curva del naso e del mento, il sorriso identico. Ma è anche logico che sia così, perché ereditiamo dai genitori tutto il nostro patrimonio genetico.

Sei credente? Sei diventato un figlio di Dio? Come suoi figli, quanto assomigliamo davvero al nostro Padre che è nei cieli?

Nessuno Lo ha mai visto, eppure Egli vuole che gli assomigliamo. Vuole che Cristo prenda forma in noi (Galati 4:19). Significa in pratica che, per la sua grazia e per l’opera dello Spirito Santo in noi, diventiamo sempre più simili a Gesù nella nostra sottomissione alle Sacre Scritture, nell’amore verso Dio e verso gli altri, nelle scelte di vita pratica, nei progetti per il futuro, nell’odio verso il male, nel modo di gestire le nostre finanze.

Già! Anche nel nostro rapporto con i soldi.
Qualcuno ha detto che l’ultima parte del credente a convertirsi è proprio il portafoglio. Sarà che spesso i credenti non sono molto generosi? Oppure non sono disciplinati nell’uso del denaro?

Sia come sia, sappiamo dalle Scritture che Dio è generoso. Lo è verso tutti. Ed è questa la qualità che Egli vuole vedere sviluppare in noi. “Fate del bene a quelli che vi odiano… Dà a chiunque ti chiede… prestate senza saperne nulla e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, poiché Egli è buono verso gli ingrati e i malvagi… Date e vi sarà dato; vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante” (Luca 6:27,30,35,38).

A che punto è il tuo progresso? Ecco alcuni benefici che possono far sì che la gente scorga in te le sembianze del tuo Padre celeste.


Seminare per mietere

Gesù ha detto: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (Atti 20:35).

Potremmo affrontare questo argomento dal punto di vista della responsabilità del credente e parlare di quello che Dio ordina di fare.
Potremmo parlare del come l’uso delle finanze riveli quali siano le nostre vere priorità.
Potremmo parlare delle necessità che non vengono soddisfatte e delle conseguenze della nostra negligenza.

Affronteremo, invece, l’argomento dal punto di vista dei benefici reali che la generosità porta al credente che la pratica con fedeltà.

L’Apostolo Paolo, nella sua lettera ai Filippesi, ringraziando i credenti per il dono che aveva ricevuto da loro, ci tiene a sottolineare che non era preoccupato per se stesso, perché era certo che Dio avrebbe provveduto, ma che era gioioso di quello che avveniva nella loro vita proprio a causa del loro dono: “Non lo dico perché io ricerchi i doni; ricerco piuttosto il frutto che abbondi a vostro conto” (Filippesi 4:17).

Sai qual era questo frutto che abbondava a loro conto e che può aumentare anche nella tua vita? Lo desideri? Se sei un responsabile di una chiesa locale, è qualcosa che ricerchi per te stesso e anche per le persone che Dio ti ha affidato?

Alla base ci deve essere fiducia in quello che Dio dice, cioè che prendiamo sul serio ciò che la Bibbia afferma riaguardo al donare: “C’è chi offre liberalmente e diventa più ricco, e c’è chi risparmia più del giusto e non fa che impoverire. Chi è benefico sarà nell’abbondanza, e chi annaffia sarà egli pure annaffiato” (Proverbi 11:24,25), “Date, e vi sarà dato; vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi” (Luca 6:38).

È lo stesso principio che l’Apostolo Paolo, sotto l’ispirazione di Dio, insegnava a tutte le chiese: “Ora dico questo: chi semina scarsamente mieterà altresì scarsamente; e chi semina abbondantemente mieterà altresì abbondantemente”
(2 Corinzi 9:6).

Il credente tirchio impoverisce. Il credente generoso prospera. Le chiese della Macedonia ne sono un esempio.

In 2 Corinzi 8 Paolo scrive come queste chiese, di gente davvero povera, avevano insistito nel partecipare anche loro a una colletta per altri credenti che si trovavano nel bisogno. Alla fine, non solo avevano partecipato ma erano state molto generose. Questi credenti, Paolo precisa, si erano dati prima al Signore. In altre parole, i benefici della generosità sono riservati a coloro che hanno fatto del Signore la loro priorità negli scopi e nelle aspirazioni di vita. Proprio come Cristo ha dato tutto per i credenti (2 Corinzi 8:8,9).

In 2 Corinzi 9:6 Paolo dice che colui che vuole mietere abbondantemente deve seminare altresì abbondantemente. Dal contesto è chiaro che si sta parlando di soldi. C’è da domandarsi: la mia generosità, cosa dice  sul mio rapporto col Signore? Testimonia del mio amore per Lui o tradisce il mio attaccamento al denaro?

Una risposta impulsiva alle necessità dei credenti e della chiesa, anche se d’indubbio aiuto momentaneo, non onora Dio quanto una consacrazione consapevole e ponderata di se stessi a Lui.

Il Signore non si aspetta che sparpagliamo i nostri soldi senza riflettere. Infatti, nessuno dovrebbe dare se non può farlo gioiosamente, e solo dopo averci ragionato su.

Quali, allora, sono questi benefici che dovremmo ricercare?

Più amati
Il primo beneficio è che Dio ha un affetto, un amore particolare per coloro che donano con gioia: “Dia ciascuno come ha deliberato in cuor suo; non di mala voglia, né per forza, perché Dio ama un donatore gioioso” (2 Corinzi 9:7). È senz’altro vero che Dio ama tutti i suoi figli. Ma questo passo indica che Dio mostra un amore speciale per coloro che, spinti dal loro amore per Lui, usano gioiosamente le loro risorse per la sua gloria seguendo il suo esempio.

Chi non vorrebbe essere amato, apprezzato e riconosciuto? Dio dice che se do con gioia, senza lamentarmi o perché mi viene imposto, Egli mi ama! È ovvio che non ha bisogno dei miei soldi; a Lui appartiene tutto quello che c’è, e se ho qualcosa, è solo perché è Lui che me l’ha data. Ma

l’idea che Dio sorrida compiaciuto alla mia generosità mi spinge a volergli assomigliare di più.

Più risorse
Non solo Dio sarà compiaciuto, ma il secondo beneficio è che vuole aiutarmi a continuare a praticare la liberalità. Egli provvederà in modo che possiamo non solo continuare a dare, ma potremo dare ancora di più. È Lui che si prende cura di ogni cosa che abbiamo e vuole metterci in grado di donare sempre di più: “Colui che fornisce al seminatore la semenza e il pane da mangiare, fornirà e moltiplicherà la semenza vostra e accrescerà i frutti della vostra giustizia” (2 Corinzi 9:10).

Una delle nostre paure naturali è quella di non avere abbastanza per soddisfare le nostre necessità. Ho avuto l’opportunità di conoscere credenti benestanti fino al punto di essere molto ricchi, e altrettanti credenti poverissimi. Ho scoperto che tra i più generosi non c’erano molti facoltosi, ma piuttosto quelli che sembravano avere solo lo stretto necessario. In generale, non ho trovato che i ricchi fossero più gioiosi, forse più divertiti dalle cose che possiedono, ma certamente non più felici nel Signore. Il rischio è che io cominci a invidiare quelli che sembrano divertirsi di più, piuttosto che chi ha una profonda serenità nel Signore.

Ma ci sono ancora altri benefici che dovrebbero spingerci a valutare il nostro dare.

Più gratitudine
La nostra generosità produrrà gratitudine verso il Signore da parte di coloro che ne beneficeranno. “Così, arricchiti in ogni cosa, potrete esercitare una larga generosità, la quale produrrà rendimento di grazie a Dio per mezzo di noi. Perché l’adempimento di questo servizio sacro non solo supplisce ai bisogni dei santi ma più ancora produce abbondanza di ringraziamenti a Dio; perché la prova pratica fornita da questa sovvenzione li porta a glorificare Dio per l’ubbidienza con cui professate il vangelo di Cristo e per la generosità della vostra comunione con loro e con tutti” (2 Corinzi 9:11-13).

Avrai notato che Paolo chiama il dare un “servizio sacro”, e usa espressioni come una “prova pratica dell’ubbidienza” a Dio e la “comunione con gli altri credenti”. Spesso sento dire che servire il Signore è un compito, una regola, un dovere. In realtà è molto ma molto di più! È una relazione, è provare il desiderio di piacere a Dio, di vedere altri riconoscere la generosità del Signore nei loro confronti. Nella nostra opera qui alla Voce del Vangelo, spesso siamo rimasti strabiliati dall’amore e cura di Dio quando alcuni credenti hanno dato generosamente per dei bisogni che ci sembravano insormontabili. Quante preghiere di gratitudine bagnate da lacrime di gioia sono salite al cielo dai nostri uffici!

Più preghiere
C’è ancora un beneficio di cui voglio parlare, e che non ti lascerà indifferente. È nascosto in questo versetto: “Essi pregano per voi, perché vi amano a causa della grazia sovrabbondante che Dio vi ha concessa” (2 Corinzi 9:14). È l’amore e le preghiere di coloro che ricevono i benefici della nostra generosità! Infatti, a causa di essa, loro diventano più consapevoli della grazia incredibile che Dio dà ai suoi figli.

Sei come me? Ti piace l’idea che ci siano credenti che ti amano abbastanza per pregare per te con gratitudine? Non è che devono conoscere per forza il tuo nome, Dio può rispondere alle loro preghiere anche quando non sanno da dove siano arrivati i doni. Donare è un gesto in segreto tra te e Dio. Nella chiesa locale nessuno deve sapere chi dà e quanto, ma ti posso assicurare che una chiesa generosa è pervasa da una consapevolezza della grazia di Dio.

Più Cristo
Infine, questi benefici producono in noi un altro meraviglioso dono: la consapevolezza dell’opera di Dio in noi. Il dono più incredibile che possiamo mai scoprire è ricevere la vita in Gesù: “Ringraziato sia Dio per il suo dono ineffabile” (2 Corinzi 9:15)!

Lo sappiamo fin troppo bene, tu e io, che come esseri umani siamo portati ad essere egoisti. Nessuno ha mai dovuto insegnare a un bambino a dire “mio”, e mentre tiene in pugno un giocattolo cerca anche quello che non è suo! Solo Dio può cambiare il nostro egoismo innato in una prontezza a dare agli altri per gratitudine, e in questo farci assomigliare a Lui.

Abbiamo il privilegio di dare al Signore per la sua opera! È il modo naturale con cui i credenti adorano e ringraziano il loro Dio. La sua promessa “Onora il SIGNORE con i tuoi beni e con le primizie di ogni tua rendita; i tuoi granai saranno ricolmi d’abbondanza e i tuoi tini traboccheranno di mosto” (Proverbi 3:9,10) è solo un’ennesima dimostrazione della grazia di Dio nella nostra vita.

Come Associazione Verità Evangelica, in questi quasi 60 anni che serviamo il Signore per propagare il Vangelo in Italia, abbiamo visto come tanti credenti hanno donato regolarmente con sacrificio e gioia per la nostra opera. E abbiamo lodato Dio e gioito insieme a loro. Di progetti ne continueremo a fare nuovi, mentre portiamo avanti quelli già avviati.

I doni che riceviamo da voi lettori ci portano a glorificare Dio e a pregare per voi e a ringraziarlo per l’opera che Egli sta facendo nella vostra vita.

Il numero della Voce che hai tra le mani è il frutto di coloro che sostengono con doni il nostro ministero. Negli anni, milioni di persone hanno ricevuto letteratura evangelistica prodotta dal nostro ufficio e Dio conosce chi ha creduto in Lui leggendola. Forse anche grazie al tuo dono. Ed Egli continua a usare questi scritti per maturare i suoi figli nella fede.

Per andare avanti, dipendiamo sempre dai doni che Egli provvede tramite i credenti e sappiamo che benedirà ogni nostro donatore come benedice anche noi. Grazie di essere parte di quest’opera!

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La VOCE ottobre 2016

Una sola vita

Ero giovane e senza pensieri. Avevo appena cominciato gli studi universitari e mi pareva di avere tutta la vita davanti.

Un giorno, in un corridoio della mia facoltà dove non ero mai passato prima, qualcosa attirò la mia attenzione. Era una bacheca in cui gli studenti lasciavano messaggi per gli altri studenti. Libri usati da vendere o comprare, ricerche di alloggi e coinquilini, inviti a feste e concerti ecc. Ognuno con un numero di telefono da staccare.
Su, in un angolo, vidi una cartolina con un breve messaggio scritto con una bella calligrafia, solo quattro righe:

Una sola vita,
presto passerà!
Solo ciò che hai fatto per Cristo
durerà.

Cosa voleva dire? Chi l’aveva messo lì? L’ho letto più volte.
Forse era un messaggio proprio per me! Vorrei spiegarti cosa mi è successo.


Gioia senza misura

Non ci crederai, ma ho scoperto solo un paio di mesi fa di chi era quel messaggio che avevo trovato sulla bacheca della mia università! Dopo più di settant’anni. Considero quelle quattro righe un messaggio diretto da Dio a me. E anche a te!
Ma prima di svelarti chi l’aveva scritto, ti devo dire una cosa: quel messaggio ha cambiato totalmente la mia vita!

Continuava a pulsarmi in testa:

Una sola vita,
presto passerà!
Solo ciò che hai fatto per Cristo
durerà.

Va bene, d’accordo, è chiaro che abbiamo tutti una sola vita! Ma perché preoccuparmi? Per carità, ero giovane, avevo tutta la vita davanti. C’erano tante cosa da fare: laurearmi, sposarmi, scegliermi la carriera… La mia “vita” sarebbe cominciata a trenta o quarant’anni e poi avrei potuto pensare a cosa fare “per Cristo”.

Invece no. Stavo facendo male i calcoli: la mia vita era già cominciata! E la mia vita futura iniziava in quello stesso momento. Ma per quanto tempo sarebbe andata avanti? Non lo potevo sapere. E non lo sai neanche tu. Non sai quanto tempo ti resta. Per chiunque, la vita potrebbe durare soltanto fino al prossimo respiro. Poi, basta.

“Presto passerà…”

Mi tornavano in mente le parole che avevo sentito dire da un vecchietto: “Come passa presto la vita! Mi sembra solo ieri che mi sono sposato. Poi figli, matrimoni, funerali, lavoro, pensione, tutto in un lampo! Ed eccomi qui tutto solo”.

Quando saremo agli ultimi sgoccioli, non avremo né il tempo né la forza per pensare a ciò che potremmo o avremmo potuto fare “per Cristo”. Se non cominciamo oggi a orientare la nostra vita verso il servire e piacere a Dio al di sopra di ogni altro impegno, il domani ci dimostrerà che siamo arrivati a pensarci troppo tardi.

Ma cosa può fare un giovane universitario “per Cristo”? Non può mica improvvisarsi né missionario né pastore né anziano né diacono. Non è a quello che Dio lo sta chiamando. Ciò che può fare, ora, “per Cristo” è applicarsi bene ai suoi studi.
Esattamente come tu puoi fare la segretaria, l’impiegata, la maestra o la mamma, “per Cristo”. O come si può fare anche il medico, l’infermiere o il commerciante “per Cristo”.

Ma non tutti possono farlo e non tutti quelli che dicono di servire Dio lo fanno davvero. C’è una qualità necessaria, un requisito indispensabile che dovrai possedere prima di poter fare qualunque cosa per Cristo. Devi averlo conosciuto, devi aver posta la tua fede solo in Lui per essere perdonato dei tuoi peccati e per diventare un figlio di Dio. “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove” (2 Corinzi 5:17).

Qualunque cosa tu faccia senza essere una nuova creatura in Cristo, non avrà alcun valore eterno. Le parole di Gesù sono un solenne avvertimento: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: «Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?» Allora dichiarerò loro: «Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!»” (Matteo 7:21-23).

Il segreto, infatti, non è il mestiere o la professione in sé, secolare o spirituale che sia, nemmeno il luogo in cui fare le cose “per Cristo”, ma far bene, con gioia e onestà qualsiasi cosa Egli ti abbia preparato e chiamato a fare per Lui. Comincia facendo bene ciò che fai adesso e poi… “Qualunque cosa facciate, in parole o in opere, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù ringraziando Dio Padre per mezzo di Lui” (Colossesi 3:17).

Spesso si tratta di fare cose senza alcuna lode e con tante lacrime, lavorare dietro le quinte a volte anche con molta opposizione e contrarietà. Ma se l’hai fatto “per Cristo”, non sarà dimenticato.

Mi dirai che ti sembra molto vago. È tutto qui? Certamente no! Il Signore ti ha dato delle capacità particolari da usare per Lui. Scoprile, sviluppale e usale! “Come buoni amministratori della svariata grazia di Dio, ciascuno, secondo il carisma (il dono) che ha ricevuto, lo metta a servizio degli altri” (1 Pietro 4:10).

Ogni credente ha almeno un dono, o nel campo del parlare o del servire. Anche tu! “Se uno parla, lo faccia come si annunziano gli oracoli di Dio; se uno compie un servizio, lo faccia come si compie un servizio mediante la forza che Dio fornisce, affinché in ogni cosa sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen” (1 Pietro 4:11).

Riguardo al parlare, ci sono tanti modi di usare questo dono meraviglioso: usa la parola, per esempio, spiegando, insegnando, incoraggiando, consolando, scrivendo, cantando, predicando, esortando, correggendo e più ancora.
Il servire invece vuol dire fare tutto ciò che c’è da fare! “Servire” ha spesso una connotazione di svolgere con umiltà e gioia cose che gli altri non desiderano fare! Ne sei capace? “…appunto come il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Matteo 20:28). “Chiunque, tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti” (Marco 10:44). “Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io” (Giovanni 13:14,15).

Ho scoperto che vi è un elemento di orgoglio in ogni persona. Ogni essere umano desidera lasciare un segno di sé; forse un’attività commerciale, una scoperta scientifica, un edificio, un’opera o qualsiasi altra cosa che faccia durare la memoria del suo nome quando non ci sarà più. Ma sono speranze vane perché prima o poi tutto sulla terra perisce (Ecclesiaste 1:11).

È solo l’orgoglio o la paura che fa sembrare difficile ciò che Dio ci ordina di fare. “Egli morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano più per sé stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro” (2 Corinzi 5:15).

Invece, ciò che avrai fatto “per Cristo” sulla terra, sarà ricordato eternamente nella gloria del cielo, non per la tua, ma per la gloria di Cristo. La tua gioia sarà senza limiti di tempo e di misura.

Una sola vita,
presto passerà!
Solo ciò che hai fatto per Cristo
durerà.

Queste poche parole hanno cambiato la mia vita interamente. Dio mi ha mandato in un paese che non conoscevo e da un popolo con cui non avevo avuto nessun contatto e, nella sua grazia, mi ha permesso di servirlo per tanti anni.

Tu, che ne farai di queste parole? Sono tratte da una lunga poesia di C.T. Studd, (1860-1931) sulla chiamata alle missioni. Lui è stato un pioniere missionario, che ha servito il Signore in Cina, in India e in Africa, dov’è morto, a settanta anni, mentre lo serviva ancora.
Guglielmo Standridge

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La VOCE settembre 2016

Piromani oppure pompieri

Tra le tristi piaghe che si ripetono ogni estate nel nostro paese ci sono gli incendi. Nell’ultimo decennio sono andati in fumo più di 500 mila ettari di bosco; una devastazione che né l’azione di rimboschimento né la ricostituzione boschiva sono riusciti a rimediare.

Malgrado gli sforzi preventivi di molti, l’incuria e la disattenzione continuano a produrre danni che durano nel tempo ed hanno conseguenze su tante persone innocenti. Basta un mozzicone di sigaretta non spento per dar fuoco a intere foreste.
Ma c’è un altro tipo di incendio che provoca altrettanti danni incalcolabili. È un pericolo che stranamente molti scelgono di ignorare. Alcuni genitori addirittura, con il loro cattivo esempio, allevano dei piccoli piromani. Non sarai mica tu uno di questi?

Bruciare boschi danneggia la produzione di ossigeno, colpisce la conservazione naturalistica, nuoce al turismo e accresce la possibilità di frane.
Le conseguenze dell’altro tipo di incendio sono altrettanto gravi. Continua a leggere.


Frutti d'oro nei vasi d'argento

Nessuno di noi, spero, sarà stato vittima di un incendio, ma sono sicuro che ognuno di noi porta le cicatrici di un altro tipo di bruciatura. Impariamo presto a giocare con questo fuoco, a fare gli spavaldi giocolieri pensando di non ustionarci mai. Capito di cosa sto parlando? Della nostra lingua. La lingua “è un piccolo membro, eppure si vanta di grandi cose. Osservate: un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta! Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell’iniquità. Posta com’è fra le nostre membra, contamina tutto il corpo e, infiammata dalla geenna, dà fuoco al ciclo della vita” (Giacomo 3:5,6).

Diciamoci la verità: siamo tutti colpevoli di aver usato male la lingua. Non ci viene spontaneo fermare le maldicenze. Siamo molto più avvezzi a usare la nostra lingua come un’arma.

Ma come si fa a passare da piromani a pompieri? Le nostre famiglie, le chiese e i nostri posti di lavoro ne hanno bisogno. Per poter cambiare e diventare dei “vigili del fuoco” ci vogliono un paio di premesse.

La prima è che i pompieri pensano all’incolumità degli altri, non di se stessi. Se ci preoccupiamo solo della nostra pelle, dei nostri diritti (veri o immaginari), saremo facilmente portati ad usare la lingua in modo nocivo.

La seconda premessa è che bisogna essere motivati da un amore genuino per le persone intorno. Un amore che comincia dalla famiglia, che comprende i fratelli della chiesa e si estende fino a toccare tutti, anche i nemici, è un comandamento di Dio.

Queste premesse riguardano, però, chi è stato trasformato dal Signore e coltiva un desiderio di piacergli e vuole crescere nella conoscenza della Parola di Dio.

Lo standard a cui dobbiamo aspirare ce lo ha dato l’Apostolo Paolo sotto ispirazione di Dio: “Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi l’ascolta” (Efesini 4:29).

Parole semplici che, se messe in pratica, fanno di noi costruttori invece che distruttori. Niente fuoco, ma abbondante acqua rinfrescante!

Nessuna cattiva parola

“Cattiva” nel suo significato originale in greco esprime il concetto di qualcosa di putrefatto, che emana fetore. Le parole che non fanno del bene puzzano e sono odiose. Disgustano chi le sente.

Hai mai pensato che Dio sente tutto quello che dici? Ascolta ogni singola parola che viene detto da chiunque. Il Salmo 139 afferma che Lui sa quello che diremo prima ancora che lo proferiamo. Prima che le nostre parole riescano a danneggiare qualcuno, Egli ne è già disgustato. L’unico modo per evitare che la nostra bocca vomiti parole putrefatte è curare il nostro cuore perché “dall’abbondanza del cuore la nostra bocca parla” (Matteo 12:34). Amarezza, rabbia e voglia di vendetta sono il terreno fertile per le parole incendiarie.

Solo parole buone

Sembra scontato, ma in realtà è tutt’altro che facile. Saper dire cose buone in circostanze diverse è da saggi. Se non lo sappiamo fare, o se non siamo sicuri che quello che stiamo per dire sia buono, è meglio stare zitti! Salomone scrisse: “Nella moltitudine delle parole non manca la colpa, ma chi frena le sue labbra è prudente” (Proverbi 10:19). E Paolo, parlando ai Filippesi, comanda loro di pensare nel modo giusto: “Tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri” (Filippesi 4:8). Chi si lascia trasformare dalla Parola di Dio imparerà da essa e sarà capace di dire cose giuste e buone.

Solo parole che aiutano

Nel Salmo 19 Davide ha pregato così: “Ti siano gradite le parole della mia bocca, davanti a te i pensieri del mio cuore, Signore, mia rupe e mio redentore” (v. 14). Prima di dire qualunque cosa dobbiamo chiederci se sarà utile per chi l’ascolterà, se le mie parole saranno un motivo di crescita per lui. È difficile che io possa edificare qualcuno se nel mio cuore non c’è vero amore per lui; se non m’importa niente che lui cresca o meno nel suo rapporto con Dio.

Parlare al momento opportuno

Dire cose giuste è difficile, ma dirle al momento opportuno lo è ancora di più. Sono importantissimi tutti e due. Salomone ha scritto: “Le parole dette a tempo sono come frutti d’oro in vasi d’argento cesellato” (Proverbi 25:11). Ci sono situazioni in cui è decisamente meglio rimandare anche se quello che stiamo per dire è indubbiamente utile. Una volta mi capitò di accompagnare mio figlio e un suo compagno in macchina a scuola. Il compagno si era presentato all’appuntamento con grande ritardo. Ne fui irritatissimo e in modo brusco glielo feci presente. Mio figlio assistette alla scena in silenzio. Solo dopo che fummo arrivati a scuola, e dopo aver fatto uscire il ragazzo ed essermi calmato, mi disse: “Pensi di avere reagito bene?” Se me lo avesse chiesto durante il tragitto, avrei probabilmente risposto male anche a lui. Mio figlio, invece, aveva aspettato al momento giusto. Ero calmo è pronto a ragionare. Ma se mio figlio non avesse detto niente non avrei potuto rincorrere il suo amico e chiedergli scusa! Aspettare il momento migliore sì, ma non tacere!

Parole di un valore eterno

“Conferire grazia” esprime il concetto di portare le persone a conoscere realmente la grazia di Dio. È per grazia che Dio ci ha perdonati e ci ha dato la vita eterna. La stessa grazia ci provvede quello di cui abbiamo bisogno e ci sostiene giorno per giorno. In effetti la grazia di Dio pervade ogni cosa della nostra vita. Noi che l’abbiamo conosciuta ne siamo diventati ambasciatori. Con le nostre parole dobbiamo portare le persone a vedere e conoscere la grazia di Dio in modo che abbia un risultato eterno anche sulla loro vita.

Parole alle persone giuste

Può capitare che abbiamo le parole giuste, e quello che stiamo per dire è necessario e farebbe bene alla persona che abbiamo davanti, anche il momento ci sembra adatto, ma… non siamo al posto giusto! Altri orecchi potrebbero sentirci dire cose che non hanno bisogno di sapere. Questo è particolarmente vero quando sbottiamo incuranti di chi ci sta intorno.
Un giorno dovremo rendere conto a Dio per ogni parola che abbiamo detto (Matteo 12:36,37). È una verità che dovrebbe farci riflettere e gridare: “SIGNORE, poni una guardia davanti alla mia bocca, sorveglia l’uscio delle mie labbra” (Salmo 141:3). È molto meglio essere conosciuti per le parole buone dette al momento adatto alle persone giuste, con benefici eterni a coloro che ci sentono.

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La VOCE luglio 2016

Che paura!

“Sai, ho scoperto che soffro di belonefobia!”
“Davvero? Io di hexakosioihexekontahexafobia! Certo che siamo strani!”
“Già. Forse sarebbe stata meglio la eisoptrofobia!”

Le fobie sono paure che non riusciamo a combattere. Tu ne hai qualcuna? Forse una forma di deipnofobia o di mageirocofobia, anche se queste due potrebbero essere solo delle scuse…
Secondo le statistiche al primo posto tra le fobie più comuni c’è l’acrofobia, la paura delle altezze, al secondo la ofidiofobia, la paura dei serpenti, al terzo la glossofobia, del parlare in pubblico, al quarto l’aracnofobia, la paura dei ragni e al quinto la claustrofobia che tutti sappiamo cos’è.

Ti stai forse chiedendo se sei affetto dalle prime che ho menzionato? Beh la belonefobia è la paura degli aghi, la hexakosioihexekontahexafobia del numero 666, la eisoptrofobia degli specchi, la deipnofobia delle chiacchiere a cena e la mageirocofobia, che ci si creda o no, è la paura di cucinare! Quest’ultima, bisognerebbe assicurarsi che la fidanzata non ce l’abbia.

A giudicare dal fatto che così tante persone soffrono di qualche forma di fobia, potrebbe sembrare che sia normale convivere con ansie e paure.
Ma Dio che ne pensa?


Salire al di là delle nuvole

Con i tempi che corrono, come si fa a non essere almeno un po’ ansiosi e preoccupati per il futuro nostro e quello dei nostri cari? Sempre secondo le statistiche, nel 2011 più di 11 milioni di persone in Italia hanno fatto uso degli psicofarmaci. A ricorrere agli ansiolitici sono soprattutto le donne. E il loro numero è in aumento. E gli uomini? Beh, molti si rifugiano nelle bevande alcoliche.

Al contrario di quanto possa sembrare, l’ansia non è una piaga dell’uomo moderno. È una reazione comune davanti all’incertezza di cose e eventi che sfuggono al nostro controllo.

Ma è un argomento delicato, sono tutti un po’ suscettibili al riguardo. È incredibile con quanta facilità giudichiamo i peccati degli altri, pensando di essere noi stessi senza colpe. I nostri saranno al massimo dei “difetti” trascurabili anche se un po’ duri da contrastare e sradicare. Molto giustificabili in fin dei conti...

Gesù, in uno dei suoi discorsi ha voluto fare una distinzione netta fra coloro che lo seguivano e il resto del mondo.
Ha detto: “Non siate dunque in ansia, dicendo: «Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?» Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno” (Matteo 6:31-34).

Il futuro è un’incognita per tutti, ma per il non credente è, giustamente, un grande motivo di ansia. Per lui la speranza sta tutta nelle cose materiali che possiede. Più ne riesce ad accumulare, più al sicuro si sente. Ma quando vengono a mancare non ha più certezze che lo possano sorreggere (1 Timoteo 6:17-19). Per la disperazione di aver perso tutto, alcuni hanno addirittura commesso il gesto estremo.

Il credente forse non dispone di grandi risorse, ma sa bene chi ha il pieno controllo su ogni cosa che accade nell’universo. Ha il suo Padre celeste. Sa che è  ricco e generoso verso tutti, e che ha promesso di prendersi cura dei suoi.
Quello che ho detto fin qui non sorprende nessuno. Se siamo credenti, conosciamo queste cose.

Ma che fare, se pur credendo a tutto ciò mi faccio prendere spesso dall’ansia?

Come per ogni problema, la risposta va cercata nelle Scritture. Uno dei vantaggi dell’avere la Parola scritta di Dio è che ci possiamo tornare su ogni volta che ce n’è bisogno.
Ecco allora alcuni principi biblici utili per vincere l’ansia. Sono talmente semplici e logici che qualcuno potrebbe pensare “Ma cos’è, hai scoperto l’acqua calda?!”. Una cosa, però, è professare di credere, l’altra è praticarlo.

Il primo principio è che angosciarti per quello che non si conosce è una fatica inutile. Puoi scervellarti su quello che vuoi, ma senza una palla di vetro è tutto quanto solo frutto delle tue congetture!

Il secondo è che la preoccupazione non può cambiare il nostro futuro. Gesù ha detto: “E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un’ora sola alla durata della sua vita?” (Matteo 6:27). È piuttosto vero il contrario: vivere con ansia nuoce alla salute!

Terzo, Dio sa perfettamente quello di cui abbiamo bisogno (Matteo 6:30,32). È Dio! Posso fidarmi di Lui.

Ma la triste realtà dei fatti è che tanti credenti adottano gli stessi atteggiamenti dei non credenti e continuano a essere consumati dall’ansia e dalle inutili preoccupazioni.

Cosa si aspetta Dio da noi? Essere ansiosi è un difetto o un peccato?
L’Apostolo Paolo ne ha parlato nella sua lettera alla chiesa di Filippi. La premessa a quello che dice è che l’ansia ci rende instabili e ci deruba della gioia e della pace che sono nostre di diritto in quanto figli di Dio. Lui non ha mai promesso che il credente non avrà difficoltà, ma lo ha messo in guardia contro il peccato dell’ansia.

Paolo scrive: “La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino. Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù” (Filippesi 4:5-7).

“Non angustiatevi di nulla” non è un suggerimento. È un imperativo. Ma è un imperativo per il nostro bene. È come se Dio dicesse: “Figlio mio, levati subito quel fardello di dosso; è troppo pesante per te e a portarlo ti spezzerai la schiena”.

L’angosciarsi per le cose che sono al di fuori di ogni nostro controllo non deve aver posto nella vita del credente per alcun motivo. Non c’è ragione che tenga. Quante volte hai letto nella Bibbia frasi come “non temere” e “pace a voi”? I figli di Dio dovrebbero essere rinomati per la loro calma, per la pace che regna in loro. La gente che ci osserva dovrebbe meravigliarsi non perché tutto ci vada liscio, ma per il fatto che affrontiamo con serenità anche i problemi e le circostanze più difficili della vita.

Allora cosa deve cambiare, quali sono i pensieri che devono rimpiazzare le reazioni normali alle difficoltà?

  • Il credente sa che il Signore è vicino. Abbiamo un Padre onnipresente e onnisciente. Siamo sempre davanti a Lui. Egli non è mai distratto, conosce il nostro passato, presente e futuro.
  • Il credente deve ricordare che Dio è anche onnipotente. Quando Paolo dice che non bisogna angustiarsi di nulla è sottinteso che Dio è perfettamente al corrente delle situazioni e ha anche il potere di fare qualunque cosa ritenga necessaria.

E non finisce qui. Dio non solo conosce la nostra situazione e non solo ha la potenza per affrontarla, ma sa anche con precisione cosa fare e perché! Abbiamo l’incredibile privilegio di parlare con Dio in qualunque momento, di aprirgli i nostri cuori ed esporre a Lui ogni nostra preoccupazione. Facciamolo con ringraziamento, perché così dimostreremo che ci fidiamo della sua sovranità. E che sappiamo che ogni evento della nostra vita sarà filtrato attraverso la sua saggezza e il suo amore per noi.

Temi per il

tuo futuro? Vivi ogni giorno con l’ansia?

  • Il primo passo per liberartene è considerarla come Dio la vede: una mancanza di fiducia in Lui. È infatti proprio come un affronto a tutto ciò che Egli ti ha promesso come suo figlio.
  • In secondo luogo devi riconoscere che l’ansia è un ostacolo alla tua testimonianza verso i non credenti, perché affrontare i problemi con serenità porta gloria a Dio e invita anche gli altri a voler affidare la vita a Lui.

Non credi che la nostra unica paura debba essere quella di non offendere Dio con la nostra incredulità?

 

La VOCE giugno 2016

Presente imperfetto

Non ti illudere! Se ci fosse una chiesa perfetta sulla terra, né tu né io potremmo farne parte. Cesserebbe di esserlo all’istante!

In teoria lo sappiamo, eppure tante volte siamo infastiditi dalle “piccole” mancanze che vediamo nei nostri fratelli e sorelle in fede. E non è buono.

D’altro canto, è possibile che per il quieto vivere abbiamo imparato a sopportarle e a passare sopra ad atteggiamenti e situazioni del tutto inammissibili fra credenti. Il che è peggio.
Allora che fare?

Se dovessi fare una classifica delle cose che ritieni inaccettabili in una chiesa, cosa metteresti al primo posto? I disaccordi tra credenti quale posizione occuperebbero? E quanto saresti pronto a sporcarti le mani per risolverli? O pensi che non siano affari tuoi?

La nostra soglia di preoccupazione per cose che non vanno e quanto siamo pronti a farci coinvolgere per risolverle, è direttamente proporzionale a quanto le riteniamo gravi. Ed è più che probabile che siamo sempre in difetto.

C’è uno che ha avuto il coraggio di fare la cosa giusta. Tu ne avresti la stoffa?


Non fare finta di niente

Domenica mattina al culto è in visita un fratello molto caro e stimato da tutti. Prende la parola ed esprime tutto il suo affetto per i presenti e la gratitudine per quello che Dio sta facendo nella vita di ciascuno di loro. Racconta come il Signore continui a usarlo nel suo servizio nonostante le crescenti difficoltà dell’ultimo anno. È un uomo anziano, con tutti gli acciacchi dovuti alla sua età, ma è convinto che Dio lo userà ancora per il bene di tutti.

Persone come lui, che da molti anni esercitano un ministero nella chiesa, tendono a diventare ripetitive nelle raccomandazioni, ma lui non se ne preoccupa: ribadisce l’opera meravigliosa che Dio sta compiendo nella chiesa e si raccomanda che proteggano a ogni costo l’unità fra di loro, proprio a motivo di quello che Dio ha già fatto. Poi li mette in guardia dalle false dottrine che s’infiltrano nella chiesa. Bisogna stare attenti. E si commuove fino alle lacrime ammonendoli di non farsi influenzare da cattivi esempi, ma di essere loro stessi esempi nel vivere con una prospettiva eterna mentre aspettano il ritorno del Signore. Devono essere luce in un mondo malvagio.

Tutti lo ascoltano colpiti dal suo amore per loro e per il trasporto emotivo delle sue parole.

Ma ecco che scoppia la bomba!

Il vecchietto alza gli occhi dalle sue note e fissa due persone, due donne conosciute per il loro servizio fedele in chiesa. Le chiama per nome dicendo che devono smettere di litigare. Che devono andare d’accordo! Poi chiama per nome un altro credente e lo esorta a intervenire per risolvere la questione fra le due donne.

Molti in chiesa rimangono allibiti. Era proprio necessario umiliarle pubblicamente in questo modo? Era davvero così grave la situazione?

Secondo l’Apostolo Paolo sì. E lui l’ha fatto. Non di persona perché in quel momento si trovava in prigione, ma la sua lettera è stata letta davanti a tutti in una riunione pubblica. Ad un certo punto ha scritto: “Esorto Evodia ed esorto Sintìche a essere concordi nel Signore. Sì, prego pure te, mio fedele collaboratore, vieni in aiuto a queste donne, che hanno lottato per il vangelo insieme a me, a Clemente e agli altri miei collaboratori i cui nomi sono nel libro della vita” (Filippesi 4:2,3).

Ci sono alcuni principi pratici che possiamo imparare da questo passo

Prima di tutto, purtroppo, anche i credenti litigano.

Sei a conoscenza di qualche dissidio che va avanti da tempo nella tua chiesa? Forse sei più preoccupato per le ripercussioni che avrebbe su di te se dovessi intrometterti per risolverlo, che per il male che il problema sta recando. Ma come credenti, non dobbiamo far finta di niente. Dobbiamo intervenire con amore. La mancanza di amore e di unità nella chiesa locale mina la stabilità e la testimonianza della chiesa stessa.

Paolo menziona Evodia e Sintìche per nome, ma lo fa ricordando il loro servizio fedele, senza dare la colpa né a una né all’altra. Non spreca una parola per spiegare i motivi del loro conflitto. Alla chiesa non serve conoscere i dettagli. È sottinteso che devono tutte e due confrontarsi con le parole di Gesù e cambiare il loro atteggiamento: “Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:34,35).

A pensarci bene, Paolo aveva già spiegato nel capitolo due dell’epistola ai Filippesi i motivi per cui i credenti litigano.

  • Litigano perché hanno dimenticato che Dio gli ha fatto la grazia di salvarli dall’inferno.
  • Litigano perché si sono scordati di avere lo stesso sentimento di Gesù.
  • Litigano perché non ricordano l’opera dello Spirito Santo in loro.

Non solo hanno dimenticato queste realtà, ma hanno permesso che prevalessero gli interessi personali. Invece di essere umili come il loro Maestro, sono diventati arroganti; le loro preferenze egoistiche hanno creato divisione nella chiesa.

Succede spesso che chi si trova in forte conflitto con altri, cominci a giustificare il proprio comportamento arrivando addirittura a vantarsi delle sue opinioni e scelte carnali.

Ma quando si litiga bisogna essere in due a farlo. La colpa, il peccato non è mai di uno solo: non si litiga se non si ha con chi litigare.

Una cosa è certa: né l’invidia né le divisioni si addicono al popolo di Dio. L’Apostolo Giacomo avverte con serietà che covare gelosie, contendere e vantarsi in questo modo è animalesco. Diabolico. È il tipico modo terreno di reagire d’istinto dei non credenti. Non ha nulla a che vedere con la saggezza che scende dall’alto. Anzi, è mentire contro la verità. Forse non siamo abituati a usare termini tanto drastici nel valutare le divisioni, ma la Bibbia non lascia dubbi su questo argomento (Giacomo 3:13-18).

Qui non si sta parlando di dottrina, ma di questioni personali che causano divisioni in chiesa come in famiglia. I litigi tra parenti credenti non è mai solo una “questione di famiglia” ma un problema che, irrisolto, finirà per colpire l’intera famiglia di Dio! Perciò le situazioni di conflitto in famiglia devono essere affrontate prima di tutto con la Bibbia alla mano, come fratelli e sorelle in Cristo.

Nessuno è escluso dal dover risolvere i propri conflitti, non importa quale sia il ruolo che ricopre nella chiesa né quanto s’impegni nel servizio per il Signore.

Ma come fare in pratica?

Se sei in contrasto con un altro credente, affrettati a risolvere la questione fra te e lui solo (Matteo 5:23-26). Se sei nel torto, riconosci le tue colpe e chiedi il perdono (Proverbi 28:13). Se non hai nulla da rimproverarti, fai comunque il primo passo per riconciliarti con chi ti ha offeso, pronto a patire qualche torto, a subire qualche danno (1 Corinzi 6:7; Matteo 5:38-48).

Se non riesci ad ottenere la riconciliazione a tu per tu, chiedi aiuto a un fratello maturo nella fede (Matteo 18:15,16). Spesso si pensa che nessun altro sia al corrente dei fatti nostri, ma non è così: ci vuole poco a render pubblica una contesa.

Se, invece, non sei parte interessata di un dissidio in chiesa, ma ne sei a conoscenza, non puoi, anzi non devi fare finta di niente. Devi intervenire preparandoti in preghiera, consapevole del fatto che i problemi tra credenti prima di tutto offendono Dio e poi rovinano la testimonianza di tutta la chiesa.

Prega. Non sparlare. Non spettegolare.

Intervieni, non con aria di superiorità, ma umilmente, con amore e pazienza. La tua motivazione sia solo quella di portare gloria a Dio.

È possibile che tu non sia ancora sufficientemente maturo nella fede per affrontare situazioni complicate da solo. Allora la cosa giusta da fare è parlarne in privato con le guide della tua chiesa e chiedere a loro di intervenire.

I contrasti nella chiesa sono gravi e vanno affrontati il prima possibile e a tutti i costi! Interferiscono con la tua comunione con Dio. Gesù ha comandato che se stai per offrire qualcosa a Dio, ma hai un contrasto con un fratello, devi lasciare la tua offerta davanti all’altare, mettere prima le cose a posto con il fratello e solo dopo offrirla a Dio (Matteo 5:23,24).

Sono beatissimi quelli che vivono in pace e si adoperano per la pace: saranno chiamati figli di Dio (Matteo 5:9)! Non lasciarti intimidire da litigi, ma nemmeno da persone litigiose. Onora Dio e servilo facendo la tua parte. Finché siamo sulla terra, saremo imperfetti in molte cose, ma cresciamo insieme “per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo, fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo” (Efesini 4:12,13).

 

La VOCE maggio 2016

Hai mai cenato con Gesù?

Quanti messaggi o studi biblici hai ascoltato su una cena o un pranzo con Gesù come ospite? Pochi.

Avresti avuto piacere di ospitare Gesù a casa tua? Come lo avresti accolto? Cosa gli avresti preparato? E che avresti fatto se fossi stato invitato a qualche banchetto insieme a Lui? Di certo mangiare con Cristo portava delle benedizioni spesso inaspettate.

Leggendo nei Vangeli, si capisce che quei pranzi erano molto diversi da quelli a casa nostra. Non solo per la sontuosità di certe feste o per le persone presenti, ma proprio perché c’era una differenza di fondo.

Lo sapevi che diversi mali fisici dipendono non da ciò che mangi, ma da come mangi?

Nella tua famiglia avete l’abitudine di mangiare insieme? Per te, cos’è un bel pranzo? E quali sono le cose che ti fanno contento o scontento? Stare a tavola solamente per mangiare non è tutto.

Anche oggi puoi invitare Gesù a mangiare con te. Lo sapevi? Ho paura però che le sue parole siano l’ultima cosa a cui pensiamo o di cui parliamo davanti ai nostri piatti.

Oggi si va tanto di fretta. Diventa sempre più difficile riuscire a stare a tavola tutti insieme, c’è chi mangia prima e c’è chi arriva dopo; i ragazzi ormai gestiscono da soli come, quando e cosa mangiano. I pasti veloci tra un’attività e un’altra sono sintomo della nostra società malata!


Dimmi come mangi e ti dico chi sei

I medici e i dietologi lanciano l’allarme: mangiare male procura seri danni alla salute.

All’ora di pranzo, sui marciapiedi vicino al nostro ufficio vedo arrivare gente a passo spedito. Si siede intorno ai piccoli tavoli traballanti che i gestori di alcuni bar hanno sistemato alla meno peggio sul marciapiede, intralciando più o meno abusivamente il passaggio. In questi angoli malsani, inalando i gas di scarico delle macchine, la gente mangia, o meglio “manda giù” frettolosamente cibo mal cotto, servito su piatti di plastica. E poi se ne va senza nemmeno ricordare cosa ha appena mangiato.

Sarà questo un motivo per cui le persone si ammalano di varie forme di indigestione cronica? Hanno disturbi di cuore per lo stress, mal di testa per il rumore e sono obesi per il cibo masticato male e digerito peggio.

Ma mangiare male procura anche un altro tipo di danno molto più grave.

Come si mangia a casa tua? I vostri pasti sono riposanti, piacevoli e rilassanti, ben preparati e serviti con un tocco di eleganza? E mentre vi godete quei cibi cucinati con attenzione e amore, vi ascoltate con piacere gli uni gli altri, genitori e figli, anziani e bambini? Temo di no. Forse il problema più grande è questo: mangiate senza Gesù!

Ritrovarsi a tavola con tutta la famiglia è una tradizione ormai persa. Il concetto di famiglia è sotto attacco su tutti i fronti: dai ruoli e responsabilità di ciascun membro della famiglia alla coesione della famiglia stessa come nucleo fondamentale della società, istituito da Dio.

Cosa fai tu, come padre e capofamiglia, per proteggere i tuoi da questo pericolo? Come fai a trasmettere ai tuoi figli valori biblici riguardo alla fede e alla vita, se li vedi sempre più di rado? O se quando li vedi non gli parli dei principi biblici?

Bisogna recuperare lo stare insieme in famiglia mentre si è ancora in tempo, prima che i figli smettano di ascoltarci. Invece di permettere agli smartphone di spadroneggiare a tavola, stabilite che ai pasti si parli insieme di quello che ognuno ha affrontato durante la giornata, cose piacevoli o difficili che siano, per conversare, ridere e simpatizzare insieme. Condividere i pensieri, piani e impegni per i prossimi giorni, ragionando su come affrontarli e promettendo di pregare gli uni per gli altri, è un forte collante per la famiglia.

Durante la conversazione è compito dei genitori guidare con sapienza il discorso sugli aspetti spirituali della vita, ringraziando Dio per come ha aiutato i figli con i compiti a scuola o per il lavoro di papà che è andato bene. È importante che nessuno si senta isolato o trascurato, ma che anche i bambini facciano parte della conversazione e si sentano apprezzati. Troppo spesso i giovani si lamentano che i genitori non li capiscono, perché non li hanno mai davvero ascoltati.

Quando questo modo pacato di conversare senza fretta diventa consuetudine, tanti malintesi e problemi vengono risolti e la vita di famiglia è resa più facile e unita. Verranno a galla questioni su principi morali e pratici della vita quotidiana che possono essere affrontate in tempo mentre sono fresche e attuali. Così i pasti diventano un momento di istruzione e costruzione della famiglia.

I momenti a tavola con Gesù sono essenziali per ogni membro della famiglia. Perciò se ti sembra impossibile avere sempre la famiglia al completo a tavola, diventa importante individuarne le cause e prendere decisioni, anche difficili. Se non potete farlo tutti i giorni, stabilite le sere che potete dedicare allo stare insieme senza altri impegni. Almeno la domenica a pranzo.

Il bene del vostro matrimonio, la salute della vostra famiglia e la crescita spirituale di ognuno di voi hanno bisogno di tempo, di pace, di dialogo. Le belle conversazioni sono le medicine che guariscono i mali, che fortificano l’impegno e l’unità spirituale della famiglia e che preparano tutti per le prove e le tentazioni che verranno. Ed è proprio questo il motivo per cui la famiglia cristiana è sotto attacco da forze sataniche che vogliono alterare e abolire l’ordine naturale della creazione di Dio: marito, moglie e figli.

Mangiare bene e con calma è salutare per il corpo.

Leggere la Bibbia e conversare durante i pasti aiuta i figli a capire come applicare la Parola di Dio alla loro vita pratica e resistere alle tendenze peccaminose della società. Stare a tavola con Gesù porterà i suoi buoni frutti per molti anni.

Se per te queste sono solo opinioni personali di un nostalgico di tempi perduti, totalmente inapplicabili nel XXI secolo, potresti non essere l’unico a pensarlo. Ma allora ho una domanda per te. In che modo stai mettendo in pratica il comandamento di Dio in Deuteronomio 6 riguardo al tuo compito di padre di curare la vita spirituale di tua moglie e dei tuoi figli?

Questi sono i comandamenti, le leggi e le prescrizioni che il SIGNORE, il vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nel paese nel quale vi preparate a entrare per prenderne possesso, così che tu tema il tuo Dio, il SIGNORE, osservando, tutti i giorni della tua vita, tu, tuo figlio e il figlio di tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandamenti che io ti do, affinché i tuoi giorni siano prolungati.
Ascoltali dunque, Israele, e abbi cura di metterli in pratica, affinché venga a te del bene e vi moltiplichiate grandemente nel paese dove scorrono il latte e il miele, come il SIGNORE, il Dio dei tuoi padri, ti ha detto.
Ascolta, Israele: Il SIGNORE, il nostro Dio, è l'unico SIGNORE.
Tu amerai dunque il SIGNORE, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima tua e con tutte le tue forze.
Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, te li metterai sulla fronte in mezzo agli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle porte della tua città. –Deuteronomio 6:1-9

Cosa fai di preciso per applicare alla tua famiglia i versetti in Salmo 127:3, Proverbi 19:18; 22:6,15; 29:17 e in Efesini 6:4?

Se non sei pronto ad aprire la tua Bibbia, leggere questi versetti e metterti a confronto, sappi che c’è chi è pronto a sostituirti come genitore nelle tue responsabilità davanti a Dio. Sarà la scuola? La società? I nonni, gli amici, l’Internet?

Forse è bene rivedere le tue priorità cominciando anche dai pasti!

La VOCE aprile 2016

Sei un "vero" cristiano?

È una domanda che può far perdere le staffe a qualcuno! È troppo personale. O addirittura offensiva.

Me ne sono reso conto per quello che mi è successo cinquanta o più anni fa, quando ero andato ad abitare a Napoli.
Avevo fatto amicizia con alcuni giovani della mia età, tutti “studenti universitari”, o perlomeno si chiamavano così, senza badare troppo al fatto che alcuni di loro erano fuori corso da anni. A Napoli, a quei tempi, essere “studenti universitari” era più o meno una scelta di carriera.

Quando allora, nella mia ingenuità, domandavo loro se fossero o meno “cristiani”, mi rispondevano risentiti: “Ma che credi? Che siamo animali?!”

Per loro la logica era questa: o si è cristiani oppure animali. Non c’erano altre possibilità.
Ho capito che dovevo imparare a definire meglio le mie parole.

D’altra parte, ancora oggi questa domanda può suscitare delle risposte di significati molto diversi.
Tu sai dirmi se sei un vero cristiano? E come intenderesti la domanda?


Dove sono finiti i "veri" cristiani?

In questi ultimi mesi e anni ci sono state molte notizie di “cristiani” perseguitati: in Egitto ad alcuni sono state tagliate le teste, in Siria scappano a migliaia dalla morte e in Iraq donne cristiane sono vendute come schiave del sesso.
Per carità, non vogliamo dire che non siano cristiani. È scritto sui loro documenti, come è stato per i loro genitori, nonni e bisnonni.

Forse sarà come ho sentito dire da papa Francesco in un saluto a un convegno di pastori Pentecostali americani: “Siamo tutti cristiani!” Al che un pastore Anglicano ha commentato: “Allora, che festa! Con una sola frase abbiamo “convertito” tutti, i peggiori atei e i miscredenti inclusi, irlandesi, sudamericani, nordamericani, inglesi, tedeschi, danesi, svedesi o finlandesi che siano e chi sa quanti altri ancora! Tutti quanti in una sola volta! Siamo tutti cristiani e basta!”

Ma perdonatemi! Non vorrei essere un guastafeste, ma è Gesù Cristo stesso a buttare una bomba in questa “festa della fratellanza”!
È stato Lui a tracciare quella linea rossa che separa quelli che si camuffano da cristiano o s’illudono di esserlo (sia pur involontariamente o senza saperlo) da coloro che lo sono davvero. Le parole di Cristo sono sorprendenti, e vale la pena conoscerle e tentare di capirle.

Nel Vangelo di Matteo Gesù ha detto: “Non chiunque mi dice: «Signore, Signore!» entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: «Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?» Allora dichiarerò loro: «Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!»” (Matteo 7:21-23).

Gesù voleva che fosse chiaro, senza alcun fraintendimento, che al tempo del giudizio finale molte persone si rivolgeranno a Lui con un titolo di rispetto e di familiarità, e gli diranno: “Signore, non dirci… Non puoi dire… che non ci conosci!”

Si tratterà di una cattiva, spiacevolissima sorpresa per molti! Eppure c’è scritto “cristiano” sui loro documenti. Anche il loro certificato di battesimo lo attesta: “cristiano”! Di loro hanno scritto addirittura sui giornali, bellissimi articoli sulle loro grandi opere di beneficenza per orfani e rifugiati, di come si sono dati da fare proprio per piacere al Signore! Perfino le loro offerte sono tutte segnate nei registri della loro parrocchia, cattolica o protestante che sia. Come è possibile che il Signore non li conosca?

E Gesù dirà che i loro nomi saranno pure scritti sui loro registri, ma se non lo sono sui suoi, Egli, certamente, NON LI HA MAI CONOSCIUTI!

In cosa avranno sbagliato? Come mai i loro pastori o le guide spirituali non glielo hanno fatto notare? Chi li ha ingannati?

Le parole perentorie di Gesù non lasciano adito ai dubbi: “Non vi ho mai conosciuti!”

Gli diranno di aver fatto “miracoli”, “guarigioni”, “esorcismi”, “profezie”, tante opere buone, ma il Signore non li ha mai conosciuti né riconosciuti!

E dichiarerà loro le parole finali citate nel Vangelo di Matteo: “Allontanatevi da me, malfattori!”

Ma non è tutto qui!

Hai mai pensato cosa avrebbe da dire Gesù ai membri delle nostre chiese? È possibile che alcuni di quelli che frequentano le nostre riunioni, e che da anni consideriamo come figli di Dio e nostri fratelli in Cristo, non lo siano davvero?

Forse sono figli di credenti, per cui abbiamo preso per credenti anche loro. Bravi ragazzi che i genitori portavano sempre alla scuola domenicale. A un certo punto sono cresciuti e hanno chiesto di essere battezzati. Hanno detto che anche loro credevano in Gesù. E li abbiamo battezzati. Può darsi che ora che si sono sposati, si siano intiepiditi nella fede. Avranno tanto da fare fra famiglia e lavoro che li vediamo poco. E se avessero fatto scelte cristianamente poco savie, chi siamo noi a giudicare?

O forse sono quelle altre persone care e gentili, più mature, venute da altre chiese. Ci hanno detto di essere evangeliche da anni, che cercavano una chiesa un po’ più “calda”, “amorevole” e “sana”. Col passare del tempo sono diventate assidue nelle presenze e fedeli nelle offerte. Come oseremmo pensare ora che non siano “veri” credenti? Sarebbero offesissime!

E se con troppa leggerezza avessimo accolto come fratelli in fede persone di altre chiese di cui conosciamo poco o niente?

Questi sono solo un paio di esempi. L’errore, in realtà, potrebbe capitare in molti modi.

Giovanni ha scritto: “Chi crede nel Figlio ha vita eterna, chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui” (Giovanni 3:36). Chiediamo alle persone se sono “credenti” o se hanno “creduto in Gesù”. Che cosa dovremmo fare di più, se ci dicono di sì?

Il Signore ha detto: “Chi non porta la sua croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo” (Luca 14:27)

Ha anche detto: “Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano” (Matteo 7:13,14). E ha aggiunto: “Li riconoscerete dunque dai loro frutti” (Matteo 7:20).

Di quale giudizio ha parlato l’apostolo Pietro quando ha scritto: “Infatti è giunto il tempo in cui il giudizio deve cominciare dalla casa di Dio; e se comincia prima da noi, quale sarà la fine di quelli che non ubbidiscono al vangelo di Dio?”
(1 Pietro 4:17)?

Ditecelo voi!

Scriveteci subito una lettera o un’e-mail per spiegarci chiaramente come fate a sapere chi è un “vero” credente e chi non lo è. Le vostre risposte contribuiranno a una prossima Voce del Vangelo

La VOCE marzo 2016

Un futuro sicuro

L’aldilà è qualcosa a cui non si pensa molto. La vita è un mistero e quello che succede dopo è materia di fede. Inutile arrovellarsi il cervello. Tanto più che crediamo tutti nello stesso Dio, ma con sfumature diverse. E visto che non ho mai ammazzato nessuno, alla fine Dio peserà le mie azioni con benevolenza. Almeno così mi hanno insegnato.

Forse anche tu la pensi così. Che basti essere sinceri. Che una fede valga quanto un’altra. E ti senti sicuro perché non sei l’unico a pensarlo.
Ma c’è una cosa che dovrebbe spingerti a chiederti sul serio se puoi davvero fidarti di quello che hai sempre creduto. È il fatto che prima o poi la vita finirà per ognuno di noi. Davanti a questa realtà inevitabile, cercare la verità, capire quale sarà il tuo destino eterno, diventa importantissimo per poterti preparare alla vita dopo la morte. Lo devi a te stesso. Nessun altro lo farà per te. Coninua a leggere.


La mia sincerità sarà premiata?

Quante volte hai pensato anche tu, in nome della tolleranza e per sembrare politicamente corretto, che non esiste una verità unica e oggettiva? Che adesso bisogna accogliere le opinioni di tutti, senza eccedere in estremismi? E proprio perché il mondo non ne può più di altri gruppi integralisti, si arriva a rifiutare tutti gli assoluti. Di conseguenza, qualunque cosa, perfino contraddittoria, può essere vera. Tu dici una cosa, io affermo il contrario: chi ha ragione? Come possono due affermazioni palesemente contrastanti essere entrambe vere allo stesso tempo? Ti faccio un esempio: quanto fa 2+2? Il risultato non può che essere 4.

“Okay”, pensi, “ma cosa c’entra con me?” C’entra, perché se quello che hai creduto fino ad ora non è perfettamente in linea con ciò che Dio afferma nella Bibbia, uno dei due ha torto: o tu o Lui.

Ma perché proprio la Bibbia? Perché è la Parola di Dio, nella quale Egli si è manifestato all’umanità.

La Sacra Bibbia rivela chi è Dio e cosa vuole da noi. Ha molto da dire sulla tua vita e sul tuo futuro.
Dice ad esempio che “è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio” (Lettera agli Ebrei 9:27). “Dio dunque, passando sopra i tempi dell’ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano, perché ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell’uomo ch’egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti, risuscitandolo dai morti” (Libro degli Atti 17:30.31).

Nessuno può costringerti a credere nella Bibbia. È una scelta che ognuno di noi deve fare per conto proprio. Ma non si possono evitare le conseguenze di questa scelta: o ci porterà a scoprire e abbracciare la verità nella Bibbia oppure, rifiutandola (fosse anche inconsciamente), saremo portati a credere in qualunque altra menzogna.

Noi ti invitiamo a scegliere la Bibbia come l’autorità finale per quello che credi, perché non è come gli altri testi religiosi che sono frutto di pensieri, immaginazione e ragionamenti umani. Solamente la Sacra Bibbia offre il rimedio definitivo al problema del tuo peccato.

Leggendo i Vangeli, nel Nuovo Testamento, scoprirai che la Bibbia non è complicata, anzi è molto chiara nelle sue affermazioni. Per alcuni lo è pure troppo, perché il suo messaggio radicale ed esclusivo non ammette ambiguità.
Proprio perché la Bibbia è così perentoria nel denunciare le nostre colpe e la malvagità del cuore umano, molti cercano di screditarla. Sostengono che bisogna interpretare il testo. Ma se ognuno deve interpretare la Bibbia a modo suo, di conseguenza non ci si può fidare!

Tu, invece, leggila con semplicità e scoprirai che coloro che insistono che bisogna interpretarla vogliono sviarti dal palese e ovvio significato delle sue parole. Quelle che possono salvare la tua anima. Per esempio, nel Vangelo di Giovanni, cap. 14 v. 6, Gesù ha detto: “Io sono la via, la verità e la vita, nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.

Hai letto bene: un’unica via, un’unica verità, un’unica vita! L’esclusività del messaggio è sottolineata dalla parola “nessuno”. La logica è incontestabile: se Gesù è l’unica via che porta a Dio, tutte le altre vie sono false. Qualunque altro sforzo tuo o tentativo di raggiungere il divino è destinato a fallire. Anzi, ti allontana per sempre dal tuo Creatore!

La Bibbia afferma anche: “Infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo” (Prima lettera a Timoteo 2:5). Hai un solo mezzo per raggiungere Dio: Gesù. E Lui ha dato la sua parola: “Colui che viene a me, non lo caccerò fuori” (Vangelo di Giovanni 6:37). La Bibbia dichiara il motivo della venuta di Gesù nel mondo: “Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio” (Vangelo di Giovanni 3:17,18).

Come vedi, essere sinceri non basta, perché si può essere sinceramente ingannati. Quello che conta è ciò che tu credi perché determinerà il tuo destino eterno. Ti invitiamo a leggere la Bibbia e a esaminarti alla luce di quanto afferma, per avere una fede che salva e ricevere in Cristo il perdono dei peccati e la vita eterna.

Se non possiedi la Bibbia, o se hai delle domande, scrivici o vieni a trovarci all’indirizzo che trovi nel riquadro in basso a questa pagina. Ti risponderemo.

 


L'OPUSCOLO EVANGELISTICO PER IL 2016

Il testo che hai letto qui sopra fa parte del nuovo opuscolo evangelistico "UN FUTURO SICURO"
Puoi vedere l'intero opuscolo nella sua versione per la distribuzione CLICCANDO QUI.
Ti invitiamo a leggerlo e a farlo conoscere ai responsabili della tua chiesa, in modo che possiate ordinarne in tempo, ENTRO IL 29 APRILE 2016, le copie da distribuire.
Per un ordine di 1.000 o più copie, stamperemo gratuitamente il messaggio che ci indicherai.
 

PREZZI A COPIA PER IL NUMERO SPECIALE di evangelizzazione “UN FUTURO SICURO”
1.000 copie € 100,00
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3.000 copie € 220,00
4.000 copie € 240,00
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Per quantità diversi, telefonateci allo 06-700.25.59 oppure scriveteci a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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