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La Voce del Vangelo

La VOCE settembre 2016

Piromani oppure pompieri

Tra le tristi piaghe che si ripetono ogni estate nel nostro paese ci sono gli incendi. Nell’ultimo decennio sono andati in fumo più di 500 mila ettari di bosco; una devastazione che né l’azione di rimboschimento né la ricostituzione boschiva sono riusciti a rimediare.

Malgrado gli sforzi preventivi di molti, l’incuria e la disattenzione continuano a produrre danni che durano nel tempo ed hanno conseguenze su tante persone innocenti. Basta un mozzicone di sigaretta non spento per dar fuoco a intere foreste.
Ma c’è un altro tipo di incendio che provoca altrettanti danni incalcolabili. È un pericolo che stranamente molti scelgono di ignorare. Alcuni genitori addirittura, con il loro cattivo esempio, allevano dei piccoli piromani. Non sarai mica tu uno di questi?

Bruciare boschi danneggia la produzione di ossigeno, colpisce la conservazione naturalistica, nuoce al turismo e accresce la possibilità di frane.
Le conseguenze dell’altro tipo di incendio sono altrettanto gravi. Continua a leggere.


Frutti d'oro nei vasi d'argento

Nessuno di noi, spero, sarà stato vittima di un incendio, ma sono sicuro che ognuno di noi porta le cicatrici di un altro tipo di bruciatura. Impariamo presto a giocare con questo fuoco, a fare gli spavaldi giocolieri pensando di non ustionarci mai. Capito di cosa sto parlando? Della nostra lingua. La lingua “è un piccolo membro, eppure si vanta di grandi cose. Osservate: un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta! Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell’iniquità. Posta com’è fra le nostre membra, contamina tutto il corpo e, infiammata dalla geenna, dà fuoco al ciclo della vita” (Giacomo 3:5,6).

Diciamoci la verità: siamo tutti colpevoli di aver usato male la lingua. Non ci viene spontaneo fermare le maldicenze. Siamo molto più avvezzi a usare la nostra lingua come un’arma.

Ma come si fa a passare da piromani a pompieri? Le nostre famiglie, le chiese e i nostri posti di lavoro ne hanno bisogno. Per poter cambiare e diventare dei “vigili del fuoco” ci vogliono un paio di premesse.

La prima è che i pompieri pensano all’incolumità degli altri, non di se stessi. Se ci preoccupiamo solo della nostra pelle, dei nostri diritti (veri o immaginari), saremo facilmente portati ad usare la lingua in modo nocivo.

La seconda premessa è che bisogna essere motivati da un amore genuino per le persone intorno. Un amore che comincia dalla famiglia, che comprende i fratelli della chiesa e si estende fino a toccare tutti, anche i nemici, è un comandamento di Dio.

Queste premesse riguardano, però, chi è stato trasformato dal Signore e coltiva un desiderio di piacergli e vuole crescere nella conoscenza della Parola di Dio.

Lo standard a cui dobbiamo aspirare ce lo ha dato l’Apostolo Paolo sotto ispirazione di Dio: “Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi l’ascolta” (Efesini 4:29).

Parole semplici che, se messe in pratica, fanno di noi costruttori invece che distruttori. Niente fuoco, ma abbondante acqua rinfrescante!

Nessuna cattiva parola

“Cattiva” nel suo significato originale in greco esprime il concetto di qualcosa di putrefatto, che emana fetore. Le parole che non fanno del bene puzzano e sono odiose. Disgustano chi le sente.

Hai mai pensato che Dio sente tutto quello che dici? Ascolta ogni singola parola che viene detto da chiunque. Il Salmo 139 afferma che Lui sa quello che diremo prima ancora che lo proferiamo. Prima che le nostre parole riescano a danneggiare qualcuno, Egli ne è già disgustato. L’unico modo per evitare che la nostra bocca vomiti parole putrefatte è curare il nostro cuore perché “dall’abbondanza del cuore la nostra bocca parla” (Matteo 12:34). Amarezza, rabbia e voglia di vendetta sono il terreno fertile per le parole incendiarie.

Solo parole buone

Sembra scontato, ma in realtà è tutt’altro che facile. Saper dire cose buone in circostanze diverse è da saggi. Se non lo sappiamo fare, o se non siamo sicuri che quello che stiamo per dire sia buono, è meglio stare zitti! Salomone scrisse: “Nella moltitudine delle parole non manca la colpa, ma chi frena le sue labbra è prudente” (Proverbi 10:19). E Paolo, parlando ai Filippesi, comanda loro di pensare nel modo giusto: “Tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri” (Filippesi 4:8). Chi si lascia trasformare dalla Parola di Dio imparerà da essa e sarà capace di dire cose giuste e buone.

Solo parole che aiutano

Nel Salmo 19 Davide ha pregato così: “Ti siano gradite le parole della mia bocca, davanti a te i pensieri del mio cuore, Signore, mia rupe e mio redentore” (v. 14). Prima di dire qualunque cosa dobbiamo chiederci se sarà utile per chi l’ascolterà, se le mie parole saranno un motivo di crescita per lui. È difficile che io possa edificare qualcuno se nel mio cuore non c’è vero amore per lui; se non m’importa niente che lui cresca o meno nel suo rapporto con Dio.

Parlare al momento opportuno

Dire cose giuste è difficile, ma dirle al momento opportuno lo è ancora di più. Sono importantissimi tutti e due. Salomone ha scritto: “Le parole dette a tempo sono come frutti d’oro in vasi d’argento cesellato” (Proverbi 25:11). Ci sono situazioni in cui è decisamente meglio rimandare anche se quello che stiamo per dire è indubbiamente utile. Una volta mi capitò di accompagnare mio figlio e un suo compagno in macchina a scuola. Il compagno si era presentato all’appuntamento con grande ritardo. Ne fui irritatissimo e in modo brusco glielo feci presente. Mio figlio assistette alla scena in silenzio. Solo dopo che fummo arrivati a scuola, e dopo aver fatto uscire il ragazzo ed essermi calmato, mi disse: “Pensi di avere reagito bene?” Se me lo avesse chiesto durante il tragitto, avrei probabilmente risposto male anche a lui. Mio figlio, invece, aveva aspettato al momento giusto. Ero calmo è pronto a ragionare. Ma se mio figlio non avesse detto niente non avrei potuto rincorrere il suo amico e chiedergli scusa! Aspettare il momento migliore sì, ma non tacere!

Parole di un valore eterno

“Conferire grazia” esprime il concetto di portare le persone a conoscere realmente la grazia di Dio. È per grazia che Dio ci ha perdonati e ci ha dato la vita eterna. La stessa grazia ci provvede quello di cui abbiamo bisogno e ci sostiene giorno per giorno. In effetti la grazia di Dio pervade ogni cosa della nostra vita. Noi che l’abbiamo conosciuta ne siamo diventati ambasciatori. Con le nostre parole dobbiamo portare le persone a vedere e conoscere la grazia di Dio in modo che abbia un risultato eterno anche sulla loro vita.

Parole alle persone giuste

Può capitare che abbiamo le parole giuste, e quello che stiamo per dire è necessario e farebbe bene alla persona che abbiamo davanti, anche il momento ci sembra adatto, ma… non siamo al posto giusto! Altri orecchi potrebbero sentirci dire cose che non hanno bisogno di sapere. Questo è particolarmente vero quando sbottiamo incuranti di chi ci sta intorno.
Un giorno dovremo rendere conto a Dio per ogni parola che abbiamo detto (Matteo 12:36,37). È una verità che dovrebbe farci riflettere e gridare: “SIGNORE, poni una guardia davanti alla mia bocca, sorveglia l’uscio delle mie labbra” (Salmo 141:3). È molto meglio essere conosciuti per le parole buone dette al momento adatto alle persone giuste, con benefici eterni a coloro che ci sentono.

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