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La Voce del Vangelo

La VOCE febbraio 2016

Il Giubileo della misericordia

Papa Francesco ha annunziato la stagione della “misericordia” che durerà, se tutto va bene, ancora alcuni mesi. Ma cosa vorrebbe esattamente ottenere? Lo staremo a vedere.
La misericordia è una cosa seria e un sentimento nobile, molto utile e prezioso. Gesù ha insegnato che chi dimostra o pratica la misericordia sarà benedetto: “Beati i misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta” (Matteo 5:7).
A qualcuno la parola sa di antico, di una religiosità un po’ antiquata.
Molti anni fa, a Firenze, ho avuto un malore durante un funerale e miei fratelli fiorentini hanno chiamato La Misericordia. Sono arrivate alcune brave persone, uomini vestiti da frati e quasi irriconoscibili, tanto avevano nascosta la faccia. La loro “opera buona” era portarmi in ospedale, e ne ero riconoscente. Ma mi sembrava che la parola Misericordia e la loro apparenza sapessero molto più di morte che di speranza. Avrei preferito dei compagni un po’ più allegri! Nel pensiero comune, chi ha bisogno della Misericordia è messo male.
Ma se fosse proprio così? O forse la misericordia non è ciò che si pensa?
Vale la pena ragionarci su. Potremmo imparare qualcosa di molto importante.


La misericordia, cos’è? Amore, pietà o compassione?

Il nostro mondo sta precipitando in un abisso di disoccupazione, impoverimento e terrorismo? Di donne vittime di violenza, di rifugiati sfruttati, di bambini decapitati?

Esiste ancora la misericordia, la pietà o la compassione? O l’amore fraterno?

Ai tempi nostri non è difficile, purtroppo, che qualcuno vicino a noi abbia bisogno di cibo, di vestiti, di un posto per dormire o di una medicina, ma non trova nessuno disposto e capace di dare una mano. Non è solo la durezza o l’apatia a bloccare chi vorrebbe aiutare. Spesso è anche la paura. Dove trovare un po’ di misericordia per il povero, l’abbandonato, il senza speranza?

La misericordia ci vuole. Significa un grande passo in avanti sulle pure emozioni e paure. Ma cos’è?

Potrebbe essere l’amore che scocca fra due sconosciuti, che si trovano uno accanto all’altro, ma in condizioni personali contrastanti. Uno è profondamente bisognoso di aiuto, l’altro lo vede, riconosce e comprende il bisogno e si rende conto che lo potrebbe aiutare. Il bisogno grave del primo trova nell’altro non solo il desiderio di aiutare, ma anche la capacità e la volontà di farlo.

Ecco il senso preciso della misericordia! Non produce solo sentimenti di pietà o carità, ma anche azione. Non basta guardare con compatimento, essere mossi a compassione. Ci vuole un intervento deciso che serve e risolve amorevolmente.
Questo intervento è la realizzazione della misericordia.

Ci sono molti casi in cui l’amore fraterno, la preoccupazione sociale, la profonda simpatia, la compassione non bastano. Serve una persona che con l’amore e con la soluzione concreta dimostri la vera misericordia.

Ricordi la storia del “buon Samaritano” che Gesù ha raccontato in un vangelo? Narrava di un uomo attaccato e derubato da ladroni sulla via di Gerico. Il povero vittima, ferito e spogliato, rimase mezzo morto a un lato della strada, mentre alcune persone rispettabili gli sono passate vicine senza soccorrerlo. Poi è giunto un samaritano, uno di quel popolo odiato dagli Ebrei. Questi lo ha curato personalmente fasciando tutte le sue ferite, e dopo lo ha trasportato nell’albergo per affidarlo alle cure dell’oste.
Dopo aver finito il racconto, Gesù si rivolse all’uomo che gli aveva chiesto chi fosse il suo “prossimo”. Gli domandò chi fra quelli che avevano visto l’uomo ferito sulla strada si era mostrato di essere il suo vicino. “Quegli rispose: Colui che gli usò misericordia. Gesù gli disse: Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa” (Luca 10:37).

Ecco la misericordia, cioè, l’amore che agisce. Cosa vuol dire per te? Quanto ti potrebbe costare?

Dunque...

Vogliamo arrivare al “dunque”? Siamo pronti a fare sul serio? Purtroppo, abbiamo motivo di sospettare che il “Giubileo della Misericordia” sarà un gigantissimo fallimento. Forse non come evento mediatico, né come pubblicità e ammirazione del personaggio papa Francesco. Nemmeno economicamente per la Chiesa romana. Ma come significato eterno sarà un costoso “flop”. Un fiasco epocale, come tanti altri tentativi umani di fare qualcosa che non si è capaci di fare.

Forse sei solo tu – e le persone come te – che possano realizzare in pieno ciò di cui si parla tanto: la festa della vera misericordia. Ecco come.

Al mondo vi sono solo due tipi di persone. E tu sei di un tipo o dell’altro. I più numerosi sono quelli che hanno bisogno oggi della misericordia di Dio. Sono intorno a te. Come disse Gesù, sono i tuoi “vicini”.

I tipi più rari, però, e più utili in questo momento storico sono quelli che hanno sperimentato la misericordia di Dio e si rendono conto che il mondo ne ha bisogno disperatamente. Questi non si fermano al sentimento di pietà, ma sono capaci di intervenire praticamente e biblicamente, come Dio vuole.

Chi, intorno a te, ha un grandissimo bisogno di misericordia? Praticamente tutti! Chi conosci che abbia dei bisogni profondi, personali, emotivi, morali, spirituali, per cui non trova la soluzione, ma per cui tu invece conosci la risposta? Pensa che responsabilità seria abbiamo tu ed io!

Forse ti rendi conto che i tuoi “vicini” portano dentro di sé una forte ira. Una tacita ricerca di aiuto non definito. Un’insoddisfazione che provoca critiche, lamenti e litigiosità. Forse una brutta depressione, una solitudine devastante, un senso di colpa che nascondono dietro un paravento di finta sicurezza e che non ammetterebbero a nessuno. Non pensano affatto che il loro male è il risultato diretto del loro peccato che è alla base di ogni male.

Hanno bisogno di misericordia. Cioè, di qualcuno che è mosso da pietà cristiana e di compassione profonda ma che, conoscendo per esperienza propria qual è la soluzione al male, non vuole né può lasciare le cose così. L’unica vera misericordia è quella di Dio: la Buona Notizia che Gesù è morto e risuscitato non per farci religiosi, ma per darci la vita eterna.

Gesù ha detto con molta chiarezza: “Il Figlio dell’uomo (Egli stesso) è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto” (Luca 19:10). È evidente che una persona “perduta” è una che sta male, che non trova pace, amore, soddisfazione nella propria vita, ma piuttosto inutilità, avversità, dolore, vuoto, stanchezza, e non sa perché.

Queste persone care, fra i tuoi parenti, i tuoi vicini, la gente che vedi per strada, i tuoi colleghi, hanno tutte bisogno dell’incredibile misericordia di Dio che perdona i loro peccati e le fa rinascere come figli di Dio. Tu ed io sappiamo bene che non se la possono meritare, che nessuna Chiesa, rito o intercessione può garantirgliela. Il Giubileo della misericordia adopera una parola bellissima, ma lascia del tutto intatto quel punto intimo in ogni cuore che nasconde la vita o la morte dell’anima: la comunione con Dio o l’abbandono alle attrazioni del mondo e, infine, la morte o la vita eterna.

Spesso il male profondo che domina nei nostri “vicini” li porta a rifiutare e respingere la Buona Notizia. Ma, rinunciando al nostro orgoglio, abbiamo un’arma efficace nella preghiera della fede. Se ti pare che il tuo approccio, il tuo messaggio della misericordia di Dio, quella che tocca e risolve il problema del peccato, non sia compreso o accolto, la battaglia da combattere è un impegno serio in preghiera come mai prima. La purezza della nostra vita, la tranquillità e l’esempio della nostra fede contribuiranno al trionfo della misericordia nel cuore del nostro “vicino”, ma il perdono e la salvezza sono doni di Dio e del suo amore; noi in questa battaglia abbiamo la gioia di partecipare alle sofferenze di Cristo ed anche alla vittoria dell’anima rinata.

Preparati così, mettiamoci al servizio di Dio.

—G.S.


La VOCE gennaio 2016

Hai troppo da fare?

Il 2016 è appena cominciato e già sei stanco? Speri che in questo Nuovo Anno potrai toglierti qualche impegno o responsabilità di troppo? Trovare qualche momento di pace?
Allora sei nella norma! Anch’io ho troppo da fare!
Non voglio fare la predica, ma ho letto nel libro di un esperto in materia di gestione del tempo che nessuno ha troppo da fare. Il problema, in realtà, è che chi è sempre sopraffatto, ansioso e in ritardo, sbaglia perché non ha messo i suoi doveri e impegni nell’ordine della loro reale importanza. In altre parole, perde troppo tempo con le cose che sembrano urgenti ma sono le meno importanti.
Ma c’è una via d’uscita da questa condanna alla scontentezza e all’esaurimento permanente?
A questo punto, bisogna che ti faccia una domanda seria: il problema è davvero solo quello che hai da fare, cioè una questione tecnica risolvibile all’istante, se sapessi come? Oppure  potrebbe essere un problema psicologico? O addirittura un problema spirituale?
Non voglio sembrare pedante o orgoglioso, ma penso che potrei aiutarti.


«PERDERE» TEMPO È PECCATO!

Il tempo perso non lo riavrai mai indietro! Le due ore che “perdi” oggi, non le ritroverai ad aspettarti lunedì mattina in ufficio. E l’ora sprecata di ieri che volevi usare per leggere la Bibbia prima che i bambini si svegliassero, non ritornerà più.

Come ho accennato poco prima, è questione di mettere in ordine di priorità il tuo lavoro e il tuo tempo. Così, anche se alla fine della giornata dovessi renderti conto di non aver più tempo per una certa cosa che avevi in mente di fare, avresti comunque la soddisfazione di scoprire che le ore che ti “mancano” non sono andate perse.

Gesù diceva di essere venuto in terra per fare la volontà di suo Padre. Se faceva quella, la sua vita serviva pienamente al suo scopo. Ed è la stessa cosa per noi.

Ma non dobbiamo pensare che “fare la volontà del Padre” e “non perdere tempo” significhi sempre leggere la Bibbia, pregare e scrivere una lettera a qualcuno da evangelizzare o incoraggiare.

Fare il lavoro del Padre è fare esattamente ciò che Egli ti ha affidato: il lavoro che, nella sua sagace gestione dell’universo, serve ai suoi scopi, per il quale ti ha anche dotato di capacità sufficienti a compierlo.

Uno dei compiti estremamente importanti che Dio affida a molti, ma non a tutti (ad altri richiede di servirlo da single o senza figli), è quello di aiutare i figli a crescere nella conoscenza e ubbidienza alla volontà di Dio. Trattare questo dovere con superficialità e trascuratezza perché si pensa di aver “qualcosa di più importante” da fare, porta dritto al collasso della società che rifiuta di riconoscere Dio e sottomettersi a Lui. E purtroppo anche a quello della tua famiglia come quadro di gioia, moralità e comunione che Dio ha pensato per te, perché tu imparassi, insegnassi queste cose e le facessi risplendere nel mondo. Non esiste professione, lavoro, guadagno, titolo di studio, conto in banca che valga di più di questo.

Se sei un uomo, è molto probabile che “fare il lavoro del Padre” includerà sposare una donna credente che condivida il tuo desiderio di curare una famiglia in cui ogni membro vive in comunione con Dio e alle sue dipendenze. È un compito molto impegnativo che richiede del tempo e che il Signore non affida a tutti. Curando tua moglie e la famiglia con solerzia, rispetto, tenerezza e altruismo testimonierai al mondo che l’amore santo e gioioso è l’unico fondamento possibile per una società di pace, ordine, servizio e sottomissione a Dio.

Ma attenzione! Lo stato sociale, economico o culturale della tua famiglia è una falsa divinità e un intoppo spirituale, se per costruirlo e per mantenerlo stai sacrificando il primato della
volontà di Dio.

Se il piano perfetto di Dio non prevede che ti sposi, non disperare. Il matrimonio non è l’unico compito importante che Dio affida al credente. Ci sono ministeri e servizi essenziali nella chiesa e nella società che il credente non sposato, consacrato, santo, gioioso, pronto agli stessi sacrifici richiesti alle persone sposate, può svolgere alla gloria di Dio e per il bene della chiesa e della società. I single sono necessari e utili nell’opera di Dio!

Per non dover dire mai più “Non ho tempo!”, metti al primo posto il lavoro, i compiti, il ministero per cui Dio ti ha preparato. E fallo bene. Poi, chiedigli di aiutarti a valutare il resto che ti sembra importante, per dedicarci solo il tempo appropriato. Per le attività e i passatempi che non riesci a fare, sarebbe meglio darci un taglio netto!

La colpa non era di Gesù

È  possibile che quando Giuseppe e Maria sono andati a Gerusalemme per celebrare la Pasqua (Luca 2:41-45) con Gesù dodicenne, avessero già almeno sei figli e figlie (Matteo 13:55; Marco 3:32) se non di più. Ma hanno portato solo Gesù con loro. I suoi fratelli e sorelle, più piccoli di lui, non sarebbero stati in grado di affrontare il lungo viaggio a piedi da Nazaret a Gerusalemme, di circa cento chilometri.

In queste occasioni i pellegrini viaggiavano probabilmente in grandi gruppi, le donne e bambini in uno e gli uomini e i ragazzi in un altro. Forse per questa ragione al ritorno da Gerusalemme Maria avrà pensato che Gesù fosse con quello degli uomini e i ragazzi. E Giuseppe, non notando la sua presenza, avrà concluso che Gesù camminava nel gruppo con Maria. Soltanto quando si erano fermati per la notte, si saranno resi conto che Gesù non era con loro.

Hanno dovuto rifare il viaggio a ritroso di una giornata intera per giungere di nuovo a Gerusalemme. Poi finalmente il terzo giorno hanno trovato (continua a pag. 4) Gesù nel tempio,  mentre discuteva con grande calma e piacere con i maestri delle Sacre Scritture. Maria, infastidita per il tempo perso e per l’apparente indifferenza di Gesù verso la loro preoccupazione, lo sgridò: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io ti cercavamo, stando in gran pena”.

Ma la risposta di Gesù li stupì: “Perché mi cercavate?” Appena capito che non era partito con loro, doveva essere chiaro ai genitori il perché! Gesù fu sorpreso che non sapessero dove trovarlo: “Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?” (“Non sapevate voi che mi conviene attendere alle cose del Padre mio?” – versione Diodati.)

Difatti, la presenza di Cristo in terra aveva un solo significato, una sola meta: Egli era venuto per fare la volontà di suo Padre. Nessun altro scopo lo interessava. Il fatto che i suoi genitori non avessero capito subito dove cercarlo non era certamente colpa sua!

Dove altro si potrebbe pensare di trovare un Figlio che ama suo Padre e vuole fare fino in fondo la volontà di Lui!?

Questo breve episodio della vita di Gesù lancia un fortissimo rimprovero ed è uno stimolo per noi, che siamo diventati figli del Padre celeste. Nel 2016, dove ci faremo trovare? Di cosa ci occuperemo?

Per Gesù, la casa, la volontà e le cose di suo Padre erano alla base di ogni suo pensiero e di ogni suo proponimento. Perché perdere tempo altrove occupandosi di cose secondarie? Sarebbe stata un’assurdità!

Quando pensiamo al dono meraviglioso di un anno nuovo da dedicare al compimento, alla realizzazione della volontà del Padre per noi, come potremmo scegliere un percorso diverso da quello di Gesù? Come potremmo accontentarci di occuparci soltanto di ciò che è materia e che presto passerà lasciando posto a nient’altro che il rimpianto del tempo che abbiamo perso?
—G.S.


La VOCE dicembre 2015

Un anno è fatto di 315.360.000 secondi. Presi uno per uno, in qualunque momento del giorno, sembrano insignificanti. Passano veloci, forse troppo, per essere notati.
In Italia, ogni 63 secondi nasce un bambino e ogni 52 secondi muore una persona.
Nel pieno di impegni e attività è facile perdere di vista il fatto che le persone intorno a noi hanno i giorni contati! Senza conoscere Dio, ogni secondo scandisce la loro disperazione in un mondo corrotto e malvagio.
I dati raccolti dall’organizzazione per la prevenzione dei suicidi rivelano che ogni anno in Italia circa 4.000 persone si tolgono la vita. In pratica, ogni due ore qualcuno decide di uccidersi. Hai mai pensato che qualcuno in fila con te alla posta o in un negozio, di lì a poco potrebbe essere morto?
La vita è breve. Brevissima. In una sua bellissima preghiera Mosè, che visse 120 anni, chiede: “Insegnaci dunque a contare bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio” (Salmo 90:12).
Sta per cominciare un altro nuovo anno: ogni giorno avremo 86.400 secondi da usare con saggezza.
Cominceremo l’anno con tanti buoni propositi, ma la decisione più saggia è quella di considerare ogni secondo come un dono di Dio, e vivere ricordando che dovremo rendere conto a Dio di come lo avremo usato.


Carissimo fratello, carissima sorella in Cristo,

Certo, beni e bontà m’accompagneranno tutti i giorni della mia vita; e io abiterò nella casa del SIGNORE per lunghi giorni (per sempre). —Salmo 23:6

Ogni amico che, come te, ci sostiene sia materialmente sia con le preghiere, è un motivo quotidiano di gratitudine per noi.

Non sappiamo ringraziare abbastanza il Signore per le sue infinite benedizioni durante il 2015, arrivate per mezzo di tanti fratelli e sorelle in tutto il mondo. Una sola preghiera può aiutarci a risolvere un problema o a scrivere meglio ciò che prepariamo per la pubblicazione.

Il 2015 è stato un anno di prove per molti di voi, chi per malattia, chi per la perdita di una persona cara, chi per difficoltà finanziarie, chi per problemi di famiglia o anche di chiesa. Eppure, il Signore le ha conosciute tutte e le ha portate con noi. Il versetto che Maria Teresa ed io avevamo scelto prima del nostro matrimonio, per accompagnarci in tutta la vita è Salmo 68:19,“Sia benedetto il SIGNORE! Giorno per giorno porta per noi il nostro peso”. Ovviamente, posso testimoniare che è stato proprio così.

Ci rallegriamo anche per lo spirito di collaborazione e di impegno che regna fra di noi in ufficio, fra me, Davide, Loredana, Katia, Erkki e Filippo, mentre il Signore provvede e ci assiste ognuno nel proprio lavoro, come anche nel nostro tempo di studio biblico ogni mercoledì, in cui preghiamo spesso per tutti voi e per le richieste di preghiera che riceviamo per posta, per telefono o per e-mail.

  • Quest’anno il Signore ci ha permesso di scrivere e stampare 80.000 copie dell’edizione evangelistica della VOCE del VANGELO “Le bugie più amate”, che voi ed altri avete distribuiti.
  • Ci ha permesso di provvedere 569 copie dei corsi di studio biblico per corrispondenza.
  • Ci ha permesso di spedire 1308 libri a chi li ha ordinati.
  • In più, ci ha permesso, per mezzo di doni speciali, di preparare e stampare 100.000 copie dell’opuscolo in cinque lingue “Il pane inaspettato” da distribuire a Milano e altrove, in occasione dell’EXPO con il tema del cibo.
  • E proprio ora ne stiamo preparando un altro dal titolo “Vogliamo vedere Gesù” (sempre in cinque lingue) per la distribuzione durante il “Giubileo misericordia 2015 - 2016” della Chiesa romana. E ne potremmo stampare ancora più copie se ne ricevessimo delle richieste in tempo utile.
  • Abbiamo scritto, stampato e spedito oltre 16.000 copie della VOCE del VANGELO.
  • Poi, ringraziamo il Signore per le decine di migliaia di persone che cercano aiuto spirituale nelle letture, libri e corsi che proponiamo sul nostro sito internet www.istitutobiblicobereano.org dove potrete leggere tanti scritti e articoli di Maria Teresa e miei pubblicati nel passato ma sempre attuali.


Ora stiamo già lavorando per il 2016, in cui aspettiamo benedizioni ancora più grandi, perché il Signore è con noi e le sue possibilità sono… illimitate, senza inizio né fine. Le tue preghiere e i doni che Dio ti permetterà di offrire sono una parte importante di questi incalcolabili benefici. Lodiamo e ringraziamo il Signore anche per le benedizioni ancora nascoste, che tu e noi vedremo nel 2016!
Con affetto fraterno,

Guglielmo Standridge


La VOCE novembre 2015

Le fotografie sono davvero sconvolgenti: persone anziane, madri con bambini piccoli, e folle di giovani pronti a ribellarsi e protestare con rabbia se non saranno trattati bene. Sono in viaggio, ma non sanno dove vanno né se arriveranno mai a una qualche destinazione. Tutto sembra lasciato al caso.
E poi le salme di grandi e piccoli recuperate in mare spesso senza neanche un documento addosso per essere identificate, così da rendere impossibile rintracciarne parenti per far sapere dove sono finiti i loro cari…
Le crude immagini di migliaia di persone che si avviano lungo le rotaie di qualche ferrovia abbandonata, fanno pensare che mai e poi mai questa gente, senza nome e senza passato, troverà un’accoglienza decente, una casa, un lavoro e una vita di pace in un’Europa che non li vuole.
Ma che mondo è questo nostro, che spinge milioni di persone ad una ricerca alla cieca di protezione, aiuto, soccorso, di una nuova patria e di una vita dignitosa? Non posso guardarle senza provare un profondo disagio, perché non saprei dire loro come fare, o cosa fare, per rifarsi una vita.
E se neanche il governo, o lo sforzo collettivo di tanti Paesi messi insieme, riuscisse ad aiutare questi milioni di immigranti illegali a trovare, soprattutto per i loro figli, un pezzo di terra o una casa da cui ricominciare?
Possiamo noi, come credenti, abbandonare queste persone alla loro sorte, senza speranza e senza aiuto?  Pensiamo…


MA COSA TI ASPETTAVI?

Ma finiranno mai le guerre, le ribellioni e le persecuzioni? La gente trova la morte oramai a migliaia, non solo nei bombardamenti, non solo decapitata in ginocchio sulla spiaggia, ma anche sulle barche e sui gommoni con cui tenta di sfuggire alla morte.

Mentre parlava ai suoi discepoli di futuri disastri di ogni tipo, Gesù voleva anche incoraggiarli dicendo: “Voi udrete parlare di guerre e di rumori di guerre; guardate di non turbarvi, infatti bisogna che questo avvenga, ma non sarà ancora la fine.
“Perché insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno; ci saranno carestie e terremoti in vari luoghi; ma tutto questo non sarà che principio di dolori. Allora vi abbandoneranno all’oppressione e vi uccideranno e sarete odiati da tutte le genti a motivo del mio nome. Allora molti si svieranno, si tradiranno e si odieranno a vicenda” (Matteo 24:6-10). Ecco come Gesù ha descritto gli ultimi tempi: pericoli e morte, anche per i cristiani.

Non avrai mica creduto che il mondo sarebbe andato avanti sempre allo stesso modo, malgrado la corruzione, l’immoralità e l’omicidio di milioni di bambini non ancora nati? Malgrado l’adorazione di idoli e statue di ogni tipo – la follia degli stolti che Dio giudicherà perché Lo odiano? Pensavi che fosse possibile non solo ignorare il Creatore e bestemmiare il suo nome, ma addirittura ribellarsi a Lui e innalzare l’uomo peccatore come dio? No, non è possibile!

Credevi che i turbamenti internazionali, la crudeltà grossolana e spicciola, l’egoismo dei capi dei governi e delle industrie che servono solo se stessi, la depravazione dei pedofili, degli stupratori di bambine e della gente che per pochi euro ammazza le vecchiette potrebbero tutti continuare per sempre, andando di male in peggio? No! Non è possibile!

Finché esiste un Dio santo e onnipotente, finché esiste un Dio sovrano e giusto, il male non potrà protrarre all’infinito la sua insana e disumana corsa. Però, quando Dio interverrà in tutta la sua potenza e giustizia, non saranno giudicati soltanto i grandi corruttori e i signori della malvagità, ma anche ogni essere umano che si compiace della propria “piccola” ingiustizia, immoralità e orgoglio.

Dio giudicherà non solo i criminali, ma anche i credenti che si sono fatti una religione a proprio piacere e consumo. Giudicherà non solo i bestemmiatori, ma anche tutte le persone che pregano ogni giorno a qualsiasi essere o immagine che non sia Dio. La gente ingannata spera di meritarsi, con preghiere, processioni e riti, con novene, oboli e rosari, ciò che desidera. Ma sono tutte cose che Dio non ha mai chiesto o approvato. No, no! Anche queste saranno giudicate!

Perciò, ho un profondo dolore per gli immigranti sofferenti, ma anche per la gente “per bene”. Vorrei tanto che qualcuno offrisse un bicchiere d’acqua a chi ha sete, ma anche che tu offrissi il vangelo a chi prega e fa opere di sacrificio per meritarsi il perdono e la salvezza! Gesù Cristo è stato il perfetto e l’unico sacrificio per il peccato gradito a Dio, e da duemila anni è il Salvatore di ogni persona che crede in Lui solo, e confessa i propri peccati non a un uomo, ma a Cristo stesso.

Se tu puoi offrire un bicchiere di acqua a chi ha sete, fallo! Se puoi offrire o pagare un letto per chi non ha un tetto, fallo! Ma se tu puoi dire la verità con amore a chi soffre e lotta cercando e illudendosi di guadagnarsi la salvezza, fallo! E se puoi offrire un Vangelo a chi non l’ha letto, fallo!

E, nel frattempo, prega per gli uni e per gli altri. Questa è la volontà di Dio.

Guglielmo Standridge


Non è un piano umano

Nessun essere umano poteva mettere a punto un progetto tanto perfetto, generoso, potente e amorevole come lo è il piano divino di perdonare i peccati e salvare il peccatore, facendo di lui un figlio di Dio stesso.

Nell’Apocalisse è scritto di una grande festa in cui si canterà gloria al Salvatore Gesù, l’Agnello di Dio che si è sacrificato per i nostri peccati. “Essi cantavano un cantico nuovo, dicendo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai acquistato a Dio, con il tuo sangue, gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e ne hai fatto per il nostro Dio un regno e dei sacerdoti; e regneranno sulla terra»” (Apocalisse 5:9,10).

Gesù Cristo, il Figlio di Dio, è morto per portare in paradiso, come trofeo e trionfo della Grazia, gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione. Nessuno dimenticato! Nessuno troppo cattivo, troppo ignorante, troppo lontano da Dio!
Chi sa che Dio non stia raccogliendo in Europa queste masse di immigranti che nei loro paesi d’origine non hanno mai potuto ascoltare il Vangelo, proprio affinché incontrino qui quel credente che testimonierà loro di Cristo e della sua salvezza! Sappiamo soltanto che attualmente, a motivo delle grandi difficoltà e pericoli nei loro paesi, centinaia di migliaia di persone cercano rifugio tra noi.

Preghiamo per chi, in ogni nazione, potrà testimoniare loro, che lo faccia con serietà e amore. E preghiamo anche che siano salvati in gran numero questi immigranti da molte nazioni, lingue, tribù e popoli, prima che il Signore torni a prendere la Chiesa con sé.

Forse sarai tu a testimoniare a qualcuno di loro!

Lo avete fatto a me

«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso. E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli della sua destra: “Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v’è stato preparato fin dalla fondazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto? O nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?”
E il re risponderà loro: “In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me”. (Matteo 25:31-40)

La VOCE ottobre 2015

“Mario, non entrare nell’acqua!” “Mario, t’ho detto di non entrare nell’acqua!”
“Mario!! Hai capito che devi stare lontano dall’acqua?”
“Che devo fare per farti obbedire?”
“È possibile che ogni giorno sia la stessa storia?!”
“Ora che sei entrato in acqua, resta vicino alla riva!”

Tutti i giorni, scene come queste, sono sotto gli occhi di tutti. Si ripetono ovunque: nei negozi, per strada, a scuola e in casa. I genitori sembrano ormai aver perso l’abilità – e anche la volontà! – di educare i figli. Certe volte, osservando scene del genere, mi viene voglia di dare un paio di sculacciate. Non ai figli. Ai genitori!
È penoso vedere la totale incapacità dei genitori, credenti inclusi, di controllare i propri figli. E quel che è ancor più triste è che spesso lo si vede proprio in chiesa.
A volte si ha la sensazione che i genitori siano più preoccupati per la “brutta figura” che fanno a causa del comportamento dei figli in pubblico, che per il danno che arrecano ai propri bambini  per non saperli disciplinare.
Il problema è che l’educazione dei figli non può essere relegata ai momenti in cui si comportano male in pubblico. Deve cominciare a casa.

Continua a leggere: troverai insegnamenti importanti!


IN PUBBLICO COME A CASA

Dio ha detto chiaramente che i genitori sono responsabili dell’educazione dei loro figli. Ma molti genitori,  soprattutto neo papà e mamme, pensano di poterlo fare senza dover pianificare il buon uso del tempo a casa. E poi si stupiscono degli scarsi risultati. Le seguenti 9 false speranze sono alcune delle stolte aspettative che i genitori pensano di ottenere senza un granché da parte loro. Non sono in ordine d’importanza, ma dovrebbero farci riflettere.

1    Che i figli sappiano come comportarsi senza essere educati dai genitori.
Per alcuni genitori ricorrere al baratto sembra l’unico modo per ottenere l’obbedienza. “Stai buono adesso e poi la mamma ti dà…” “Se la smetti di fare capricci andremo a prendere il gelato.” Il problema è che lo scambio deve diventare sempre più vantaggioso per i figli. Ma la lezione che imparano più in fretta è che il gelato, prima o poi, arriva lo stesso.
 “Ascolta, figlio mio, l’istruzione di tuo padre e non rifiutare l’insegnamento di tua madre” (Proverbi 1:8). I figli devono imparare ad ascoltare e seguire le istruzioni senza baratti e ricatti. Lo faranno, se i genitori si esprimono con loro in modo chiaro e coerente.

2    Che i figli si comportino in pubblico in modo diverso da come fanno a casa.
Sembra scontato? Ma pensaci: se aspetti che sia l’imbarazzo per un comportamento scorretto di tuo figlio in pubblico a farti interessare della sua educazione, hai perso in partenza!
Dio ha comandato ai genitori, specialmente ai padri di essere coinvolti nell’istruzione dei figli. “Questi sono i comandamenti, le leggi e le prescrizioni che il SIGNORE, il vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica […] così che tu tema il tuo Dio, il SIGNORE, osservando, tutti i giorni della tua vita, tu, tuo figlio e il figlio di tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandamenti che io ti do, affinché i tuoi giorni siano prolungati” (Deuteronomio 6:1,2).
Se i figli non imparano ad obbedire a casa, non lo faranno in pubblico. Se a casa non ci sono regole a cui devono sottostare, sarà difficile convincerli che ce ne siano fuori casa. Se la parola dei genitori non ha peso a casa, tanto meno ne avrà quando si esce di casa.

3    Che i figli conoscano Dio senza essere istruiti a casa.
Far conoscere Dio ai figli è un compito che Lui stesso ha affidato specialmente ai genitori! Sentirsi inadeguati o impreparati in questo, non dà il diritto di relegare l’insegnamento biblico ad altri, alla chiesa o alla scuola domenicale. La cura spirituale di tuo figlio è compito tuo. Prima cominci a farlo, migliore sarà il risultato.
“Tu amerai dunque il SIGNORE, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze. Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai” (Deuteronomio 6:5-7).
È sottinteso che i genitori stessi amino il Signore con tutto il cuore e vivano in piena dipendenza da questo amore che trasforma le loro priorità e guida ogni comportamento quotidiano. Sperare che i figli imparino ad amare Dio senza una cura attenta e costante da parte dei genitori è da stolti.

4    Che i figli amino la chiesa se i genitori non la frequentano regolarmente.
Molti genitori sono sorpresi quando i figli, arrivati a una certa età, perdono l’interesse per la chiesa e smettono di andarci. Ma in tutti questi anni, cosa avranno trasmesso ai figli, non tanto a parole, ma con i loro comportamenti? Che è più importante riposare che andare in chiesa? Che la casa, lo svago, lo sport ha la precedenza? Che la frequenza regolare è un’opzione? E che è normale criticare il messaggio, le guide, la musica e le persone al ritorno a casa?
“Facciamo attenzione gli uni agli altri per incitarci all’amore e alle buone opere, non abbandonando la nostra comune adunanza come alcuni sono soliti fare, ma esortandoci a vicenda; tanto più che vedete avvicinarsi il giorno” (Ebrei 10:24,25). Come fai a dimostrare il tuo amore per la Parola e per gli altri credenti, se non li frequenti?

5    Che i figli abbiano le giuste priorità se i genitori non le hanno.
Se chiedessi ai tuoi figli quali sono le tue priorità nella vita, cosa direbbero? Amarsi a vicenda? Rispettarsi? Per il marito sacrificarsi per la moglie? Per la moglie sottomettersi al marito? Amare il Signore? Crescere spiritualmente? La santificazione?
L’ipocrisia dei genitori, insieme alla incoerenza, è il deterrente numero uno nell’istruzione dei figli. Salomone attesta: “Insegna al ragazzo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà” (Proverbi 22:6). Ogni genitore spera che nel tempo gli sforzi e le lacrime portino frutto. Le nostre azioni fanno parte dell’insegnamento quanto le nostre parole.

6    Che i figli adolescenti trovino piacere a parlare con i genitori se non l’hanno mai fatto prima.
In molte famiglie tutti e due i genitori lavorano. Trovare il tempo insieme in famiglia, ricavarsi spazi nella vita dei figli diventa difficile. I bambini oggi interagiscono molto di più con la TV, l’ipad e il cellulare di quanto lo facciano con i genitori. Non permettere che altri abbiano più influenza di te sui tuoi figli! Fermati e chiediti quanto sono influenzati dalla scuola, da ore e ore di TV e dagli amici. Alla luce di queste realtà, puoi fidarti a occhi chiusi di quello che stanno imparando?
Sii presente nella vita di tuo figlio e dimostragli che sei interessato a quello che lui pensa. Dio lo fa amorevolmente con noi: “Io ti istruirò e ti insegnerò la via per la quale devi camminare; io ti consiglierò e avrò gli occhi su di te” (Salmo 32:8).

7    Che i figli ubbidiscano se non ci sono conseguenze alla disobbedienza.
“Chi risparmia la verga odia suo figlio, ma chi lo ama, lo corregge per tempo” (Proverbi 13:24). Due aspetti fondamentali sono evidenti in questo testo: il primo è che la disobbedienza senza le dovute conseguenze non solo è grave, ma è in realtà un modo di odiare il figlio. Il secondo è che la disciplina va applicata per tempo. Minacciare i figli disobbedienti con una punizione che non si intende infliggere non serve a niente. I figli hanno bisogno di imparare che tutte le loro azioni hanno delle conseguenze. Questo è amore: istruire, mettere paletti, fissare limiti e insegnare le conseguenze chiare e immediate della disobbedienza.
Dare regole ai figli, esigere l’obbedienza e punire le disobbedienze sono elementi importanti per rendere il terreno fertile per la presentazione del Vangelo. Al contrario, vivere in una famiglia dove non si hanno regole chiare e dove la ribellione non ha conseguenze, non prepara il cuore del bambino alla verità del peccato, del castigo e della salvezza.

8     Che i figli non diventino ribelli se sono educati male.
Le persone più frustrate dal cattivo comportamento dei figli sono proprio i genitori. Dopo ripetuti ordini caduti su orecchi sordi, anzi, seguiti da ostinata disobbedienza, i genitori cedono e danno libero sfogo a reazioni spropositate: grida, schiaffi e minacce fuori posto. “E voi, padri, non irritate i vostri figli, ma allevateli nella disciplina e nell’istruzione del Signore” (Efesini 6:4).
Parole dettate dalla frustrazione, minacce esagerate e punizioni inflitte perché si è in collera non producono i risultati desiderati. Dio dice che allevare i figli è qualcosa che si fa giornalmente nell’istruzione e disciplina attenta.

9    Che i figli sappiano le buone maniere a tavola se a casa non si mangia insieme.
Una volta ero seduto a tavola accanto a due famiglie con quattro figli tra i due e i sei anni. Il pranzo è stato lento, ma i figli sono stati seduti tutto il tempo ed hanno mangiato senza gridare o creare trambusto. Sembra irreale? Come ci sono riusciti i genitori? Tutti e due erano coinvolti nel tenerli buoni e si erano preparati con giochini per i tempi d’attesa tra una portata e l’altra.
Molte famiglie hanno perso la sana abitudine di mangiare tutti insieme. Le buone maniere si imparano a casa, dai genitori uniti che vogliono piacere al Signore anche nelle piccole cose.
L’educazione dei figli comincia a casa. Comincia con decisioni che mamma e papà prendono insieme e portano avanti con costanza e coerenza. È una responsabilità ricevuta dal Signore. Non svolgere bene questo compito sarà la loro vergogna. “La verga e la riprensione danno saggezza; ma il ragazzo lasciato a se stesso, fa vergogna a sua madre” (Proverbi 29:15).


Non volevo creare rigetto...

Maria parlava con Carla che l’ascoltava stupita. Diceva che non forzava i suoi ad andare a scuola. Marco, il più piccolo, ci andava ancora con piacere tutti i giorni. Ivano, che adesso faceva la prima media, era pronto ad andarci per gli amichetti, ma non faceva mai i compiti e non studiava perché non ne vedeva il valore. Preferiva i videogiochi. Luca, invece, da tempo non frequentava più la scuola. Non gli andava, punto e basta.
Maria spiegava che non voleva forzare i figli. Studiare è qualcosa di personale, ad alcuni va, ad altri no. Costringerli poteva solo renderli ribelli e creare un rigetto. Quando sarebbero stati più grandi avrebbero deciso da soli se studiare o meno, ma solo se ne avessero sentita l’esigenza. Certo, avrebbe preferito che studiassero, ma temeva il rigetto.

Una storia inverosimile che però si ripete regolarmente in un altro campo: andare in chiesa. Discorsi di questo tipo li sento continuamente. La paura di promuovere ribellione se si forzano i figli ad andare in chiesa. Ma la realtà è che, secondo la Bibbia, i bambini, come tutti i non credenti, sono già ribelli! Forzarli ad andare in chiesa non crea ribellione, assecondarli, invece, promuove la loro ribellione innata. L’unica speranza è che il Signore parli ai loro cuori. Solo ascoltando la Parola di Dio il messaggio del Vangelo può penetrare i cuori. “Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo” (Romani 10:17).

Obbligare i figli ad andare in chiesa non crea più danno di quanto lo crei forzarli a lavarsi i denti o andare a scuola. Forse abbiamo perso di vista le nostre responsabilità o abbiamo permesso che il mondo ci crei delle paure infondate.
Ogni genitore credente deve pregare per i propri figli e deve esporre loro al Vangelo con coerenza e con costanza. Non c’è messaggio più importante che un genitore possa dare loro.

Davide Standridge

 

La VOCE settembre 2015

“A dire la verità, se mi mettono in una buca sottoterra, quando muoio, mi basta. Al dopo non ci posso credere.”
Il giovane al bar era ben vestito e simpatico. Mi era stato presentato pochi minuti prima da un amico comune. Eravamo seduti al tavolino insieme per prenderci il caffè.
“Si capisce che sono cattolico. Ho fatto tutti gli studi fino al liceo dai preti. Ma oramai ai diavoletti e all’inferno ci credono solo i bambini e gli imbecilli. Voglio dire, sono racconti religiosi per spaventare la gente, ma non servono più. Dubito pure che i preti stessi ci credano.”
Non potevo dargli torto, anche se io sono uno di quegli “imbecilli”. Mi ricordo che quando ero giovane l’inferno, il purgatorio, il diavolo e gli esorcismi erano dei veri spauracchi. Forse alcuni dei vecchi non credevano a tutto, ma le donne e i bambini sì. Eppure i vecchi spesso pensavano che non si faceva male a tenere buono Dio, perché anche chi non credeva all’inferno non aveva la certezza provata che non poteva esserci “qualcosa” dopo la morte.
Ma, come stanno i fatti?


SALVATI DA CHE COSA?

Cominciamo dal principio. Dio, all’inferno, ci crede. Egli aveva mandato in terra il suo unico Figlio, perché questi vivesse come uomo, morisse come uomo, portasse tutti i nostri peccati e li espiasse pagando completamente il conto che noi dovevamo pagare, e risuscitasse vincitore, per un solo motivo. Perché l’inferno è reale. Se non lo fosse, Gesù non sarebbe venuto.

Gesù stesso aveva dichiarato apertamente il motivo per la sua venuta: [Io sono] venuto per cercare e salvare ciò che era perduto” (Luca 19:10).
Salvare da che cosa? Dal giudizio di Dio e dalla pena eterna nell’inferno. L’umanità aveva urgente bisogno di una salvezza, perché “tutti hanno peccato” (Romani 3:23). Perché “il salario del peccato e la morte” (Romani 6:23). Perché “dopo la morte viene il giudizio” (Ebrei 9:27).

Secondo la Bibbia, il “giudizio” significa sia il momento in cui uno viene giudicato, sia la sentenza del giudizio: “Una terribile attesa del giudizio e l’ardore di un fuoco che divorerà i ribelli” (Ebrei 10:27). Qui la parola “divorare” è usata in un senso figurativo per il dolore, e non significa consumare.
Infatti, le descrizioni dell’inferno nel Nuovo Testamento sono di solito allusioni e frasi descrittive più simboliche che letterali, perché le realtà dell’inferno sono al di là delle esperienze di questa vita. Perciò Gesù ne ha parlato usando parole specifiche che indicano una grande sofferenza: “Saranno gettati nelle tenebre di fuori. Là ci sarà pianto e stridor di denti” (Matteo 8:12). “Così avverrà alla fine dell’età presente. Verranno gli angeli, e separeranno i malvagi dai giusti e li getteranno nella fornace ardente. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti” (Matteo 13:49,50). Ha usato la stessa identica espressione ancora in Matteo 22:13; 24:51; 25:30 e in Luca 13:28. Chiaramente, con queste parole dure e inequivocabili, il Salvatore Gesù ha voluto spiegare a tutti esattamente da che cosa l’uomo perduto deve essere salvato.
E ha precisato anche la durata della punizione dei condannati e della gioia dei salvati: “Questi se ne andranno a punizione eterna; ma i giusti a vita eterna” (Matteo 25:46).

Così, la Parola di Dio afferma l’esistenza di un luogo di tormento eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli, destino finale di ogni uomo e donna che non si ravvede.

Ma cosa ha detto Gesù del purgatorio, dell’idea che una persona debba essere punita solo per un tempo più o meno lungo prima di poter raggiungere il paradiso ed essere salvata? Non ne ha detto assolutamente nulla! Come neanche gli apostoli e gli scrittori del Nuovo Testamento ne hanno scritto nulla, perché non si tratta di una dottrina biblica, ispirata da Dio.

Parlando ai suoi discepoli, Gesù ha raccontato di un peccatore che, dopo esssere morto, aveva chiesto che le sue sofferenze fossero in qualche modo ridotte di intensità, ma gli è stato risposto che era impossibile, perché “Fra noi e voi è posta una grande voragine, perché quelli che vorrebbero passare di qui a voi non possano, né di là si passi da noi” (Luca 16:26).

Il fatto che Gesù, Figlio di Dio, incarnato per rivelarci il Padre e le sue opere, abbia parlato spesso del terribile destino dei non salvati, significa che non si tratta di “racconti di preti per spaventare la gente”, ma di verità che bisogna credere e di cui ogni essere umano dovrebbe tenere conto.

Se poi, il pensiero dell’inferno ti spaventa, è una paura sana, come qualsiasi paura che ci fa agire con attenzione e cautela in caso di pericolo.
Solo in Gesù e nella sua Parola, vi è la possibilità di evitare la condanna di Dio.


Il credente e l'inferno

Come deve agire, o reagire, il credente all’insegnamento di Gesù e degli apostoli sulla punizione eterna di tutti quelli che non sono nati di nuovo nella famiglia di Dio? Ovviamente non può ignorare il fatto che la Bibbia ne parli, né far finta che sia un argomento da non trattare nella società perbene. È una realtà che occupa un posto importante nella rivelazione biblica.

L’esistenza stessa dell’inferno e la certezza della punizione definitiva del male, rivelano la completa giustizia e la santità di Dio. Quale Dio potrebbe tollerare tutto il male che esiste sulla terra, lasciarlo correre liberamente e non punirlo mai? I non credenti dicono spesso che Dio non è buono, perché permette il male. Avrebbero ragione se Egli non ne tenesse conto e non lo punisse. Ma la giustizia propriamente giusta, e non come quella umana, esiste e sarà rivelata pienamente e messa in atto, forse anche molto prossimamente. 

Quale sarà l’atteggiamento del credente e come reagirà davanti a queste verità?

  1. Loderà e ringrazierà Dio costantemente, come lo farà un giorno in cielo, per aver provveduto la via della salvezza per mezzo della morte e la risurrezione di Cristo per tutti coloro che hanno peccato e sono meritevoli della condanna, ma che, per la sua grazia mediante la fede, sono salvati eternamente.
  2. Guarderà al mondo e a tutta l’umanità con profondo dolore e grande misericordia, come fa Dio. Pregherà per la salvezza dei perduti e evangelizzerà fedelmente con sacrificio, perché ognuno possa sentire il messaggio della grazia di Dio e della salvezza che Egli ha realizzato.
  3. Vivrà moderatamente, giustamente e santamente, come Paolo ha scritto a Tito, in modo che la sua vita, insieme alla vera chiesa, sia una testimonianza costante contro il peccato e l’ingiustizia che regnano nel mondo.
  4. Avviserà chi si definisce un cristiano che non bastano le parole, le preghiere, le buone opere o i miracoli per dimostrare che si è veramente cristiani. Gesù disse: “Molti mi diranno in quel giorno: «Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?» Allora dichiarerò loro: «Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!»” (Matteo 7:22,23).

Vendette e retribuzioni

Un giorno Dio porrà fine al male e al peccato. Il suo giudizio sarà santo, giusto, saggio ed eterno. Questa certezza dovrebbe aiutarci, come credenti, a reagire in modo biblico alle ingiustizie che subiamo da parte dei prepotenti. Che il mondo sia pieno di iniquità non sorprende. Il Signore ci ha avvertito che avremmo vissuto la realtà della tribolazione, ma ha detto anche che dobbiamo farci coraggio, perché Egli ha vinto il mondo.

Non c’è difficoltà o afflizione che Dio nella sua saggezza non abbia permesso. Egli sa perché le permette e vuole che anche queste producano in noi benefici spirituali. Vuole farci maturare, vuole insegnarci a dipendere da Lui e vuole prepararci per aiutare gli altri.

L’Apostolo Paolo ricordava ai credenti di non reagire male al torto subito: “Non fate le vostre vendette, miei cari, ma cedete il posto all’ira di Dio; poiché sta scritto: «A me la vendetta; io darò la retribuzione», dice il Signore. Anzi, «se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo». Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” (Romani 12:19-21). Non solo dobbiamo rinunciare al vendicarci da soli ma, oltre a ciò, dobbiamo reagire con amore, come ha fatto Gesù.

Il male che subiamo è spesso doloroso, possiamo però contare sul fatto che Dio ne è pienamente cosciente e saprà dare a ciascuno la giusta retribuzione. Per coloro che non si pentono, l’ira di Dio rimane sopra di loro (Giovanni 3:36). Paolo avverte solennemente chi pecca che “con la tua ostinazione e con l’impenitenza del tuo cuore, ti accumuli un tesoro d’ira per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio. Egli renderà a ciascuno secondo le sue opere” (Romani 2:5,6).

Nel frattempo Dio ci comanda di non stancarci di fare il bene. Sapere che l’inferno esiste deve essere un deterrente per noi dal cercare le nostre vendette sulla terra e uno sprone per raggiungere i perduti col vangelo. Dio sa quello che deve fare!

 

La VOCE luglio 2015

Ti sei preparato?

Dalla cucina arriva la voce della mamma mentre i figli stanno per uscire per andare a scuola: “Hai fatto tutti i compiti? Hai preparato lo zaino? Hai preso la ricerca? Sei pronto per il compito in classe? E la merenda?...”

TI SEI PREPARATO?
Lo sguardo della moglie si fa serio: “Dobbiamo essere sicuri che tutto è pronto per le vacanze. Le bollette sono state pagate? C’è chi da l’acqua alle piante? Nelle valigie c’è tutto? Hai preso i passaporti? Le prenotazioni sono a posto? La macchina è a posto?...”

TI SEI PREPARATA?
Il telefono squilla. “Il matrimonio è la settimana prossima”, dice la voce dall’altra parte. “Hai comprato il vestito e le scarpe? Cosa hai regalato agli sposi? Sapete come andarci?...”

TI SEI PREPARATO?
È una frase che si ripete più volte alla settimana in una famiglia. Spesso tocca alla moglie, alla mamma, doversi preoccupare per tempo ed essere sicura che tutto sia in ordine.
Ma c’è un tipo di preparazione specifica per tutta la famiglia, la cui guida spetta al marito, al padre. Sai qual’è?


La preparazione è maschia

Il nostro privilegio come credenti – e la nostra responsabilità! – è di frequentare gli incontri della chiesa, ma lo sapevi che, secondo la Bibbia, bisogna prepararsi in modo appropriato?
Oggi sembra che ritagliare un tempo per andare al culto richieda un grande sforzo. Troppo spesso ci si accontenta di arrivarci trafelati, magari durante i primi canti, cercando di far meno rumore possibile per non distrarre gli altri. Arrivare in orario sarebbe già un grande successo, figuriamoci arrivarci preparati! Ma la Bibbia insegna che prepararsi per andare in chiesa fa parte dell’adorare Dio nel modo in cui gli è gradito.

PREPARATI PER ASCOLTARE LA PAROLA DI DIO

“Mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi. Perché, se uno è ascoltatore della parola e non esecutore, è simile a un uomo che guarda la sua faccia naturale in uno specchio; e quando si è guardato se ne va, e subito dimentica com’era. Ma chi guarda attentamente nella legge perfetta, cioè nella legge della libertà, e in essa persevera, non sarà un ascoltatore smemorato ma uno che la mette in pratica; egli sarà felice nel suo operare” (Giacomo 1:22-25).
Il punto centrale degli incontri della chiesa locale è l’insegnamento della Parola di Dio. Solo attraverso la lettura, spiegazione e applicazione della Bibbia il credente può conoscere il pensiero di Dio.
Dio si aspetta che arriviamo in chiesa con l’atteggiamento giusto: il cuore pronto ad ascoltare, non solo delle informazioni, ma verità eterne che, se messe in pratica, produrranno cambiamenti nella nostra vita.
Mentre si ascolta la spiegazione delle Scritture, è bene farsi delle domande specifiche: In questo testo biblico è descritta qualche caratteristica di Dio? C’è qualche promessa che dovrei ricordare? C’è qualche insegnamento che devo mettere in pratica? Quale comportamento devo cambiare? O un peccato che devo confessare?
La preparazione comincia già il sabato! Arrivare stanchi e mezzo addormentati perché abbiamo fatto tardi la sera prima, non rende più facile l’ascolto della Parola di Dio, anzi. Mariti e padri, la cura spirituale della vostra famiglia è una vostra responsabilità. Come state aiutando i vostri cari ad arrivare preparati e pronti per ascoltare?

PREPARATI PER SERVIRE

“Facciamo attenzione gli uni agli altri per incitarci all’amore e alle buone opere, non abbandonando la nostra comune adunanza come alcuni sono soliti fare, ma esortandoci a vicenda; tanto più che vedete avvicinarsi il giorno” (Ebrei 10:24,25).
Questi versetti sono spesso citati per “obbligare” le persone a frequentare le riunioni, ma una lettura più attenta rivela che non è lo scopo finale di questo passo. In chiesa ci andiamo, non per fare presenza, ma per svolgere il ruolo che Dio ha affidato a ognuno. E non tanto per ricevere, quanto per dare. Qualunque sia il livello di conoscenza e di maturità, ogni credente dovrà arrivare alla riunione preparato e consapevole di esercitare un’influenza attiva nella vita degli altri credenti. Prima ancora di uscire di casa, prepariamoci a servire chiedendo al Signore di guidarci verso coloro che hanno bisogno di una parola di incoraggiamento o di esortazione nella loro vita spirituale.
Ma attenzione: È impossibile arrivare all’ultimo momento, o fuggire appena finisce la riunione, e sperare di essere
usati nella vita dei fratelli!
Mariti e padri, in che modo state preparando ogni membro della vostra famiglia per servire?

PREPARATI A DONARE FINANZIARIAMENTE

“Quanto poi alla colletta per i santi, come ho ordinato alle chiese di Galazia, così fate anche voi. Ogni primo giorno della settimana ciascuno di voi, a casa, metta da parte quello che potrà secondo la prosperità concessagli, affinché, quando verrò, non ci siano più collette da fare” (1 Corinzi 16:1,2).
Sembra che nelle chiese, per paura di essere fraintesi, non si parli molto del dare. Ma la Bibbia ne parla e afferma che per il credente il dare è sia una responsabilità, sia un privilegio.
Le nostre chiese sono piccole e spesso hanno difficoltà ad affrontare le spese. L’idea di sostenere finanziariamente anche i servitori del Signore diventa quasi impensabile.
Il Nuovo Testamento ha molto da dire su come e perché dare. Le istruzioni di Paolo ai Corinzi riguardo alla colletta mettono in chiaro che donare finanziariamente deve essere il risultato di una riflessione attenta, regolare, basata su quello che Dio provvede. È compito di ogni famiglia ragionare e decidere come usare le risorse di cui dispone.
In 2 Corinzi 9:7 Paolo scrive che bisogna dare gioiosamente. Donare è un modo concreto per adorare Dio. Scaturisce da una consapevolezza della cura di Dio e della conseguente gratitudine. Dev’essere fatto volontariamente, ma in segreto, senza mettersi in mostra.
È chiaro che bisogna affrontare le spese della sala, ma è altrettanto chiaro dalle Scritture che bisogna donare in modo da poter aiutare anche coloro che hanno bisogno, specialmente i credenti, e per sostenere chi insegna la Parola di Dio nella comunità (Matteo 6:1-4; Matteo 6:19,21; 1 Timoteo 5:17,18; 1 Giovanni 3:17; Galati 6:9,10).
Il principio biblico è che dovremmo lavorare per affrontare le nostre spese e poi per aiutare gli altri. “Chi rubava non rubi più, ma si affatichi piuttosto a lavorare onestamente con le proprie mani, affinché abbia qualcosa da dare a colui che è nel bisogno” (Efesini 4:28).
Mariti e padri, non è possibile seguire questi principi biblici se non ci si assume la responsabilità di guidare la famiglia a gestire i soldi in questo modo.

TI SEI PREPARATO?

Come credenti non possiamo pensare di andare in chiesa senza esserci preparati per tempo, perché adorare Dio comincia prima di varcare la soglia della sala della chiesa locale!


Missione sostenibile?

“Non abbiamo forse il diritto di mangiare e di bere? Non abbiamo il diritto di condurre con noi una moglie, sorella in fede, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa? O siamo soltanto io e Barnaba a non avere il diritto di non lavorare? Chi mai fa il soldato a proprie spese? Chi pianta una vigna e non ne mangia il frutto? O chi pascola un gregge e non si ciba del latte del gregge? … Se altri hanno questo diritto su di voi, non lo abbiamo noi molto di più? Ma non abbiamo fatto uso di questo diritto; anzi sopportiamo ogni cosa, per non creare alcun ostacolo al vangelo di Cristo. Non sapete che quelli che fanno il servizio sacro mangiano ciò che è offerto nel tempio? E che coloro che attendono all’altare, hanno parte all’altare? Similmente, il Signore ha ordinato che coloro che annunciano il vangelo vivano del vangelo”
—1 Corinzi 9:4-7,12-14

L’Apostolo Paolo aveva il sacrosanto diritto di essere sostenuto finanziariamente dalla chiesa di Corinzi. È stata una sua scelta di non avvalersene. Ma come mai sostenere chi predica sembra adesso una missione impossibile?
Molti di quelli che svolgono un ruolo di insegnante biblico nelle nostre chiese hanno, grazie a Dio, un lavoro secolare e non hanno bisogno di aiuto finanziario. Ma potrebbe essere questo uno dei motivi per cui spesso si tende a sottovalutare l’importanza della predicazione e dell’insegnamento nei nostri incontri? Se contribuissimo con i nostri soldi, saremmo più attenti a ciò che viene predicato?
Paolo, nella sua prima lettera, ricordava a Timoteo che le guide avevano il diritto di non solo essere sostenute, ma sostenute il doppio dai credenti a cui insegnavano la Parola di Dio (1 Timoteo 5:17).
L’insegnamento biblico nella chiesa è cruciale per la crescita dei credenti e per la protezione contro le false dottrine. È un compito serio che va svolto con grande cura. Ed è fondamentale che l’insegnante abbia la possibilità e il tempo necessario per prepararsi adeguatamente.
La tua comunità si prende cura finanziariamente di coloro che insegnano? Fate in modo che abbiano anche il tempo necessario per essere fedeli servitori che tagliano rettamente la Parola di Dio (2 Timoteo 2:15)? Un insegnamento superficiale, fatto di aneddoti e opinioni personali, non ha nessuna efficacia e utilità nella chiesa di Dio. La spiegazione pubblica delle Scritture deve essere il frutto di uno studio approfondito e serio che richiede tempo.
Se gli insegnati di una chiesa non hanno bisogno del sostegno economico e riescono a svolgere bene il loro compito, la chiesa ha il dovere di valutare se si conoscono altri servitori del Signore che si trovino nel bisogno. Paolo, nella sua lettera ai Filippesi (4:10-20), ricorda che sostenere i servi del Signore è una benedizione per coloro che lo fanno. Infatti questo servizio porta gloria a Dio e frutti spirituali.
La nostra preghiera deve essere che l’insegnamento e la predicazione nelle nostre chiese siano tenuti in alta considerazione, che coloro che insegnano siano rispettati e che lo possano fare nel miglior modo possibile.

 

La VOCE giugno 2015

La soluzione unica ai problemi del mondo

Sapevi che esiste? È un oggetto di valore inestimabile.
Eccone una brevissima descrizione vera e dimostrabile al cento per cento: “È perfetto, è veritiero, rende saggio il semplice; è limpido, illumina gli occhi, è puro, sussiste per sempre (cioè, non si consuma, non si esaurisce, non s’invecchia, non si trasforma: è eterno!).
Anzi, contiene solamente parole che “sono tutte quante giuste, rallegrano il cuore; sono verità, sono più desiderabili dell’oro, più di molto oro finissimo; sono più dolci del miele, di quello che stilla dai favi”.
Se hai capito che si tratta della più straordinaria raccolta di libri che esiste al mondo, sai bene di cosa parlo. Contiene cose che non esistono in nessun altro tesoro al mondo.

Il guaio è che proprio chi ne ha bisogno è convinto che non esista una verità simile, una risposta definitiva ai problemi personali, nazionali e mondiali. Il nemico, senza scrupoli e senza alcun senso morale, con menzogne infami ha ingannato tutti i popoli della terra. Nessuno riesce a trovare soluzioni, ma solo problemi che aumentano e si ingrandiscono pericolosamente, creando paura, terrore e disperazione.
La soluzione c’è e la gente non lo sa! Potresti tu collaborare con me nel compito più meritorio e entusiasmante che esiste? Portare, cioè, questo tesoro alla conoscenza di più gente possibile? Ecco, mi spiego. Continua a leggere.


La Parola di Dio è sorpassata?

Attenti ai venditori di saponette! O di tappeti orientali! O di nuove dottrine! Senza minimamente voler offendere chi vende sapone o tappeti, a volte, l’eccessivo entusiasmo del venditore per i suoi prodotti può mascherare un inganno.

Non esiste alcun motivo per dubitare che la Parola di Dio, tale e quale come la copia che teniamo in mano – il Nuovo Testamento scritto circa duemila anni fa e l’Antico Testamento scritto addirittura seimila anni fa – sia attuale, veritiera o efficace.
Oggi si propongono nuovi modi di predicare, nuovi metodi di interpretare le Scritture, nuove “scoperte” dal testo originale, che vorrebbero dimostrare che “l’antichità” deve essere rinchiusa nel museo o addirittura eliminata.
Niente di più sbagliato (se qualcuno che è stato ingannato lo affermasse) e niente di più ingannevole (se qualche venditore di “fumo” patentato lo proponesse).

L’Apostolo Paolo ha ribadito con certezza in che modo il giovane Timoteo, istruito da sua Mamma e sua Nonna nelle Scritture dell’Antico Testamento scritto migliaia di anni prima, poteva essere salvato. “Ma gli uomini malvagi e gli impostori andranno di male in peggio, ingannando gli altri ed essendo ingannati. Tu, invece, persevera nelle cose che hai imparate e di cui hai acquistato la certezza, sapendo da chi le hai imparate, e che fin da bambino hai avuto conoscenza delle Sacre Scritture, le quali possono darti la sapienza che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù” (2 Timoteo 3:13-15).

Paolo sapeva senza alcun dubbio che la Parola di Dio non invecchia, e che nemmeno una delle sue dottrine diventa sorpassata. Perciò Timoteo poteva essere salvato non solo per mezzo di quelle parole, ma addirittura soltanto per mezzo di quelle parole, e non per le parole ingannevoli di chi le screditava mettendole in dubbio.

Paolo insisté inoltre che “Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (2 Timoteo 3:16,17).

Primo: Con la parola “ogni” Paolo ha affermato in modo inequivocabile, specifico e definitivo, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, che non esiste nelle Sacre Scritture una sola parola che non sia stata ispirata da Dio. Le parole sono lì perché Dio ha voluto che fossero lì, e perché Dio stesso garantisce che non affermano il falso.
Ovviamente, chi legge con cura le Sacre Scritture scoprirà che contengono citazioni di Satana, il Maestro bugiardo, e anche, a volte, di uomini increduli. Paolo non intendeva dire che le loro parole fossero vere, ma che l’affermazione delle Scritture che conteneva quelle parole false era invece un’affermazione vera.

Secondo: Paolo parlava soltanto di ogni Scrittura ispirata da Dio, e non di qualunque parola che qualsiasi persona, antica o moderna, spacciava come proveniente da Dio. Attraverso la storia, migliaia di falsi profeti hanno sostenuto che le loro strane predizioni, i loro incredibili sogni, le loro deliranti dichiarazioni fossero parola di Dio, ma ciò era ed è ovviamente falso. Non importa quanti seguaci abbiano o quante persone li credano. Paolo dice che soltanto le parole scritte nelle Sacre Scritture sono ispirate da Dio.

Terzo: Paolo afferma che ogni singola parola messa per iscritto e inclusa nelle Sacre Scritture è “ispirata da Dio”, in un modo miracoloso, impossibile da spiegare adeguatamente o da rifare. L’ispirazione esclude errori dell’autore umano. Non è un esercizio spirituale che l’autore ha cercato di svolgere con le sue forze per trascrivere più o meno fedelmente. Non è nemmeno una parola scritta da lui mentre un altro muoveva la sua mano o gli dettava quello che doveva scrivere. Ogni scrittore biblico ha scritto la frase usando il proprio vocabolario e stile di scrittura.

L’Apostolo Pietro spiega questo processo, che coinvolge sia Dio sia l’uomo, così: “Sappiate prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura proviene da un’interpretazione personale; infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo” (2 Pietro 1:20,21).

Le Sacre Scritture non sono frutto dei pensieri fortuiti, teorie, visioni umane, perché “nessuna profezia della Scrittura proviene da un’interpretazione personale” e “nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo”. La Bibbia non è nata dalla bravura di un uomo, per quanto dotato o intelligente, né dalle capacità di un indovino, un mago o un falso profeta, “ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo”. Mossi dal soffio dello Spirito, come una barca dal vento.

Per questo motivo, Paolo ha scritto a Timoteo due verità assolutamente necessarie di cui tenere conto. Primo, le Sacre Scritture sono perfettamente adatte in qualsiasi tempo e sono “utili a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia”, cioè a servire a tutti i bisogni della chiesa nel mondo. E, secondo, sono sufficienti perché qualsiasi uomo o donna che serve Dio sia “ben preparato per ogni opera buona” (2 Timoteo 3:16,17). Non esistono né mai esisteranno altri scritti che possano sostituire o “completare” il testo biblico.

Tu ed io, senza essere dei grandi professori di teologia, di psicologia o specialisti di lingue originali, possiamo fidarci della Bibbia e insegnarla ad altri.
Diamoci a fare!


POSSIAMO CREDERE! La BIBBIA è infallibile!

Proprio oggi, che esiste un bisogno impellente di verità, di conoscere e far capire la verità, di basare la propria vita sulla verità, aumenta la cecità, la sordità, l’incredulità.

La Parola di Dio o, per dirlo in modo insolito ma vero, le parole di Dio sono l’unica speranza per il mondo, per l’Italia, per noi, i nostri parenti e vicini. Infatti, “La fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo” (Romani 10:17). Gesù, pregando per i suoi discepoli, ha specificato che cos’è la verità: “Santificali nella verità: la tua parola è verità” (Giovanni 17:17).

Non stupisce che i non credenti, gli atei e coloro che si fanno influenzare dalle moderne teorie contro Dio, rinneghino e combattano la verità. Né che migliaia di persone, piuttosto ignoranti e malinformate, credano ciecamente a questi attacchi alla Parola di Dio, senza fare alcuna ricerca per conto proprio.

Stupisce invece che migliaia di persone, anche studiose, si dichiarino credenti e cristiane, mentre rinnegano spudoratamente quelle parti della Bibbia che non vanno d’accordo con le loro teorie, interpretazioni e pretese di conoscenze approfondite.
O che potrebbero offendere i loro colleghi, amici e collaboratori. E, per dirla tutta, danno fastidio al loro modo di vivere e comportarsi.

A questo punto, bisogna ammetterlo, alcuni credenti sinceri e timorati di Dio cadono nella trappola di non sentirsi abbastanza intelligenti o esperti da poter contraddire qualcuno che mette in dubbio una dottrina o un’affermazione della Bibbia. Così danno ragione ai lori pastori o insegnanti, pur ammettendo che alcune cose che professano ora non sono esattamente come sono state loro insegnate alcuni anni fa.

Potremmo gridare ad alta voce come ha fatto uno dei profeti di Dio: “«Alla legge! Alla testimonianza!» Se il popolo non parla così, non vi sarà per lui nessuna aurora!” (Isaia 8:20). In effetti, Isaia avvertiva che i credenti non devono dare retta a nessuno, né cercare consigli o insegnamento di nessuno che non si attiene strettamente alla Parola di Dio.

L’evangelista Luca lodava i nuovi credenti Ebrei della città greca di Berea per la loro attenzione vigile a ciò che veniva loro insegnato da Paolo: “Or questi erano di sentimenti più nobili (cioè, erano più disponibili a cercare la verità) di quelli di Tessalonica, perché ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano così” (Atti 17:11). Questi credenti non erano disposti ad accettare nessun insegnamento degli apostoli che contraddicesse “le Scritture” dell’Antico Testamento.

Credevano nell’Antico Testamento, l’autentica e infallibile Parola di Dio. Ogni dottrina predicata doveva essere confrontata e confermata da esso. Si potrebbe dire che i credenti bereani erano sia “aperti” che “chiusi”, aperti a ogni insegnamento chiaramente rivelato nell’Antico Testamento, ma chiusi a qualsiasi altro insegnamento – non importava da parte di chi – che non poteva essere confermato dalle Scritture.

Questo è ovviamente ciò gli Apostoli stessi hanno insegnato, approvato e promosso ed è l’unico modo per valutare la veridicità di qualsiasi dottrina proposta o insegnata oggi. Se non è conforme alle Sacre Scritture, compresi sia l’Antico che il Nuovo Testamento, non è Parola di Dio e nella Chiesa non merita né rispetto né fede, ma rifiuto e condanna. Senza indugi. Senza compromessi.

 

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