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La Voce del Vangelo

La VOCE dicembre 2022

Questa è la stagione dei presepi. È tradizione in molte case tirare fuori le scatole con gli addobbi natalizi, le statuine, le casette, le montagne, il muschio e il cielo stellato, e allestire la scena della Natività. 

I miei vicini di casa hanno una vera passione per il presepe. Ogni anno lo arricchiscono con casette nuove, luci particolari, fontanelle e mulini meccanici con acqua vera che scorre. Invece quello dell’altro mio vicino occupa buona parte dell’ingresso di casa. Non oso pensare a quanto tempo passi a costruirlo. E poi a smontarlo!

A Napoli c’è una via, la San Gregorio Armeno, lungo la quale si può respirare l’atmosfera natalizia anche in piena estate. Ci sono numerose botteghe di maestri presepiali che vendono tutto ciò che occorre per realizzare un presepe. Le loro statuette sono costruite a mano, e sono dei veri artisti. Tra i personaggi principali ci sono, com’è ovvio, i pastori, Giuseppe e Maria e il Gesù bambino. 

Alcune famiglie hanno l’usanza di portare l’immagine di Gesù alla messa di mezzanotte, di aspettare la benedizione del sacerdote e poi, finalmente, riportarlo a casa e completare il presepe.

Si stima che in media gli italiani spendano nel periodo natalizio circa 100 euro per un presepe. I più appassionati possono arrivare a spendere addirittura migliaia di euro. 

Certo, si spera che i veri credenti non facciano spese tanto folli per questo.

Per i credenti evangelici è ovvio prendere le distanze da ciò che non è biblico, per questo non seguono le tradizioni natalizie come fanno tanti altri. Ricordano e celebrano la nascita del Salvatore in modo diverso, ma anche loro rischiano di perdere il vero senso della venuta di Cristo. 

Nell’immaginario collettivo il Natale ruota intorno all’essere buoni e al volersi bene, suscitando sentimenti di affetto e dolcezza. Si pensa agli angeli, al bambinello appena nato, alla notte calma e stellata, ai pastori attoniti venuti ad adorare Gesù che dorme nella mangiatoia beato, innocente e ignaro di tutto.

Ma dietro a quella scena serafica si cela una realtà molto drammatica che non dobbiamo dimenticare.

La decisione che il Figlio di Dio doveva venire sulla terra per morire è stata presa dalla Trinità prima della fondazione del mondo. 

Prima ancora di creare i cieli e la terra, Dio sapeva che l’uomo e la donna, fatti gloriosamente a sua immagine e somiglianza, si sarebbero ribellati a Lui, scegliendo di dare retta a Lucifero.  

Nella Genesi, al capitolo 3, è descritta la caduta di Adamo e Eva nel peccato, e la maledizione che ha colpito l’intero universo a causa loro. Tutto il male che c’è nel mondo oggi è il risultato della ribellione a Dio dei nostri progenitori. 

Il peccato permea ogni ambito della società, distrugge i rapporti umani e alla fine porta la conseguenza di un’eternità nell’inferno. 

Dio ha maledetto anche il diavolo: “Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno” (Genesi 3:15).

Gesù è la soluzione di Dio al problema, umanamente irrisolvibile, del peccato e di un’esistenza di sofferenza senza fine separati da Lui. Egli è venuto sulla terra pienamente consapevole che la sua stessa vita sarebbe stata immersa nel dolore e nell’umiliazione. Non era un bambino spensierato, ma Dio in terra che veniva a offrire la sua vita per redimere i peccatori.

Isaia, vissuto più di 700 anni prima della nascita di Gesù, aveva scritto di lui queste parole ispirate da Dio: 

"Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna.
"Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e umiliato!
"Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti.
"Noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di noi seguiva la propria via; ma il Signore ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti" (Isaia 53:3-6).

La sofferenza faceva parte del piano di Dio per Cristo, “l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo” (Giovanni 1:29).

All’inizio della sua attività pubblica, Gesù entrò nella sinagoga a Nazaret, e lesse quest’altro passo del profeta Isaia: "Lo Spirito del Signore è sopra di me, perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato per annunciare la liberazione ai prigionieri e il ricupero della vista ai ciechi; per rimettere in libertà gli oppressi, per proclamare l’anno accettevole del Signore."

“Poi, chiuso il libro e resolo all’inserviente, si mise a sedere; e gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui. “Egli prese a dir loro: «Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite»” (Luca 4:18-21).

Nell’affermare di essere l’adempimento delle parole del profeta, dichiarava di essere consapevole del motivo per cui era venuto, e di quanto gli sarebbe costato portare a termine la sua missione.

Gesù non era venuto per essere un buon esempio da imitare, ma per salvare l’uomo dalla condanna dell’inferno.

Ecco perché non poteva fare a meno di piangere vedendo le folle come pecore smarrite senza pastore.

Morire sulla croce era il suo obiettivo sin dall’inizio e ne parlò in diverse occasioni. In una di queste, mise a nudo i suoi pensieri dicendo: “L’animo mio è turbato, e che dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma è per questo che sono venuto incontro a quest’ora. Padre, glorifica il tuo nome!” (Giovanni 12:27,28).

Il costo di quel sacrificio, che di lì a poco avrebbe compiuto, sarebbe stato tanto tremendo da portarlo a gridare nel giardino di Getsemani: “«Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Però non la mia volontà, ma la tua sia fatta». Allora gli apparve un angelo dal cielo per rafforzarlo. Ed essendo in agonia, egli pregava ancor più intensamente; e il suo sudore diventò come grosse gocce di sangue che cadevano a terra. E, dopo aver pregato, si alzò, andò dai discepoli e li trovò addormentati per la tristezza, e disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, affinché non entriate in tentazione»” (Luca 22:42-46).

Gesù era pienamente consapevole non soltanto del suo sacrificio, ma anche della debolezza dei suoi discepoli e della crudeltà dei suoi nemici.

Ogni giorno della sua vita ha dovuto affrontare la realtà della solitudine, dell’essere incompreso – e quando invece è stato ben compreso ha ricevuto solo insulti e minacce di morte.

Conosciamo il suo trionfo finale quando il Padre lo ha risuscitato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome: il Signore! 

A coloro che credono in lui è chiesto di imitarlo, di assomigliargli nei modi di pensare, di agire, di relazionarsi con gli altri, di amare.

La stagione natalizia inizia ormai a novembre con le prime decorazioni nelle vetrine dei negozi e le luci per le strade. Il loro luccichio e i vari preparativi possono distrarre anche i credenti dalle loro responsabilità e dal loro compito principale.

L’apostolo Paolo scrive: 

L’amore di Cristo ci costringe, perché siamo giunti a questa conclusione: che uno solo morì per tutti, quindi tutti morirono; e che egli morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano più per sé stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro. 
Quindi, da ora in poi, noi non conosciamo più nessuno da un punto di vista umano; e se anche abbiamo conosciuto Cristo da un punto di vista umano, ora però non lo conosciamo più così. Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove. 
E tutto questo viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ci ha affidato il ministero della riconciliazione. 
Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe, e ha messo in noi la parola della riconciliazione. 
Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio. 
Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui. (2 Corinzi 5:14-21)

Se abbiamo conosciuto e creduto a questo amore incredibile di Gesù abbiamo l’obbligo verso il nostro Signore di portare il messaggio di Dio agli altri.

Siamo nuove creature che vedono il mondo e le persone con occhi nuovi. Per noi le luci e le decorazioni sono un segno del bisogno di tutti gli uomini di conoscere Gesù, non come un bambino carino, ma come il Salvatore di coloro che credono in lui.

Il problema è che questo richiede sacrificio, richiede una vita di scelte e una prontezza a soffrire. Gesù non l’aveva nascosto a quelli che volevano seguirlo per i motivi sbagliati. Cercavano in lui il guaritore, uno capace di riempire le loro pance e parlargli in modo interessante. Di certo non si aspettavano che seguire lui richiedesse da loro il pentimento dei loro peccati, un cambiamento di vita e la prontezza ad accettare le difficoltà.

A volte anche i credenti cadono nel tranello cercando una vita comoda. A volte la pretendono e vivono con un senso di sconfitta e delusione perché il lavoro, la salute, le loro famiglie non funzionano come vorrebbero.

Hanno dimenticato che Gesù ha detto di non farsi tesori sulla terra, che i tesori umani distraggono dai tesori eterni.

Non importa se siamo convinti che il Natale sia da festeggiare o no, oppure in un modo piuttosto che nell’altro, ma ognuno in coscienza, mentre arriva la fine dell’anno, deve prendersi del tempo per rivalutare la propria vita.

Deve chiedersi quali sono le luci che sta rincorrendo. Le luci della comodità, del benessere, della salute, della famiglia, delle proprie preferenze? 

Dio non ci chiama a rincorrere le luci, né provvederà alle nostre priorità sbagliate. 

Al contrario, ci comanda di essere noi la luce. “Fate ogni cosa senza mormorii e senza dispute, perché siate irreprensibili e integri, figli di Dio senza biasimo in mezzo a una generazione storta e perversa, nella quale risplendete come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita, in modo che nel giorno di Cristo io possa vantarmi di non aver corso invano, né invano faticato” (Filippesi 2:14-16).

Dobbiamo essere noi le luci del vangelo, dovremmo splendere di una luce più luminosa, e sicuramente più vera, delle luci che le persone intorno a noi stanno rincorrendo.

Non farti distrarre da un Gesù bambino, ma imita giornalmente il tuo Signore, e splendi per lui nel mezzo delle difficoltà e delle prove che devi affrontare. Non le devi evitare, ma vivere con la sua forza ogni giorno della tua vita! Puoi iniziare essendo quello che Dio vuole nel tuo ruolo di marito, di moglie o genitore, come figlio, come membro attivo di chiesa e in ogni attività che fai.

Davide Standridge

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La VOCE dicembre 2021

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Un pizzico di sale "Cuscini, sapone e panna montata" 


Il dono ineffabile

Nessuno sa la data esatta della nascita di Gesù. Forse ha avuto luogo in primavera, forse in autunno. Si sa solo, dal Vangelo di Luca, che è avvenuta nell’anno del censimento ordinato dall’Imperatore Cesare Augusto, al tempo in cui Quirinio governava la Siria.

Dato che non c’è stata mai sicurezza sulla data di nascita di Gesù, la chiesa “ufficiale” ha scelto arbitrariamente la data del 25 dicembre, e attorno a tutto l’evento si è sviluppata una cornice di tradizioni e leggende popolari sdolcinate e quasi strappalacrime. Come il freddo, il gelo, il bue e l’asino, le cornamuse, i presepi. Il tutto accompagnato da cibi speciali. Alberi decorati, luci e comete, luminarie. E chi più ne ha, più ne metta. 

Per reazione a tante tradizioni inventate, alcuni gruppi di evangelici e alcune sette hanno deciso che di Natale non si deve neppure parlare. Così da una esagerazione si è purtroppo caduti facilmente in un’altra.

Sia come sia, il fatto unico, reale e straordinario che Dio si è incarnato miracolosamente nel corpo di Maria, si è sviluppato in lei come qualsiasi altro feto ed è nato come qualsiasi altro bambino dopo nove mesi di gestazione, rimane. 

La sua data di nascita non è importante. È, però, straordinariamente importante che sia nato!

L’incarnazione  preparata da sempre

Se Gesù non fosse nato, non ci sarebbe salvezza per noi. Lui è venuto per cercare e salvare ciò che era perito e per dare la sua vita per noi, per morire al nostro posto e rendere possibile la riconciliazione fra Dio e gli uomini. 
Se non avesse avuto un corpo umano, non avrebbe potuto morire. 
Se non fosse stato Dio non avrebbe potuto offrire se stesso come sacrificio perfetto.

La venuta di Gesù non è stata un fatto improvviso e imprevisto. Era stata preparata da tutta l’eternità e annunciata da Dio stesso, subito dopo la caduta di Adamo e Eva nel peccato. 

Vari profeti ne hanno parlato attraverso i secoli, indicando con precisione il luogo in cui sarebbe nato, il tipo di morte che avrebbe subito, e il tipo di ministero che avrebbe esercitato.

Isaia, vissuto circa 800 anni prima della nascita di Gesù, nel capitolo 9 del suo libro, per ispirazione di Dio, ha scritto una delle profezie più belle, più complete e più dettagliate sul carattere del “Bambino”, Figlio di Dio, che sarebbe nato e sulle prerogative che avrebbe avuto. Parleremo su ognuna di esse!

Il momento storico in cui Isaia pronunciò questa profezia era difficile, come è difficile quello in cui noi viviamo. Il peccato dilagava in Israele e il popolo viveva lontano da Dio esattamente come succede oggi da noi. Il giudizio di Dio sul peccato si stava avvicinando, come Dio afferma che succede anche oggi. Le tenebre spirituali erano pesanti come accade oggi fra la gente che pensa a tutto fuorché a Dio. 

Ma la speranza di un Messia liberatore persisteva. Perciò il profeta annunciava che “Il popolo che camminava nelle tenebre vede una gran luce; su quelli che abitavano il paese nell’ombra della morte la luce risplende” (Isaia 9:1). 

Stava per nascere un Liberatore. 

Come poteva usare il verbo al presente otto secoli prima dell’avvenimento? 

Per Dio il tempo, come lo intendiamo noi, calcolato in anni, mesi, giorni, ore e minuti, non esiste. Quello che per noi è un secolo, per Lui è un istante. Egli vive in un eterno presente. 

Perciò, anche se Gesù sarebbe nato sulla terra molto tempo dopo, Dio poteva già dire con chiarezza: “Un bambino ci è nato… la luce risplende… il popolo vede una gran luce.” 

Noi viviamo dopo l’adempimento di questa profezia e possiamo constatarne l’assoluta esattezza. 

Gesù è venuto come luce del mondo, ha portato la salvezza.

Ma, nonostante questa nostra posizione privilegiata, conosciamo davvero e esperimentiamo  personalmente il Salvatore che è nato, è vissuto come un uomo qualsiasi, è morto per la nostra salvezza, è risuscitato trionfante sulla morte per darci la vita eterna?

Spero di sì. In ogni modo, meditare sulla descrizione del Bambino annunciato da Isaia, ci aiuterà a godere più che mai la bellezza e l’importanza della sua nascita. 

Un bambino ci è nato 

Sull’infanzia di Gesù, i Vangeli dicono ben poco. Tutto quello che si sa è che è nato a Betlemme, è stato circonciso quando aveva otto giorni, come prescriveva la legge di Mosè, è andato in Egitto con Giuseppe e Maria, per sfuggire a quella che poi è stata chiamata “la strage degli innocenti”, voluta da Erode, il quale voleva sbarazzarsi di un possibile contendente al trono.

Si sa che Gesù è cresciuto come un bambino qualsiasi, che è vissuto a Nazaret e che a 12 anni è andato a Gerusalemme e ha avuto un incontro molto interessante con i dottori della legge nel tempio. Che fino all’età di 30 anni è stato considerato solamente “il figlio del falegname”, che aveva fratelli e sorelle e che era ubbidiente a Dio e ai genitori terreni. 

Isaia 9:5 dice: Un bambino ci è nato.”

Il Signore Gesù era maschio e anche questo ha un peso. 

Il primo uomo creato da Dio, Adamo, ha peccato e, a causa della sua disubbidienza all’ordine di Dio, “Il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte. Così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato” spiega l’Apostolo Paolo nella sua lettera ai Romani (5:12). 

Dopo il peccato di Adamo, era necessario che un altro uomo diventasse un salvatore, “perché se per la trasgressione di uno solo molti sono morti, a maggior ragione la grazia di Dio e il dono della grazia proveniente da un solo uomo, Gesù Cristo, sono stati riversati abbondantemente su molti” (5:15). 

Doveva essere, però, un uomo perfetto e assolutamente senza peccato. 

Sempre Paolo afferma ancora: “Come per una sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così pure con un solo atto di giustizia, la giustificazione che dà la vita si è estesa a tutti gli uomini… affinché come il peccato regnò mediante la morte, così pure la grazia regni mediante la giustizia a vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore” (5:18,21). 

Non potrebbe essere più chiaro: il primo uomo, Adamo, è stato lo strumento che ha portato la morte e il peccato nella razza umana. Un secondo uomo, perfetto, il Figlio di Dio, Gesù Cristo, è stato lo strumento per portare la grazia e la vita alla razza umana decaduta. 

“Un bambino è nato” precisa ancora Isaia. Gesù era contemporaneamente Dio e uomo. 

Come uomo, ha potuto morire. Come Dio, ha potuto offrirsi come sacrificio perfetto al posto dell’uomo e risuscitare.

Infine, Isaia afferma: “Un bambino ci è nato.” È nato per salvare ogni individuo che compone l’umanità. È nato per te e per me. 

L’opera di salvezza di Gesù ha valore universale, ma deve essere accolta per mezzo della fede da ogni individuo. 

Tu lo hai accolto?

Maria Teresa Standridge

Tratto dal libretto “Un bambino ci è nato”. Vedi la serie "Una settimana con Maria Teresa"


Cuscini, sapone e panna montata

“Presto, vieni a vedere! Corri, corri, Mamma!” 

Mamma stava rientrando con le braccia cariche di spese. Due bottiglie di latte, un sacchetto di patatine novelle, quattro cespi di insalata e un giornale... più i guanti e la borsa. 

Per quello che Mamma ne sapeva, i bambini potevano stare buttandosi giù dal terrazzo, strappando i gerani – gioia e orgoglio di Papà – o pitturando col gesso la biancheria stesa ad asciugare. 

Mamma posò i suoi pacchi e corse a vedere (le patatine corsero allegramente sulla tavola e rimbalzarono sul pavimento). 

Tutto era in ordine e i bambini stavano innocentemente col naso in su a guardare il cielo. Perfino Stefano, dal suo recinto, guardava in alto saltando eccitato. 

“Guarda le nuvole, Mamma!” disse Daniele. 

“Quelle sembrano sapone!” fece eco Davide. 

“No, panna montata” corresse Daniele. 

“Un po’ sporche” commentò Deborah osservandone una leggermente grigia. 

Il cielo era una meraviglia. Azzurro, cupo, come può essere a Roma, con delle immense nuvole bianche, sparse senza economia, che viaggiavano nello spazio. 

“A me piace quella lì, grassa e bianca come un cuscino. Mi piacerebbe che Gesù stesse seduto lì sopra” così lo potrei vedere. Proprio mi piacerebbe” disse Daniele. 

“Gesù sta là sopra, Mamma?” chiese Davide. 

“Sì. Gesù è dappertutto.” 

“Gesù ha fatto le nuvole?” “Sì.” 

“E le tiene appese lassù?” 

“E le fa camminare?” 

“Sì, e un giorno dentro ad una grande nuvola, verrà a prendere tutti gli uomini, le donne e i bambini col cuore bianco e pulito.” 

Davide, Daniele e Deborah rimasero ancora un momento a guardare. 

“Il Signore stesso, con potente grido, con voce d'arcangelo e con tromba di Dio, scenderà dal cielo, e i morti in Cristo risusciteranno i primi; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo, insieme con loro rapiti sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre col Signore” pensò Mamma, mentre cominciava a preparare il pranzo e a dare la caccia alle patatine sparse sul pavimento.

M.T. Standridge, "Un pizzico di sale" ristampa del luglio 1962

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La VOCE dicembre 2019

A giudicare dal trambusto doveva essere scoppiata una guerra mondiale! 
La colpa era mia, avevo scatenato un putiferio nel nostro vicinato. 
No, non avevo litigato o fatto a botte con nessuno, ma senza dubbio avevo infranto i sogni e le credenze dei bambini del quartiere.

Erano le vacanze di Natale. I miei fratelli ed io eravamo in giardino e stavamo giocando con i nostri amichetti. Naturalmente si è cominciato a parlare dei regali che ognuno aveva ricevuto. Nella mia ingenuità, però, avevo candidamente detto, e con una certa insistenza, che Babbo Natale e la Befana non esistono, ma che erano i genitori e i parenti a farci tutti quei regali. 

Corpo di mille balene! Uno sciame di mamme si precipitò a dire a mia mamma che avevo fatto molto male. Mi ero reso colpevole di un crimine, di avere, di fatto, ucciso Babbo Natale.

Oggi come oggi, direi piuttosto che il Natale ha obliterato Gesù! 

Si dice che questa sia la stagione in cui si ricorda la sua nascita, ma di fatto, i regali, il cibo, le tombolate, le vacanze, le luci e tutto il resto non fanno altro che sopprimere Cristo.

Il diavolo si da un gran daffare per distogliere l’attenzione delle persone da Dio e da Gesù. 
Ha cominciato nel giardino di Eden e non ha mai smesso. 
Fa guerra contro Cristo sin dalla sua nascita, prima per mezzo di Erode che ha fatto una strage di bambini nella speranza di uccidere il Re dei Giudei, poi servendosi degli scribi e farisei. 

Ora porta avanti la sua lotta cercando di svuotare ogni ricorrenza considerata “sacra” di possibili contenuti e connotazioni spirituali. 

Sappiamo che Gesù non è nato a dicembre, ma perché non cogliere quest’occasione per parlare di Lui quando ancora lo possiamo fare?

Da questo miracolo dipende la tua salvezza!

Perché è importante credere che Gesù sia nato miracolosamente da Maria vergine? Quello che è importante, si dice, è piuttosto quello che ha fatto e detto e l’esempio che ci ha lasciato! 

Perché mai avvolgere il suo concepimento in una tale aura di mistero e di soprannaturale? 
Come si può credere a un racconto così impossibile e mai ripetuto nella storia e nel campo del dimostrabile? 

Così si esprimono oggi molti teologi (ovviamente con discorsi assai più complessi e apparentemente profondi). E molta gente, sotto sotto, anche se il cattolicesimo ha innalzato l’incarnazione per mezzo di Maria e quindi anche la figura di Maria stessa ad altezze di divinità che la Scrittura non le attribuisce affatto, dà loro ragione. Dopo tutto, nel XXI secolo a certe cose non si può credere più! 

È un po’ l’atteggiamento scettico dei farisei che, per offendere Gesù, gli dicevano che loro non erano nati da fornicazione! 

Ma non è così. Credere alla nascita miracolosa di Gesù è importante per molte ragioni. 

Ne va della veridicità dei Vangeli 

I Vangeli di Matteo e di Luca parlano di questo avvenimento con assoluta certezza. “Maria… era stata promessa sposa a Giuseppe e, prima che fossero venuti a stare insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo” (Matteo 1:18).

“Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù... Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà dell’ombra sua; perciò, anche colui che nascerà sarà chiamato Santo, Figlio di Dio” (Luca 1:30,31,35). 

I due evangelisti hanno scritto indipendentemente l’uno dall’altro, e hanno descritto la nascita di Gesù con tanti particolari precisi. Se non avessero detto il vero, ci obbligherebbero a dubitare di tutta la veridicità del loro racconto. Infatti, se avessero mentito sul concepimento e sulla nascita, perché non avrebbero potuto farlo anche su qualsiasi altro punto? 

Ma i manoscritti originali di Matteo e Luca sono stati riconosciuti autentici, e la chiesa primitiva li ha accettati come veri. Nulla permette di dubitare che le parti che riguardano la nascita miracolosa non ne facciano parte integrante. Inoltre tutti e due i Vangeli sono densi di racconti di altri eventi miracolosi che culminano con quello della resurrezione, per la quale esistono prove e ragioni inconfutabili. 

Perché non credere, allora, al miracolo della concezione soprannaturale se si crede a quello della resurrezione? 

I Vangeli di Matteo e Luca, per coerenza, sono veri o sono falsi nel loro insieme. 

La nascita miracolosa avalla la dottrina dell’incarnazione 

Essa è, infatti, l’unica spiegazione logica dell’ingresso dell’eterno Figlio di Dio nel mondo. 

Era essenziale che il Figlio di Dio venisse nel mondo e vivesse una vita umana completa e reale sulla terra. Per essere uomo doveva iniziare la sua esistenza con un concepimento, prima, e poi formandosi nell’utero di una donna. 

Non si possono perciò accettare, per esempio, la teoria degli gnostici che affermavano che l’uomo Gesù si era unito con lo Spirito del Figlio al momento del battesimo, o la teoria che insegna che Gesù gradualmente si sia dimostrato o sia divenuto Figlio di Dio. 

“Ma perché agitarsi tanto?” chiedono i teologi liberali. “Anche se fosse nato da Maria e Giuseppe, non potrebbe essere ugualmente rispettato e onorato? Non ha Dio stesso istituito la santità del matrimonio e della procreazione dei figli?” 

In questo caso, è piuttosto vero il contrario. Quando un essere umano è concepito è l’inizio di una nuova creatura, di una personalità che prima non esisteva. Invece, Gesù esisteva già. Non aveva quindi bisogno di ricevere una personalità sua per mezzo dell’unione di due esseri umani (anzi, semmai, avrebbe dovuto essere miracolosamente preservato dai risultati di una simile unione, per potere conservare la sua essenza di Figlio di Dio!) 

Chi crede alla preesistenza di Cristo, come un essere personale, deve per forza credere in un miracolo che gli ha permesso di entrare a far parte dell’umanità senza essere contaminato dalle tare della razza umana stessa. 

Il miracolo dell’incarnazione è, in questo senso, la cosa più ragionevole, perché, con un atto speciale creativo, la personalità preesistente del Figlio di Dio è stata preservata e si è rivestita della natura umana nel seno di una donna ancora vergine. 

I teologi che negano la nascita miracolosa di Cristo, di solito ne respingono anche la deità. Se anche parlano di incarnazione, intendono dire che Dio e l’uomo sono praticamente la stessa cosa. Il Nuovo Testamento afferma, invece, esattamente il contrario. Quando Giovanni dice “la parola è stata fatta carne” vuol dire che l’eterno Figlio di Dio è diventato uomo, ha assunto la nostra natura, per mezzo di un miracolo straordinario, per poter morire e redimerci dal nostro peccato. 

La nascita miracolosa fu essenziale perché Gesù possedesse una natura senza peccato

La Bibbia insegna che tutta la razza umana è contaminata dal peccato di Adamo. Ogni persona che viene al mondo eredita una natura tendente a peccare e, per sua scelta, poi commette dei peccati e sceglie di peccare. 

Ogni genitore umano pecca e mette al mondo figli che peccano. Se Gesù fosse venuto al mondo per mezzo di un concepimento umano normale, come si spiegherebbe il fatto che non ha mai peccato, che ha potuto guardare in faccia i suoi nemici che lo accusavano e sfidarli a trovare in Lui il benché minimo sbaglio? Come mai non ha mai dovuto chiedere perdono, né a Dio né agli uomini? 

Il fatto sta che Egli non aveva una natura che lo spingeva a peccare. E questo poteva essere solo risultato di un concepimento miracoloso, non toccato da influenza umana. 

La nascita miracolosa è essenziale per ogni altro aspetto della dottrina di Cristo 

Come si è detto, la validità dei Vangeli di Matteo e di Luca regge nel loro insieme. Se gli evangelisti avessero mentito su un punto non sarebbero degni di essere creduti su altri punti. 

Lo stesso principio si applica alla persona di Cristo. Se la sua concezione non fosse stata miracolosa, cadrebbe anche tutto il resto che è detto su di Lui. Tutto ciò che lo riguarda deve essere visto globalmente e deve essere perfettamente coerente. 

Egli è nato a Betlemme, ma era anche preesistente. Era Dio, ma era anche uomo. Aveva una forma e un aspetto umani, ma non la natura peccaminosa degli uomini. È morto come un malfattore, ma non aveva mai peccato. Non è morto a causa dei suoi peccati, ma per pagare le colpe dell’umanità. È risuscitato, è salito in gloria, ha promesso di tornare. 

Ma come avrebbe potuto esistere da tutta l’eternità se fosse stato il prodotto di un concepimento umano (nessun essere umano esiste prima del concepimento e dell’unione di un uomo con una donna!)? Se Gesù non fosse stato concepito miracolosamente non sarebbe stato Dio. E allora la sua morte non avrebbe valore per espiare i nostri peccati, la sua resurrezione non sarebbe mai avvenuta e tutti i credenti in Lui vivrebbero in una tragica illusione. 

La nascita miracolosa è legata all’infallibilità e all’autorevolezza della Bibbia 

Oggi in molte chiese si insegna che la Bibbia contiene la testimonianza dei profeti e dei primi credenti in Cristo ed esprime ciò che essi hanno capito su Dio e messo per iscritto, filtrandolo attraverso la loro mentalità e conoscenze. 

La Bibbia, perciò, sarebbe un libro utile e buono, ma non certo infallibile e senza sbagli. Quindi non sarebbe autorevole. 

Perciò poco importa se Cristo sia nato miracolosamente o no, se abbia compiuto dei miracoli, se sia morto e risuscitato. Quello che importa è ciò che io posso recepire dall’insieme dell’insegnamento morale e spirituale della Bibbia! 

Una veduta simile è totalmente estranea alla fede cristiana, la quale non è basata su concetti o pensieri umani, ma su fatti storici realmente accaduti, oltre che su concetti teologici. 

Il concepimento miracoloso è realmente avvenuto, i miracoli si sono verificati, le parole di Cristo sono state realmente pronunciate, la morte di Cristo è stata davvero una cessazione di vita fisica e ha avuto il significato che Egli le ha dato (Marco 10:45), la risurrezione è stata reale e l’ascensione anche. 

 Tutto ciò è scritto nella Bibbia. Se un fatto cade o è dimostrato falso (il concepimento per mezzo dello Spirito Santo, per esempio), cade anche tutto il resto della Scrittura. 

E se cade la Scrittura, su cosa poggiamo la nostra fede? 

La nascita miracolosa è parte essenziale di ciò che un vero credente deve credere 

Quanta dottrina bisogna conoscere prima di poter accettare il dono della salvezza in Cristo? È impossibile dirlo. C’è chi fa il passo della fede conoscendo pochissimo e c’è chi lo fa conoscendo moltissimo. 

Chi non è salvato, per esserlo, deve comprendere e riconoscere di essere un peccatore perduto, morto nei suoi falli e nei suoi peccati, deve capire che Cristo è l’unico mezzo di salvezza, che la sua morte ha espiato ogni peccato che sia mai stato commesso, che la salvezza è un dono che deve essere ricevuto da chi vuole essere salvato. 

Per fare ciò non è certo necessario sapere tutto su Cristo. 

Però, dopo avere accettato la salvezza, perché uno possa considerarsi un vero credente in Cristo, deve conoscere e accettare le dottrine fondamentali riguardanti la Persona di Cristo e, fra queste, vi è certo il concepimento miracoloso che lo ha introdotto nel mondo. 

“Voi sapete” scriveva Giovanni nella sua prima lettera (3:5), “che egli è stato manifestato per togliere i peccati; e in lui non c’è peccato.” 

“Quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge” (Galati 4:4,5) . 

“Da questo conoscete lo Spirito di Dio: ogni spirito, il quale riconosce pubblicamente che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio; e ogni spirito che non riconosce pubblicamente Gesù, non è da Dio, ma è lo spirito dell’anticristo” (1 Giovanni 4:2,3). 

“Molti seduttori sono usciti per il mondo, i quali non riconoscono pubblicamente che Gesù Cristo è venuto in carne. Quello è il seduttore e l’anticristo... Chiunque va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non ha Dio. Chi rimane nella dottrina, ha il Padre e il Figlio” (2 Giovanni 7,9). 

Questi passi non potrebbero essere più chiari per sottolineare l’importanza della fede nell’incarnazione del Signore Gesù. 

In questo mese di dicembre, nelle chiese, sui giornali e social, in TV e nella pubblicità, si parlerà molto del Bambino, nato povero e infreddolito, che giace in una mangiatoia. Ma se ne parlerà distorcendo il significato della sua venuta e come spunto per incitare al consumismo. 

È normale perciò che i credenti prendano le distanze da ciò che non è biblico, ma è importante che ricordino e raccontino ad altri ciò che l’incarnazione di Cristo significa, ciò che ha comportato e ha iniziato.  

 


GUGLIELMO RISPONDE — Ristampa dal 1991

Natale in festa?

Caro Guglielmo, 
Ho letto sulla Voce di dicembre scorso un riferimento alla nascita di Gesù in cui si diceva che è avvenuta “probabilmente di primavera”. 
Ciò mi ha molto sorpreso, in quanto io ho sempre letto o sentito dire che Gesù è nato il 25 dicembre. Ora, se non si tratta di un errore o di una svista, ti chiedo in base a quali testi, a quali ragionamenti o scoperte, siete arrivati ad una simile conclusione. 
—Lettera firmata (Correggio, RE)

È vero che lo scoprire che Gesù molto probabilmente non soltanto non è nato il 25 dicembre, ma neanche di inverno, può sorprendere più di una persona. 

Comunque, non dovrebbe essere così per chi desidera basare la sua fede e le sue certezze soltanto su ciò che è scritto nelle Sacre Scritture, considerate come unica infallibile Parola di Dio. 

Né i Vangeli né altri libri biblici parlano della stagione in cui Gesù è nato. In ogni modo, dato che anche in Israele ai tempi di Gesù, come ora, il clima invernale può essere piuttosto inclemente, con freddo e perfino neve, è improbabile che il governo avrebbe indetto un censimento, che poteva comportare la necessità di sottoporsi a dei viaggi più o meno lunghi, come quello di Giuseppe e Maria, proprio di inverno. 

E neanche sembra essere stata abitudine dei pastori israeliti tenere le loro greggi all’aperto di notte durante l’inverno. 

Per quanto riguarda la pratica religiosa o popolare di celebrare il 25 dicembre il Natale, l’autorevole Enciclopedia Britannica dice: “Il Natale non fu fra le prime feste della Chiesa e, prima del quinto secolo, non vi fu accordo generale su dove collocarla nel calendario liturgico; se il 6 gennaio, il 25 marzo o il 25 dicembre”. La decisione finale di fissarla al 25 dicembre non ebbe nessun legame con la ricerca del giorno preciso in cui Gesù nacque, ma sì basò piuttosto su tradizioni non cristiane. 

Ciò ci porta a domandarci come mai i cristiani celebrino il Natale il 25 dicembre. La risposta è che non tutti lo fanno. 

Prima di tutto, non vi è nessuna indicazione che i cristiani dei primi secoli lo celebrassero. Infatti, non esisteva. 

Comunque, ora che il Natale è diventato per alcuni una festa religiosa e per altri una festa solo tradizionale e folcloristica, vi sono delle differenze profonde nel modo in cui viene considerato. 

Da una parte, le chiese istituzionali (cattolica romana, ortodossa e le più grandi denominazioni protestanti) hanno inserito il Natale nei loro calendari liturgici e lo considerano una festa cristiana. 

Altri credenti, e diverse sette pseudocristiane, ricordando le sue origini basate su tradizioni pagane, rifiutano di avere niente a che fare con la festa o con le tradizioni popolari. 

Un terzo gruppo di credenti prende una posizione intermedia. Non considerano il Natale una “festa religiosa”, non stabiliscono dei riti o delle liturgie per “osservarla religiosamente”, come, tanto per intenderci, fa la Chiesa romana con la Messa di mezzanotte, il 24 dicembre. 

Approfittano, comunque, della stagione e delle usanze tradizionali, per ricordare a credenti e particolarmente a non credenti le verità bibliche che circondano la nascita di Gesù e il significato dell’incarnazione. 

Così la stagione delle feste diventa un tempo particolare per gioire del fatto che Cristo il Salvatore è venuto nel mondo, e che il piano di Dio ha avuto un compimento perfetto (senza attaccarsi al 25 dicembre come se avesse un significato particolare). E diventa un periodo particolarmente utile per l’evangelizzazione di chi “celebra” il Natale senza conoscere personalmente, per fede, il Salvatore che è nato. 

Guglielmo Standridge

  

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