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La Voce del Vangelo

La VOCE ottobre 2022

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A casa nostra... "Piccole bocche della verità" 

Quest’anno, cosa impareranno i nostri figli a scuola?

Tra le materie che saranno insegnate quest’anno a scuola ci sono le scienze, la storia e la biologia. Se ne occuperanno gli insegnanti che proprio per il loro ruolo esercitano una certa influenza sui ragazzi. Sicuramente gran parte, se non tutto quello che insegneranno, sarà filtrata dalle loro idee e opinioni, che esporranno come verità assolute.

Sapere questo dovrebbe spingere noi genitori a riflettere seriamente su chi stia forgiando il modo di pensare dei nostri figli. Chi esercita l’influenza decisiva sulle loro scelte di vita? Quali “verità” e soprattutto chi le sta inculcando nelle menti dei nostri piccoli?

Una verità biblica da tenere sempre presente è “Insegna al ragazzo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà” (Proverbi 22:6). Chiunque può attestare l’esattezza di queste parole.

La condotta del bambino è plasmata sin dalla tenera età attraverso l’esempio, le istruzioni e le informazioni che riceve durante la crescita.

Perciò è importante che un genitore valuti  bene chi spende più tempo con i suoi figli e in che modo lo fa.

Tra le persone più presenti nella vita dei figli ci sono sicuramente i maestri e i professori, dal nido fino all'università, ma anche i nonni, gli amici, gli allenatori vari, gli insegnanti di danza e di musica ecc. E non bisogna nemmeno sottovalutare l’influenza di tutto quello che i nostri ragazzi assorbono da televisione, internet e social.

Alla luce di tutto questo è evidente che la maggior parte della fetta di tempo non è occupata dal nucleo famigliare. I tuoi ragazzi sono costantemente bombardati da informazioni trasmesse da persone che non credono affatto quello che credi tu, né hanno a cuore quello che per te è sacro e caro. E non facciamoci illusioni: hanno anche scopi e intenti molto diversi dai nostri.

Tanti genitori si sorprendono che i figli, raggiunta una certa età, abbandonino la fede. La realtà mostra con dispiacere che succede spesso ai giovani cresciuti in famiglie di credenti. Arrivati al liceo, all'università o al primo lavoro mostrano sempre meno interesse per le cose spirituali, e alla fine si allontanano del tutto.

A questi genitori mortificati e avviliti non resta che osservare impotenti il loro allontanamento e rassegnarsi, sperando che i discorsi sulla fede, le scuole domenicali e i campeggi che hanno frequentato da piccoli, possano portare un eventuale frutto, e che prima o poi ritornino al Signore.

Poteva andare diversamente? In che cosa hanno sbagliato? Come hanno fatto questi genitori (e questi nonni) credenti a perdere di vista il loro compito?

Le risposte le troviamo nella Bibbia. 

“Questi sono i comandamenti, le leggi e le prescrizioni che il SIGNORE, il vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nel paese nel quale vi preparate a entrare per prenderne possesso, così che tu tema il tuo Dio, il SIGNORE, osservando, tutti i giorni della tua vita, tu, tuo figlio e il figlio di tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandamenti che io ti do, affinché i tuoi giorni siano prolungati. Ascoltali dunque, Israele, e abbi cura di metterli in pratica, affinché venga a te del bene e vi moltiplichiate grandemente nel paese dove scorrono il latte e il miele, come il SIGNORE, il Dio dei tuoi padri, ti ha detto.
“Ascolta, Israele: Il SIGNORE, il nostro Dio, è l’unico SIGNORE.
“Tu amerai dunque il SIGNORE, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze.
“Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, te li metterai sulla fronte in mezzo agli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle porte della tua città.”
—Deuteronomio 6:1-9

 Queste parole della Torah (Pentateuco nella Bibbia ebraica) si ripetono regolarmente, ad alta voce, nelle sinagoghe. Fanno parte della preghiera mattutina e serale del popolo d’Israele. Un padre israelita non doveva mai dimenticare quale fosse il suo compito personale.

Prima di tutto aveva il dovere di vivere in modo da onorare in ogni cosa l’Eterno, l’unico vero Dio e suo SIGNORE.

Il padre doveva essere d’esempio al resto della famiglia nell’osservare tutte le leggi di Dio. La sua vita spirituale doveva essere un libro aperto sotto gli occhi di tutti. Doveva amare Dio con tutte le sue forze, con tutta la sua anima e con tutto il suo cuore. Il bene della sua famiglia dipendeva dal suo cammino col Signore.

Oggi per molti padri la priorità è il lavoro e la carriera, sostenere la propria famiglia e raggiungere una certa comodità finanziaria. Un padre che provvede una casa, il cibo, lo sport e le vacanze ai propri figli sembra per molti aver fatto il suo dovere. Ancora meglio se porta i figli in chiesa dove c’è anche un programma per i bambini. Ma il suo esempio nell’amare Dio non può limitarsi alla preghiera prima dei pasti, magari in occasioni sempre più rare in cui mangiano tutti insieme. E non può delegare alla mamma l’esclusiva di dire una preghierina con i figli prima di metterli a letto. Ci vuole solo un attimo e i bambini sono già grandi, e allora tutto diventa più complicato.

Sembra una descrizione troppo pessimistica? Voglio sperare di sì. Sono certo che molti genitori credenti fanno molto meglio.

Spesso a complicare l’educazione dei figli è il fatto che un solo genitore è credente, magari si converte al Signore dopo il matrimonio. Avere due ottiche diverse sulle questioni importanti produce inevitabilmente conflitti, ed è una realtà su cui non si riflette con la dovuta serietà quando una persona cristiana vuole sposarne una non credente. È la dimostrazione che non si sta pensando affatto al bene dei propri figli.

Il ruolo del padre nel piano di Dio, secondo le istruzioni delle Scritture, è di essere l’influenza spirituale della famiglia, l’insegnante e il teologo di casa.

Per quanto riguarda la moglie, la vita spirituale del futuro marito va osservata durante il fidanzamento: una vita che comincia il giorno che ci si sposa e dura fino alla morte.

Per i figli, l’influenza del padre comincia dalla loro nascita e non finisce mai. È sempre attiva, riempie ogni giorno dal momento in cui ci si alza fino a che non si va a letto.

Per essere efficace non deve essere casuale, ma pensata, preparata con cura.

Il padre e la madre faranno tutto ciò che è necessario per ricordarsi di questo e per pianificare con attenzione l’istruzione dei figli, senza pause e senza tentennamenti.

È significativo che la parola “inculcare” nel passo citato di Deuteronomio nella lingua originale implica il concetto di cesellare, in pratica di dare forma al proprio figlio. Il passo spiega anche come avviene questo cesellare: parlando dei comandamenti di Dio, facendone motivo costante di conversazione.

Trovo interessante che molti bambini imparino presto a tifare la squadra del cuore del papà, e che non mi sia capitato mai di sentire un bambino preferire la squadra del cuore della mamma. Molti papà col loro entusiasmo, l’interesse, le parole, l’abitudine di guardare le partite oppure regalando la maglietta del giocatore preferito hanno cesellato uno spazio nel cuore del bambino per la squadra preferita.

La parola “insegnare” usata nel versetto citato del libro dei Proverbi, è concettualmente diversa dall'inculcare. Oltre il suo significato primario contiene anche l’idea di dedizione e di spendere tempo.

È chiaro che ci preme trovare il tempo per ciò che riteniamo importante, che è tutto ciò che in pratica ha più valore per noi. Quanto tempo invece dedichiamo all'istruzione dei nostri figli?

Siamo partiti domandandoci chi stia esercitando influenza maggiore sui nostri ragazzi. La domanda è legata a quello che noi riteniamo più importante per la loro vita. Se è l’istruzione scolastica li spingiamo a studiare, se è lo sport li incoraggiamo a perseguire questi obbiettivi.

Ma se per noi l’importante è il loro amore per Dio, la loro conoscenza di Lui e della sua Parola, e la loro vita spirituale, dobbiamo allora prendere coscienza del fatto che dobbiamo capire come avere un’influenza maggiore, e come prevenire e correggere tutte quelle informazioni sbagliate e pericolose che i nostri figli stanno assorbendo. Ci sono questioni fondamentali da affrontare, a partire dal ruolo di Dio nella creazione, nel mondo e nella vita dei nostri figli, ma anche le informazioni sul gender, su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, tanto per nominarne alcune.

Dio non ha mai cambiato idea sul ruolo dei padri nella vita dei figli. Quello che l’Apostolo Paolo ha scritto allora vale ancora oggi: “E voi, padri, non irritate i vostri figli, ma allevateli nella disciplina e nell'istruzione del Signore” (Efesini 6:4).

La prima istruzione che Paolo dà è quella di non irritare i figli! I genitori che non svolgono bene il loro compito tendono a provocare ed esasperare i propri figli. Scrivendo la stessa esortazione alla chiesa di Colosse Paolo aggiunge: “Padri, non irritate i vostri figli, affinché non si scoraggino” (Colossesi 3:21).

In questi due versetti Paolo ha usato due parole diverse, ma che sono tradotte entrambe in italiano con “irritate”. La parola originale include l’idea di sventolare la fiamma per ravvivarla, aizzandoli invece di avere un’influenza calmante su loro.

Il motivo per cui fare attenzione a non irritare i figli è che non si scoraggino, che non si spenga il loro spirito. L’idea è di non portare i figli a pensare che non valgono niente, che tutto quello che fanno è sbagliato.

È facile per i padri pensare che il loro compito principale sia quello di correggere ciò che è sbagliato agendo in modo autoritario, ma il rischio è di aggiustare ciò che è visibile, preoccupandosi delle apparenze, e non curando il cuore dei ragazzi.

Anche se davanti a Dio il capofamiglia è il padre, ed è lui il primo responsabile della crescita spirituale della famiglia, questo discorso è rivolto anche alle madri, perché il compito di allevare i figli è senza dubbio responsabilità di tutti e due.

Irritare e scoraggiare i figli li porterà ad avere atteggiamenti e comportamenti negativi. Prima di tutto gli insegna a essere ipocriti. Richiedere ai figli quello che non si è pronti a fare in prima persona apre la porta alla falsità nel loro rapporto con gli altri.

Poco prima della sua esortazione ai padri Paolo aveva avvisato tutti: “Guardate dunque con diligenza a come vi comportate; non da stolti, ma da saggi; ricuperando il tempo perché i giorni sono malvagi. Perciò non siate disavveduti, ma intendete bene quale sia la volontà del Signore” (Efesini 5:15-17).

Un padre saggio e coscienzioso è attento alla sua vita, e prima di mettersi a istruire gli altri cercherà di capire bene quale sia il comportamento che lui stesso deve tenere.

In secondo luogo, la durezza e la cattiveria producono risentimento.

Paolo aveva parlato anche di questo: “Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca, ma, se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela, affinché conferisca grazia a chi l’ascolta” (Efesini 4:29).

Accade spesso di interagire con i figli più per reazione a qualcosa piuttosto che per un nostro progetto educativo. A volte la fretta di risolvere il problema in questione ci spinge a essere duri, a far vedere la propria rabbia invece di mostrare la grazia di Dio. Ma una parola buona detta al momento giusto ha un effetto molto migliore.

In terzo luogo, la mancanza di ammissione dei propri sbagli e non essere pronti a perdonare sono motivi di grande irritazione per i figli. Paolo ha scritto: “Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo” (Efesini 4:32).

Credetemi, chiedere perdono non sminuisce la nostra autorità, piuttosto la rende più credibile. E offrire il perdono è fondamentale per non scoraggiare chi ne ha bisogno.

I genitori devono smettere di esasperare e scoraggiare i figli facendo il contrario di ciò che gli insegnano sulla disciplina e l’istruzione del Signore. Questo ovviamente è alla base della cura di un figlio.

Allevare vuol dire fare tutto il lavoro necessario dalla nascita in poi per avviare il bambino nella direzione giusta. Il punto focale deve essere sempre il Signore.

Quando si tratta della riprensione è facile lasciarsi dominare dal nervosismo e dal malumore. Giacomo invece ci ricorda che l’ira dell’uomo non compie la giustizia di Dio. L’ira spinge i genitori a riprendere i figli in modo sbagliato, esagerato, a sminuirli chiamandoli stupidi, a metterli a disagio sgridandoli davanti agli altri oppure stabilendo regole o punizioni esagerate del tipo “Non ti faccio uscire più con i tuoi amici” e a essere petulanti.

Educare e disciplinare bene e con coerenza biblica è senza dubbio difficile, a volte frustrante, e sempre stancante. L’impegno di influenzare la loro mente e dirigere il loro comportamento non finisce mai. Per farlo bene ci sono alcuni principi che vanno seguiti.

  • Le istruzioni devono essere chiare. Bisogna tenere conto dell’età dei figli e assicurarsi che abbiano compreso bene quello che gli si chiede.
  • Le aspettative non devono essere esagerate. Aspettarsi che un bambino non rovesci mai il bicchiere sul tavolo è eccessivo, incidenti del genere capitano anche a noi adulti.
  • Le nostre reazioni devono essere attente e appropriate. A volte il problema sta nel discernere tra quando si tratta di un comportamento puramente infantile e quando invece è una vera disubbidienza.
  • Dobbiamo essere coerenti. Sempre. Il no deve significare “no” ogni volta che viene pronunciato. Non può volere dire “fai quello che ti pare fino a che non mi esasperi.”
  • Le nostre istruzioni non devono essere arbitrarie, ma avere una spiegazione ragionevole. Non vuol dire che i figli debbano necessariamente essere d’accordo con le nostre motivazioni, ma noi dobbiamo avere chiaro in mente il perché delle nostre istruzioni.
  • Le correzioni e le punizioni devono essere appropriate. Ogni età richiede un approccio diverso. Non applicherai la stessa punizione per qualunque misfatto e a qualunque età, come non esigerai le stesse cose da un bambino e da un adolescente.

Ricordiamoci che lo scopo di tutto questo è dirigere la mente e il cuore del fanciullo o dell’adolescente verso il Signore, perché il nostro figlio conosca Dio e ciò che Lui vuole da noi. La Parola di Dio deve essere il punto di partenza e di arrivo in tutto quello che facciamo.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (2 Timoteo 3:16,17).

Ogni giorno a scuola, al parco e durante lo sport i nostri figli sono molto spesso esposti all’influenza di persone che non amano Dio, che non lo conoscono e non hanno l’intenzione di onorarlo.

Il compito di guidarli verso il Signore è principalmente nostro! Dio ritiene ogni genitore, specialmente il padre, responsabile dell’educazione dei figli. Non sono i parenti, gli insegnanti di scuola domenicale o altri. E fino a che dipenderà da noi, scegliamo con attenzione a chi permettiamo di influenzarli.

Genitori, prendete del tempo per riflettere sulla vostra vita davanti a Dio, e per parlare tra di voi di come essere padri e madri che trasmettono ai loro figli un retaggio spirituale eterno. Vale più di quello che il mondo avrà mai da offrire.

Davide Standridge

 

Le piccole bocche della verità

" A CASA NOSTRA..." Ristampa della VOCE, aprile 1973

A casa nostra ho fatto un piccolo patto con i miei figli. “Mi dovete dire i miei difetti perché li possa correggere.”

Ricordo che quando ero bambina c’erano delle cose che mi facevano proprio arrabbiare. Un amico di famiglia che faceva suoni sibilanti con i denti per togliersi il cibo rimasto nelle fessure dagli ultimi 15 giorni, una signora che mangiava il dolce e a ogni boccone si passava la lingua sul labbro superiore, un ragazzo che appena si cominciava a raccontargli una storia, si metteva a tirare su dal naso.

Appena i figli hanno sentito la proposta mi hanno guardata con gli occhi rotondi come galline spaventate: “Come? Noi dirti i tuoi difetti?”

“Non penserete mica che sia perfetta, no?”

“Ah, certo no!” Su questo punto erano pienamente d’accordo.

“Così mi aiuterete a non prendere delle cattive abitudini. Dopo tutto anche i figli possono aiutare i genitori.”

I primi giorni furono abbastanza penosi.

“Ma lo sai che cammini a papera?”

“Fai attenzione a non fare quelle facce buffe per la strada, come se ti stessi raccontando una storia da sola.”

“Eh, fossero solo le facciate... Non diciamo niente di quando parli da sola. Allora sembri proprio... Beh, lasciamo pure perdere.”

Ma piano piano ho imparato ad apprezzare certe osservazioni. E ho notato che erano di solito giuste.

“Io lo trovo poco rispettoso” mi ha detto una signora. “Io penso che i figli debbano abituarsi a non vedere i difetti dei genitori.”

Povera donna, si sbagliava di grosso. Anche la Bibbia dice che ci dobbiamo correggere a vicenda. E chi lo può fare meglio di chi ci vede da mattina sera?

E poi ho fatto anche una scoperta: prima di dirmi quello che devo correggere io, i figli ora si assicurano di non essere in fallo loro. E così prendiamo due piccioni o tre con una sola fava.

Maria Teresa Standridge

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La VOCE ottobre 2019

Illusi! Cosa state pensando?

“Mio figlio è un bravo ragazzo, non ha mai fatto nulla di male!”  È il ritornello più ripetuto dai genitori di figli che hanno commesso un crimine. 

Uno di questi genitori è Ethan Elder che, come ha riportato Il Messaggero del 1 agosto, ha dichiarato: “Sono cresciuto in povertà, ho avuto fortuna più tardi nella vita. Ai miei figli ho insegnato l’importanza di condividere e dare. Entrambi sono divenuti due giovani adulti generosi e gentili.”

Ethan Elder è il padre del diciannovenne Finnegan Elder accusato di aver ucciso con undici coltellate alle spalle il carabiniere Mario Cerciello Rega. 

Se questa storia non sconcerta il pubblico, è perché ormai siamo abituati a tanti crimini inauditi. Il peccato dell’uomo sembra non conoscere limiti. 

Tutti i bambini nascono peccatori e i comportamenti sbagliati cominciano dalla nascita. Eppure troppi genitori adorano i propri rampolli a tal punto da non intervenire. Stanno allevando dei piccoli delinquenti che, se non diventano dei mostri, è solo per la grazia di Dio.

Succede nel mondo. Ma è particolarmente triste e fa anche rabbia che nelle famiglie dei credenti si sottovaluti quello che Dio dice nella Bibbia. 

È vero, ne abbiamo già parlato, anche più volte. Ma repetita iuvant.

Figlio mio, dammi il tuo cuore

Nel libro dei Proverbi è scritto: “La follia è legata al cuore del bambino, ma la verga della correzione l’allontanerà da lui” (Proverbi 22:15).

Non ci vuole un teologo né una laurea per afferrare il concetto.

Nel cuore del bambino, per quanto lui sia carino e piccolino, si nasconde la follia, e spesso neanche tanto bene. C’è solo una medicina che funziona contro l’incapacità del bambino di distinguere il bene dal male: la verga della correzione. 

La verga qui indica punizione che deve farsi sentire, essere ben percepita insomma, ma ci torneremo su alla fine dell'articolo.

Che tempi! Che costumi!

Vedo tanti bambini e ragazzini sempre più giovani incollati agli iPad e telefonini che li intrattengono. I genitori si illudono che vestirli griffati e pettinarli alla moda, o peggio ancora assecondarli in tutto e per tutto, sia sinonimo di buona educazione. Ciò però non fa altro che camuffare la follia insita nel cuore di questi piccoli. 

Tempo fa in spiaggia osservavo una scena che è durata una decina di minuti. Un bambino di sette o otto anni gridava parolacce e sputava sulla nonna che cercava di tenerlo buono. Era un continuo crescendo di insulti e grida. 

Ad un certo punto il “dolce fanciullo” ha preso una pala di plastica e ha colpito la nonna sul ginocchio. Lei, per difendersi, gli ha dato una botta sulla mano, al che il bambino, più per la sorpresa che per il dolore, si è messo a piangere e gridare. 

Sono intervenute due altre mamme cercando di calmarlo, ma lui ha cominciato a colpire anche loro. 

Per farlo smettere la nonna gli ha dato dei soldi per comprarsi un gelato, cosa che poi ha fatto. E mentre lo mangiava continuava a dire parolacce alla nonna. 

Dopo aver mangiato solo metà del gelato, ha buttato il resto e ha preteso altri soldi per andarsi a comprare altre cose. La nonna ha prontamente aperto la borsetta e ha fatto come le lui aveva chiesto. 

Così, alla fine, lui si è allontanato lasciando la nonna a massaggiarsi il ginocchio dolente colpito dal “bravo bambino!” 

Morale della storia: il bambino folle si era allontanato dalla nonna, ma la follia del bambino aveva solo messo radici più profonde.

Lezioni di civiltà

A volte provo pena per tutti quelli che, pur non essendo i genitori, devono esercitare una qualsiasi forma di autorità sui bambini. Gli insegnanti a scuola ne sanno qualcosa: in confronto alle generazioni passate di educatori, oggi si fa sempre più fatica a gestire gli alunni. Attualmente questi ragazzini pieni di follia sono obiettivamente più difficili da educare. È vero che molti insegnanti cercano di escogitare modi creativi di controllare le scolaresche, ma spesso è un lavoro senza speranza.

Ai tempi miei, se i genitori scoprivano che qualcuno di noi si comportava male a scuola, la punizione arrivava sicura e senza indugi. E quando i miei figli andavano a scuola c’era ancora quel senso di rispetto, anche se meno evidente, della figura del professore, che faceva sì che normalmente i genitori davanti ai comportamenti inaccettabili dei figli dessero ascolto agli insegnanti. Oggi sembrano schierarsi dalla parte del bambino prima ancora di scoprire il fatto vero, e senza dare peso alle difficoltà dell’insegnante. 

Morale della storia: molti insegnanti, nonostante la buona volontà, e mossi da un vero desiderio nonché da un reale bisogno dei bambini di essere educati, hanno le mani legate.

La Bibbia presenta tanti principi fondamentali su come allevare figli. È chiaro che chi non la conosce non li segue, ma è triste che tanti genitori credenti si facciano influenzare più dal modo di fare moderno che dalle sue verità.

I principi biblici sull’educazione non sono affatto legati alla cultura del tempo, ma alla natura del bambino, di cui Dio ha una conoscenza perfetta, il che fa di Lui anche l’autorità massima sull’argomento. 

Richard Baxter, un noto puritano del XVII secolo, aveva cominciato il suo ministero insegnando alla scuola elementare. Nel tempo poi è diventato un leader del movimento puritano. Quello che segue qui sotto è scritto da lui quasi 350 anni fa.

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Più giusto chiamarlo un diavolo che un genitore!

“...allevateli nella disciplina e nell’istruzione del Signore” (Efesini 6:4)

Genitori! Il vostro esempio e la vita sono un continuo, potente sermone che vostri figli vedono sempre!

Genitori! C’è un’eredità eterna di gioia che i vostri figli devono raggiungere – ed è in vista di essa che voi dovete allevarli. C’è una miseria senza fine a cui devono fuggire – ed è questo ciò che dovete insegnargli diligentemente. Se non insegnate loro a conoscere Dio e a servirlo, e come essere salvati e scampare alle fiamme dell’inferno, non gli insegnate nulla, anzi fate peggio di niente. È nelle vostre mani di fare loro la più grande gentilezza o la peggiore crudeltà che esista al mondo! Aiutateli a conoscere Dio e ad essere salvati, e fate di più per loro che se li aiutaste a diventare principi o principesse.

Se trascurate le loro anime e li allevate nell’ignoranza, mondanità, empietà e nel peccato, li tradite consegnadoli nelle mani del diavolo, il nemico delle loro anime, proprio come se li vendeste a lui. Li vendete per essere schiavi di Satana! Li tradite consegnandoli a uno che li imbroglierà e abuserà di loro in questa vita e li tormenterà per l’eternità. 

Se vedeste un uomo o una donna che osi nel suo cuore gettare il figlio in una fornace ardente, non pensereste che sarebbe più giusto chiamarlo diavolo piuttosto che genitore? Quanto più quando si tratta delle fiamme dell’inferno! 

Quali mostri disumani sareste allora, se leggendo nelle Scritture quale sia la via per l’inferno, e chi siano quelli che Dio consegnerà al diavolo per essere tormentati, allevaste lo stesso i vostri figli senza sforzarvi di salvarli da un destino simile!

Se li amate, mostratelo nelle cose da cui dipende il loro benessere eterno. Non dite che li amate, se poi li conducete all’inferno! E se non li amate, non siate così spietati nei loro confronti da dannarli! Non c’è peggiore cosa che possiate fare per dannarli che allevarli nell’ignoranza, incuria, mondanità, sensualità e empietà!

Non ci sono altre vie verso l’inferno. Eppure… Sareste forse capaci di allevare loro in questo tipo di vita e insistere che non desiderate la loro dannazione?

Ma se voi addestrate i vostri figli nell’empietà, dovreste ammettere che avete l’intenzione di dannarli! E non è forse vero che il diavolo è più scusabile di voi per aver agito con crudeltà verso i vostri figli, perché come loro genitori, la natura vi spinge ad amarli e a difenderli dalla miseria?

Lasciatemi parlare seriamente ai cuori di quei genitori disattenti ed empi che trascurano la santa educazione dei loro figli. Non siate così spietati verso chi avete portato al mondo! Abbiate pietà e soccorrete le anime che avete contaminate e rovinate! Abbiate pietà delle anime che dovranno perire nell’inferno se non si convertono!

Aiutate loro che hanno così tanti nemici che li assalgono, così tante tentazioni da affrontare, così tante difficoltà da superare e un giudizio tanto severo da subire!

Aiutate loro che sono tanto deboli e cosi facilmente ingannati e abbattuti!

Aiutateli prontamente, prima che il peccato li indurisca, e Satana si costruisca una fortezza nei loro cuori.

Non siate crudeli verso le loro anime!
Non vendeteli a Satana, a nessun prezzo!
Non traditeli all’inferno a causa della vostra empia negligenza!

E se uno di loro dovesse pur perire, che non sia a causa vostra, voi che avete il dovere di fare loro del bene.

La rovina delle anime dei vostri figli è più consona a Satana che a voi che siete i loro genitori!

Considerate quanto siano odiosi i genitori traditori delle anime: tradiscono i propri figli per farli diventare schiavi di Satana qui e tizzoni dell’inferno nell’eternità! Non unitevi al diavolo in questa orrida malvagità contro natura!

“Non risparmiare la correzione al bambino; se lo batti con la verga, non ne morrà; lo batterai con la verga, ma lo salverai dal soggiorno dei morti” (Proverbi 23:13,14).

—Richard Baxter

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È un testo duro, senza giri di parole,  quello di Baxter, ma non gli si possono fare appunti. 

Dio, nella sua misericordia, protegge i figli dalle mancanze e incapacità dei genitori, e salva anche bambini che sono stati cresciuti nell’incuria e disattenzione, ma non per questo possiamo trascurare le nostre responsabilità.

In molte famiglie entrambi i genitori lavorano fuori casa e, sebbene questa possa essere una necessità, non è un buon motivo per abdicare al proprio ruolo di genitore educatore. 

Non spetta alla scuola curare le anime dei figli. 
I nonni o le babysitter non possono sostituire l’amore e la cura da parte dei genitori. 

E sebbene Dio indubbiamente si serva della cura e delle attenzioni di tanti bravi insegnanti di scuola domenicale e di ore felici per avere un impatto eterno nella vita di tanti bambini trascurati dalla famiglia, la scuola domenicale non può supplire alle mancanze di coloro ai quali Egli ha assegnato la responsabilità di accudire, allevare ed educare i figli.

Un nuovo inizio

A questo punto voglio incoraggiarti a non ancorarti alle scuse che forse ti vengono naturali o alle opinioni che non sono in linea con la Parola di Dio.

L’anno scolastico sta ricominciando ed è un buon momento per rivalutare le proprie priorità, e per esaminare con più attenzione quelle che sono forse già diventate cattive abitudini in famiglia.

Come marito e moglie, perché non prendete il tempo per leggere insieme il libro dei Proverbi? In esso c’è una miniera d’oro di principi e avvertimenti sull’educazione dei figli. Studiateli e discutete insieme come metterli in pratica nella vostra famiglia.

Come genitori, ridedicatevi al compito santo di curare le anime dei vostri figli. 

Padri, leggete Deuteronomio 6:1-9. Prendete il tempo per chiedervi come potete svolgere meglio (o cominciare a svolgere!) il vostro compito di padri. Senza più cercare scuse, trovate il modo di svolgerlo con diligenza e costanza, davanti al Signore, per il bene dei vostri figli.

Madri, trovate il tempo e chiedete al Signore le forze per aiutarvi a trasmettere ai vostri figli l’importanza di avere un cuore per gli insegnamenti morali necessari per il benessere spirituale. 

È un progetto a lungo termine: i cambiamenti non avvengono solo perché si fanno dei buoni propositi, ma sono il risultato di una pianificazione attenta del vostro tempo e delle vostre priorità.

“La verga e la riprensione danno saggezza, ma il ragazzo lasciato a se stesso fa vergogna a sua madre. Correggi tuo figlio; egli ti darà conforto e procurerà gioia al tuo cuore” (Proverbi 29:15,17).

E quando poi parleranno dei vostri figli, possa il vostro cuore gioire ed essere fiero di loro. 

Punire secondo Dio
  • Chi risparmia la verga odia suo figlio, ma chi lo ama, lo corregge per tempo. Proverbi 13:24
  • Non risparmiare la correzione al bambino; se lo batti con la verga, non ne morrà; lo batterai con la verga, ma lo salverai dal soggiorno dei morti. Proverbi 23:13,14
  • La follia è legata al cuore del bambino, ma la verga della correzione l’allontanerà da lui. Proverbi 22:15 
  • La verga e la riprensione danno saggezza; ma il ragazzo lasciato a se stesso, fa vergogna a sua madre. Proverbi 29:15
  • Anche Dio usa la disciplina coi suoi figli: “...e avete dimenticato l’esortazione rivolta a voi come a figli: «Figlio mio, non disprezzare la disciplina del Signore, e non ti perdere d’animo quando sei da lui ripreso; perché il Signore corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli»”. Ebrei 12:5,6

Giochi proibiti  

Quando i gemelli erano abbastanza grandi per camminare e circolare nella loro stanza, ma ancora troppo piccoli per usare il vasetto, usavano una quantità indescrivibile di pannolini. Allora i pannolini che si buttano non si usavano molto perché erano molto cari (ancora oggi sono un peso non indifferente sul bilancio famigliare...); perciò ogni giorno c’era da fare il bucato, stendere i pannolini e ripiegarli. Poi li mettevo in un cassetto nella stanza dei bambini.

Daniele, uno dei gemelli, un giorno decise di inventare un gioco nuovo e divertentissimo.

Aprì il cassetto, tirò fuori un pannolino, lo spiegò e lo buttò attraverso la stanza. Poi fece lo stesso col secondo, col terzo e così via, finché il cassetto non fu vuoto. 

Quel giorno era in casa mio marito. Aveva un lavoro da fare e si congratulava per il silenzio e la calma che regnavano in casa (mai fidarsi quando c’è troppo silenzio!!). 

Ad un tratto, sentì i bambini che ridevano come matti e andò a vedere. 

Sembrava che nella stanza fosse passato Attila, flagello di Dio.

“Ma che avete fatto?” chiese mio marito.

“Niè gioca molto bene” (Niè voleva dire Daniele, nel linguaggio dei bambini).

Papà si mise a spiegare con pazienza che i pannolini non sono un gioco, che devono stare nel cassetto, a fare la “nanna”. Perciò, prese il bambino, gli fece piegare alcuni pannolini, glieli fece riporre nel cassetto, la maggior parte la ripiegò lui e il cassetto fu chiuso con fare solenne.

“I pannolini ora fanno la nanna. Non sono un gioco. Nanna” ripeté mio marito.

“Nanna” acconsentì Daniele.

“Se i bambini giocano con i pannolini, papà deve fare...”

“Pum, pum” ripeterono in coro i gemelli.

“Capito?”

“Capito.”

Il giorno seguente avevamo un ospite a pranzo e i bambini erano in camera loro perché avevano già mangiato.

Di nuovo, un grande silenzio dalla camera dei bambini. Andai a vedere. Era di nuovo passato il turbine fra i pannolini. Oltre ai pannolini, erano volati anche magliette e bavaglini.

“Ci penso io” disse mio marito. Infatti, è una buona regola, se possibile, che le punizioni siano date dalla persona che ha emanato la legge. In quel caso, mio marito.

“Allora, che cosa è successo?”

“Niè, gioca. Pannolini nanna. Niè sveglia.”

“E cosa aveva detto papà?”

“Pannolini nanna.”

Era chiaro: Daniele aveva capito perfettamente che cosa avrebbe dovuto fare e aveva disubbidito. 

Perciò doveva essere punito.

“Ci ha provato ancora?” domanderete.

No. Non con i pannolini, per lo meno. Anzi, con un sorriso birbone, metteva la manina sulla maniglia del cassetto e diceva: “Pannolini nanna, Niè non sveglia!” 

—Tratto dal capitolo 5 del libro Figli piccoli, gioie grandi di Maria Teresa Standridge


Uno degli errori più pericolosi

Uno degli errori più pericolosi che un genitore possa fare è vietare, o trascurare per ignoranza, che i suoi figli fin da piccoli frequentino la chiesa e siano istruiti nella Parola di Dio.

Uno dei più grandi tradimenti del volere di Dio avviene quando una chiesa locale, o i suoi responsabili, scoraggiano i genitori che desiderano portare i loro figli alle riunioni, non provvedendo loro ogni agevolazione e aiuto perché possano curare e accudire i loro bambini nell’ambiente della chiesa.

Ricordo, molti anni fa, un’esperienza mia e di mia moglie, quando dei credenti, forse senza rendersene conto, hanno dimostrato il loro desiderio di allontanare i bambini dalla chiesa o dai locali che possiamo chiamare, senza falsa retorica, la “casa di Dio”. Si tratta dei locali che sono consacrati all’insegnamento della Parola di Dio, che si frequentano per conoscere la verità di Dio, per adorarlo e per avvicinarci spiritualmente a Lui. 

Eravamo in un paese straniero di cui non capivamo la lingua, e la domenica ci siamo impegnati a trovare una comunità evangelica sana che potevamo frequentare per godere la comunione con Dio e con altri credenti. Ovviamente abbiamo portato tutta la famiglia, i nostri quattro figli, fra i tre e i sette anni. Abbiamo cercato di cantare quanto possibile in una lingua sconosciuta, e abbiamo ascoltato il messaggio, senza capirci nulla. Alla fine siamo rimasti orgogliosi del comportamento dei nostri figli, decisamente ordinato e rispettoso. 

Finché una signora di una certa età non ci ha salutati in italiano e, poi, commentato con un tono di sufficienza: “Noi, i bambini piccoli, non li portiamo all’adunanza”. 

Solo allora ci siamo resi conto che, effettivamente, oltre ai nostri, altri bambini non ce n’erano! 

In un primo momento, istintivamente, ci siamo un po’ vergognati: avevamo infranto le regole! Ma la nostra seconda reazione è stata orgoglio e tranquillità di cuore: i nostri figli non avevano causato disturbo a nessuno. 

E nella vostra chiesa, come va? C’è chi si oppone alla presenza dei bambini? C’è chi critica i genitori che ce li portano? E, d’altra parte, siete sicuri di poter dire in tutta onestà che i vostri figli non abbiano causato, o non causino, disturbo a nessuno? 

Ammettiamo, per prima cosa, che i problemi possono esistere e, poi, vediamo come possono essere risolti con la soddisfazione di tutti e, soprattutto, per il bene dei figli, dei genitori, della chiesa e per la gloria di Dio.  

Certamente è possibile. Ci state? 

—Tratto dal libro I miei bambini in chiesa? Sì, ma... di Guglielmo Standridge

 

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La VOCE ottobre 2015

“Mario, non entrare nell’acqua!” “Mario, t’ho detto di non entrare nell’acqua!”
“Mario!! Hai capito che devi stare lontano dall’acqua?”
“Che devo fare per farti obbedire?”
“È possibile che ogni giorno sia la stessa storia?!”
“Ora che sei entrato in acqua, resta vicino alla riva!”

Tutti i giorni, scene come queste, sono sotto gli occhi di tutti. Si ripetono ovunque: nei negozi, per strada, a scuola e in casa. I genitori sembrano ormai aver perso l’abilità – e anche la volontà! – di educare i figli. Certe volte, osservando scene del genere, mi viene voglia di dare un paio di sculacciate. Non ai figli. Ai genitori!
È penoso vedere la totale incapacità dei genitori, credenti inclusi, di controllare i propri figli. E quel che è ancor più triste è che spesso lo si vede proprio in chiesa.
A volte si ha la sensazione che i genitori siano più preoccupati per la “brutta figura” che fanno a causa del comportamento dei figli in pubblico, che per il danno che arrecano ai propri bambini  per non saperli disciplinare.
Il problema è che l’educazione dei figli non può essere relegata ai momenti in cui si comportano male in pubblico. Deve cominciare a casa.

Continua a leggere: troverai insegnamenti importanti!


IN PUBBLICO COME A CASA

Dio ha detto chiaramente che i genitori sono responsabili dell’educazione dei loro figli. Ma molti genitori,  soprattutto neo papà e mamme, pensano di poterlo fare senza dover pianificare il buon uso del tempo a casa. E poi si stupiscono degli scarsi risultati. Le seguenti 9 false speranze sono alcune delle stolte aspettative che i genitori pensano di ottenere senza un granché da parte loro. Non sono in ordine d’importanza, ma dovrebbero farci riflettere.

1    Che i figli sappiano come comportarsi senza essere educati dai genitori.
Per alcuni genitori ricorrere al baratto sembra l’unico modo per ottenere l’obbedienza. “Stai buono adesso e poi la mamma ti dà…” “Se la smetti di fare capricci andremo a prendere il gelato.” Il problema è che lo scambio deve diventare sempre più vantaggioso per i figli. Ma la lezione che imparano più in fretta è che il gelato, prima o poi, arriva lo stesso.
 “Ascolta, figlio mio, l’istruzione di tuo padre e non rifiutare l’insegnamento di tua madre” (Proverbi 1:8). I figli devono imparare ad ascoltare e seguire le istruzioni senza baratti e ricatti. Lo faranno, se i genitori si esprimono con loro in modo chiaro e coerente.

2    Che i figli si comportino in pubblico in modo diverso da come fanno a casa.
Sembra scontato? Ma pensaci: se aspetti che sia l’imbarazzo per un comportamento scorretto di tuo figlio in pubblico a farti interessare della sua educazione, hai perso in partenza!
Dio ha comandato ai genitori, specialmente ai padri di essere coinvolti nell’istruzione dei figli. “Questi sono i comandamenti, le leggi e le prescrizioni che il SIGNORE, il vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica […] così che tu tema il tuo Dio, il SIGNORE, osservando, tutti i giorni della tua vita, tu, tuo figlio e il figlio di tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandamenti che io ti do, affinché i tuoi giorni siano prolungati” (Deuteronomio 6:1,2).
Se i figli non imparano ad obbedire a casa, non lo faranno in pubblico. Se a casa non ci sono regole a cui devono sottostare, sarà difficile convincerli che ce ne siano fuori casa. Se la parola dei genitori non ha peso a casa, tanto meno ne avrà quando si esce di casa.

3    Che i figli conoscano Dio senza essere istruiti a casa.
Far conoscere Dio ai figli è un compito che Lui stesso ha affidato specialmente ai genitori! Sentirsi inadeguati o impreparati in questo, non dà il diritto di relegare l’insegnamento biblico ad altri, alla chiesa o alla scuola domenicale. La cura spirituale di tuo figlio è compito tuo. Prima cominci a farlo, migliore sarà il risultato.
“Tu amerai dunque il SIGNORE, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze. Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai” (Deuteronomio 6:5-7).
È sottinteso che i genitori stessi amino il Signore con tutto il cuore e vivano in piena dipendenza da questo amore che trasforma le loro priorità e guida ogni comportamento quotidiano. Sperare che i figli imparino ad amare Dio senza una cura attenta e costante da parte dei genitori è da stolti.

4    Che i figli amino la chiesa se i genitori non la frequentano regolarmente.
Molti genitori sono sorpresi quando i figli, arrivati a una certa età, perdono l’interesse per la chiesa e smettono di andarci. Ma in tutti questi anni, cosa avranno trasmesso ai figli, non tanto a parole, ma con i loro comportamenti? Che è più importante riposare che andare in chiesa? Che la casa, lo svago, lo sport ha la precedenza? Che la frequenza regolare è un’opzione? E che è normale criticare il messaggio, le guide, la musica e le persone al ritorno a casa?
“Facciamo attenzione gli uni agli altri per incitarci all’amore e alle buone opere, non abbandonando la nostra comune adunanza come alcuni sono soliti fare, ma esortandoci a vicenda; tanto più che vedete avvicinarsi il giorno” (Ebrei 10:24,25). Come fai a dimostrare il tuo amore per la Parola e per gli altri credenti, se non li frequenti?

5    Che i figli abbiano le giuste priorità se i genitori non le hanno.
Se chiedessi ai tuoi figli quali sono le tue priorità nella vita, cosa direbbero? Amarsi a vicenda? Rispettarsi? Per il marito sacrificarsi per la moglie? Per la moglie sottomettersi al marito? Amare il Signore? Crescere spiritualmente? La santificazione?
L’ipocrisia dei genitori, insieme alla incoerenza, è il deterrente numero uno nell’istruzione dei figli. Salomone attesta: “Insegna al ragazzo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà” (Proverbi 22:6). Ogni genitore spera che nel tempo gli sforzi e le lacrime portino frutto. Le nostre azioni fanno parte dell’insegnamento quanto le nostre parole.

6    Che i figli adolescenti trovino piacere a parlare con i genitori se non l’hanno mai fatto prima.
In molte famiglie tutti e due i genitori lavorano. Trovare il tempo insieme in famiglia, ricavarsi spazi nella vita dei figli diventa difficile. I bambini oggi interagiscono molto di più con la TV, l’ipad e il cellulare di quanto lo facciano con i genitori. Non permettere che altri abbiano più influenza di te sui tuoi figli! Fermati e chiediti quanto sono influenzati dalla scuola, da ore e ore di TV e dagli amici. Alla luce di queste realtà, puoi fidarti a occhi chiusi di quello che stanno imparando?
Sii presente nella vita di tuo figlio e dimostragli che sei interessato a quello che lui pensa. Dio lo fa amorevolmente con noi: “Io ti istruirò e ti insegnerò la via per la quale devi camminare; io ti consiglierò e avrò gli occhi su di te” (Salmo 32:8).

7    Che i figli ubbidiscano se non ci sono conseguenze alla disobbedienza.
“Chi risparmia la verga odia suo figlio, ma chi lo ama, lo corregge per tempo” (Proverbi 13:24). Due aspetti fondamentali sono evidenti in questo testo: il primo è che la disobbedienza senza le dovute conseguenze non solo è grave, ma è in realtà un modo di odiare il figlio. Il secondo è che la disciplina va applicata per tempo. Minacciare i figli disobbedienti con una punizione che non si intende infliggere non serve a niente. I figli hanno bisogno di imparare che tutte le loro azioni hanno delle conseguenze. Questo è amore: istruire, mettere paletti, fissare limiti e insegnare le conseguenze chiare e immediate della disobbedienza.
Dare regole ai figli, esigere l’obbedienza e punire le disobbedienze sono elementi importanti per rendere il terreno fertile per la presentazione del Vangelo. Al contrario, vivere in una famiglia dove non si hanno regole chiare e dove la ribellione non ha conseguenze, non prepara il cuore del bambino alla verità del peccato, del castigo e della salvezza.

8     Che i figli non diventino ribelli se sono educati male.
Le persone più frustrate dal cattivo comportamento dei figli sono proprio i genitori. Dopo ripetuti ordini caduti su orecchi sordi, anzi, seguiti da ostinata disobbedienza, i genitori cedono e danno libero sfogo a reazioni spropositate: grida, schiaffi e minacce fuori posto. “E voi, padri, non irritate i vostri figli, ma allevateli nella disciplina e nell’istruzione del Signore” (Efesini 6:4).
Parole dettate dalla frustrazione, minacce esagerate e punizioni inflitte perché si è in collera non producono i risultati desiderati. Dio dice che allevare i figli è qualcosa che si fa giornalmente nell’istruzione e disciplina attenta.

9    Che i figli sappiano le buone maniere a tavola se a casa non si mangia insieme.
Una volta ero seduto a tavola accanto a due famiglie con quattro figli tra i due e i sei anni. Il pranzo è stato lento, ma i figli sono stati seduti tutto il tempo ed hanno mangiato senza gridare o creare trambusto. Sembra irreale? Come ci sono riusciti i genitori? Tutti e due erano coinvolti nel tenerli buoni e si erano preparati con giochini per i tempi d’attesa tra una portata e l’altra.
Molte famiglie hanno perso la sana abitudine di mangiare tutti insieme. Le buone maniere si imparano a casa, dai genitori uniti che vogliono piacere al Signore anche nelle piccole cose.
L’educazione dei figli comincia a casa. Comincia con decisioni che mamma e papà prendono insieme e portano avanti con costanza e coerenza. È una responsabilità ricevuta dal Signore. Non svolgere bene questo compito sarà la loro vergogna. “La verga e la riprensione danno saggezza; ma il ragazzo lasciato a se stesso, fa vergogna a sua madre” (Proverbi 29:15).


Non volevo creare rigetto...

Maria parlava con Carla che l’ascoltava stupita. Diceva che non forzava i suoi ad andare a scuola. Marco, il più piccolo, ci andava ancora con piacere tutti i giorni. Ivano, che adesso faceva la prima media, era pronto ad andarci per gli amichetti, ma non faceva mai i compiti e non studiava perché non ne vedeva il valore. Preferiva i videogiochi. Luca, invece, da tempo non frequentava più la scuola. Non gli andava, punto e basta.
Maria spiegava che non voleva forzare i figli. Studiare è qualcosa di personale, ad alcuni va, ad altri no. Costringerli poteva solo renderli ribelli e creare un rigetto. Quando sarebbero stati più grandi avrebbero deciso da soli se studiare o meno, ma solo se ne avessero sentita l’esigenza. Certo, avrebbe preferito che studiassero, ma temeva il rigetto.

Una storia inverosimile che però si ripete regolarmente in un altro campo: andare in chiesa. Discorsi di questo tipo li sento continuamente. La paura di promuovere ribellione se si forzano i figli ad andare in chiesa. Ma la realtà è che, secondo la Bibbia, i bambini, come tutti i non credenti, sono già ribelli! Forzarli ad andare in chiesa non crea ribellione, assecondarli, invece, promuove la loro ribellione innata. L’unica speranza è che il Signore parli ai loro cuori. Solo ascoltando la Parola di Dio il messaggio del Vangelo può penetrare i cuori. “Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo” (Romani 10:17).

Obbligare i figli ad andare in chiesa non crea più danno di quanto lo crei forzarli a lavarsi i denti o andare a scuola. Forse abbiamo perso di vista le nostre responsabilità o abbiamo permesso che il mondo ci crei delle paure infondate.
Ogni genitore credente deve pregare per i propri figli e deve esporre loro al Vangelo con coerenza e con costanza. Non c’è messaggio più importante che un genitore possa dare loro.

Davide Standridge

 

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