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La Voce del Vangelo

La VOCE ottobre 2022

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A casa nostra... "Piccole bocche della verità" 

Quest’anno, cosa impareranno i nostri figli a scuola?

Tra le materie che saranno insegnate quest’anno a scuola ci sono le scienze, la storia e la biologia. Se ne occuperanno gli insegnanti che proprio per il loro ruolo esercitano una certa influenza sui ragazzi. Sicuramente gran parte, se non tutto quello che insegneranno, sarà filtrata dalle loro idee e opinioni, che esporranno come verità assolute.

Sapere questo dovrebbe spingere noi genitori a riflettere seriamente su chi stia forgiando il modo di pensare dei nostri figli. Chi esercita l’influenza decisiva sulle loro scelte di vita? Quali “verità” e soprattutto chi le sta inculcando nelle menti dei nostri piccoli?

Una verità biblica da tenere sempre presente è “Insegna al ragazzo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà” (Proverbi 22:6). Chiunque può attestare l’esattezza di queste parole.

La condotta del bambino è plasmata sin dalla tenera età attraverso l’esempio, le istruzioni e le informazioni che riceve durante la crescita.

Perciò è importante che un genitore valuti  bene chi spende più tempo con i suoi figli e in che modo lo fa.

Tra le persone più presenti nella vita dei figli ci sono sicuramente i maestri e i professori, dal nido fino all'università, ma anche i nonni, gli amici, gli allenatori vari, gli insegnanti di danza e di musica ecc. E non bisogna nemmeno sottovalutare l’influenza di tutto quello che i nostri ragazzi assorbono da televisione, internet e social.

Alla luce di tutto questo è evidente che la maggior parte della fetta di tempo non è occupata dal nucleo famigliare. I tuoi ragazzi sono costantemente bombardati da informazioni trasmesse da persone che non credono affatto quello che credi tu, né hanno a cuore quello che per te è sacro e caro. E non facciamoci illusioni: hanno anche scopi e intenti molto diversi dai nostri.

Tanti genitori si sorprendono che i figli, raggiunta una certa età, abbandonino la fede. La realtà mostra con dispiacere che succede spesso ai giovani cresciuti in famiglie di credenti. Arrivati al liceo, all'università o al primo lavoro mostrano sempre meno interesse per le cose spirituali, e alla fine si allontanano del tutto.

A questi genitori mortificati e avviliti non resta che osservare impotenti il loro allontanamento e rassegnarsi, sperando che i discorsi sulla fede, le scuole domenicali e i campeggi che hanno frequentato da piccoli, possano portare un eventuale frutto, e che prima o poi ritornino al Signore.

Poteva andare diversamente? In che cosa hanno sbagliato? Come hanno fatto questi genitori (e questi nonni) credenti a perdere di vista il loro compito?

Le risposte le troviamo nella Bibbia. 

“Questi sono i comandamenti, le leggi e le prescrizioni che il SIGNORE, il vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nel paese nel quale vi preparate a entrare per prenderne possesso, così che tu tema il tuo Dio, il SIGNORE, osservando, tutti i giorni della tua vita, tu, tuo figlio e il figlio di tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandamenti che io ti do, affinché i tuoi giorni siano prolungati. Ascoltali dunque, Israele, e abbi cura di metterli in pratica, affinché venga a te del bene e vi moltiplichiate grandemente nel paese dove scorrono il latte e il miele, come il SIGNORE, il Dio dei tuoi padri, ti ha detto.
“Ascolta, Israele: Il SIGNORE, il nostro Dio, è l’unico SIGNORE.
“Tu amerai dunque il SIGNORE, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze.
“Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, te li metterai sulla fronte in mezzo agli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle porte della tua città.”
—Deuteronomio 6:1-9

 Queste parole della Torah (Pentateuco nella Bibbia ebraica) si ripetono regolarmente, ad alta voce, nelle sinagoghe. Fanno parte della preghiera mattutina e serale del popolo d’Israele. Un padre israelita non doveva mai dimenticare quale fosse il suo compito personale.

Prima di tutto aveva il dovere di vivere in modo da onorare in ogni cosa l’Eterno, l’unico vero Dio e suo SIGNORE.

Il padre doveva essere d’esempio al resto della famiglia nell’osservare tutte le leggi di Dio. La sua vita spirituale doveva essere un libro aperto sotto gli occhi di tutti. Doveva amare Dio con tutte le sue forze, con tutta la sua anima e con tutto il suo cuore. Il bene della sua famiglia dipendeva dal suo cammino col Signore.

Oggi per molti padri la priorità è il lavoro e la carriera, sostenere la propria famiglia e raggiungere una certa comodità finanziaria. Un padre che provvede una casa, il cibo, lo sport e le vacanze ai propri figli sembra per molti aver fatto il suo dovere. Ancora meglio se porta i figli in chiesa dove c’è anche un programma per i bambini. Ma il suo esempio nell’amare Dio non può limitarsi alla preghiera prima dei pasti, magari in occasioni sempre più rare in cui mangiano tutti insieme. E non può delegare alla mamma l’esclusiva di dire una preghierina con i figli prima di metterli a letto. Ci vuole solo un attimo e i bambini sono già grandi, e allora tutto diventa più complicato.

Sembra una descrizione troppo pessimistica? Voglio sperare di sì. Sono certo che molti genitori credenti fanno molto meglio.

Spesso a complicare l’educazione dei figli è il fatto che un solo genitore è credente, magari si converte al Signore dopo il matrimonio. Avere due ottiche diverse sulle questioni importanti produce inevitabilmente conflitti, ed è una realtà su cui non si riflette con la dovuta serietà quando una persona cristiana vuole sposarne una non credente. È la dimostrazione che non si sta pensando affatto al bene dei propri figli.

Il ruolo del padre nel piano di Dio, secondo le istruzioni delle Scritture, è di essere l’influenza spirituale della famiglia, l’insegnante e il teologo di casa.

Per quanto riguarda la moglie, la vita spirituale del futuro marito va osservata durante il fidanzamento: una vita che comincia il giorno che ci si sposa e dura fino alla morte.

Per i figli, l’influenza del padre comincia dalla loro nascita e non finisce mai. È sempre attiva, riempie ogni giorno dal momento in cui ci si alza fino a che non si va a letto.

Per essere efficace non deve essere casuale, ma pensata, preparata con cura.

Il padre e la madre faranno tutto ciò che è necessario per ricordarsi di questo e per pianificare con attenzione l’istruzione dei figli, senza pause e senza tentennamenti.

È significativo che la parola “inculcare” nel passo citato di Deuteronomio nella lingua originale implica il concetto di cesellare, in pratica di dare forma al proprio figlio. Il passo spiega anche come avviene questo cesellare: parlando dei comandamenti di Dio, facendone motivo costante di conversazione.

Trovo interessante che molti bambini imparino presto a tifare la squadra del cuore del papà, e che non mi sia capitato mai di sentire un bambino preferire la squadra del cuore della mamma. Molti papà col loro entusiasmo, l’interesse, le parole, l’abitudine di guardare le partite oppure regalando la maglietta del giocatore preferito hanno cesellato uno spazio nel cuore del bambino per la squadra preferita.

La parola “insegnare” usata nel versetto citato del libro dei Proverbi, è concettualmente diversa dall'inculcare. Oltre il suo significato primario contiene anche l’idea di dedizione e di spendere tempo.

È chiaro che ci preme trovare il tempo per ciò che riteniamo importante, che è tutto ciò che in pratica ha più valore per noi. Quanto tempo invece dedichiamo all'istruzione dei nostri figli?

Siamo partiti domandandoci chi stia esercitando influenza maggiore sui nostri ragazzi. La domanda è legata a quello che noi riteniamo più importante per la loro vita. Se è l’istruzione scolastica li spingiamo a studiare, se è lo sport li incoraggiamo a perseguire questi obbiettivi.

Ma se per noi l’importante è il loro amore per Dio, la loro conoscenza di Lui e della sua Parola, e la loro vita spirituale, dobbiamo allora prendere coscienza del fatto che dobbiamo capire come avere un’influenza maggiore, e come prevenire e correggere tutte quelle informazioni sbagliate e pericolose che i nostri figli stanno assorbendo. Ci sono questioni fondamentali da affrontare, a partire dal ruolo di Dio nella creazione, nel mondo e nella vita dei nostri figli, ma anche le informazioni sul gender, su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, tanto per nominarne alcune.

Dio non ha mai cambiato idea sul ruolo dei padri nella vita dei figli. Quello che l’Apostolo Paolo ha scritto allora vale ancora oggi: “E voi, padri, non irritate i vostri figli, ma allevateli nella disciplina e nell'istruzione del Signore” (Efesini 6:4).

La prima istruzione che Paolo dà è quella di non irritare i figli! I genitori che non svolgono bene il loro compito tendono a provocare ed esasperare i propri figli. Scrivendo la stessa esortazione alla chiesa di Colosse Paolo aggiunge: “Padri, non irritate i vostri figli, affinché non si scoraggino” (Colossesi 3:21).

In questi due versetti Paolo ha usato due parole diverse, ma che sono tradotte entrambe in italiano con “irritate”. La parola originale include l’idea di sventolare la fiamma per ravvivarla, aizzandoli invece di avere un’influenza calmante su loro.

Il motivo per cui fare attenzione a non irritare i figli è che non si scoraggino, che non si spenga il loro spirito. L’idea è di non portare i figli a pensare che non valgono niente, che tutto quello che fanno è sbagliato.

È facile per i padri pensare che il loro compito principale sia quello di correggere ciò che è sbagliato agendo in modo autoritario, ma il rischio è di aggiustare ciò che è visibile, preoccupandosi delle apparenze, e non curando il cuore dei ragazzi.

Anche se davanti a Dio il capofamiglia è il padre, ed è lui il primo responsabile della crescita spirituale della famiglia, questo discorso è rivolto anche alle madri, perché il compito di allevare i figli è senza dubbio responsabilità di tutti e due.

Irritare e scoraggiare i figli li porterà ad avere atteggiamenti e comportamenti negativi. Prima di tutto gli insegna a essere ipocriti. Richiedere ai figli quello che non si è pronti a fare in prima persona apre la porta alla falsità nel loro rapporto con gli altri.

Poco prima della sua esortazione ai padri Paolo aveva avvisato tutti: “Guardate dunque con diligenza a come vi comportate; non da stolti, ma da saggi; ricuperando il tempo perché i giorni sono malvagi. Perciò non siate disavveduti, ma intendete bene quale sia la volontà del Signore” (Efesini 5:15-17).

Un padre saggio e coscienzioso è attento alla sua vita, e prima di mettersi a istruire gli altri cercherà di capire bene quale sia il comportamento che lui stesso deve tenere.

In secondo luogo, la durezza e la cattiveria producono risentimento.

Paolo aveva parlato anche di questo: “Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca, ma, se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela, affinché conferisca grazia a chi l’ascolta” (Efesini 4:29).

Accade spesso di interagire con i figli più per reazione a qualcosa piuttosto che per un nostro progetto educativo. A volte la fretta di risolvere il problema in questione ci spinge a essere duri, a far vedere la propria rabbia invece di mostrare la grazia di Dio. Ma una parola buona detta al momento giusto ha un effetto molto migliore.

In terzo luogo, la mancanza di ammissione dei propri sbagli e non essere pronti a perdonare sono motivi di grande irritazione per i figli. Paolo ha scritto: “Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo” (Efesini 4:32).

Credetemi, chiedere perdono non sminuisce la nostra autorità, piuttosto la rende più credibile. E offrire il perdono è fondamentale per non scoraggiare chi ne ha bisogno.

I genitori devono smettere di esasperare e scoraggiare i figli facendo il contrario di ciò che gli insegnano sulla disciplina e l’istruzione del Signore. Questo ovviamente è alla base della cura di un figlio.

Allevare vuol dire fare tutto il lavoro necessario dalla nascita in poi per avviare il bambino nella direzione giusta. Il punto focale deve essere sempre il Signore.

Quando si tratta della riprensione è facile lasciarsi dominare dal nervosismo e dal malumore. Giacomo invece ci ricorda che l’ira dell’uomo non compie la giustizia di Dio. L’ira spinge i genitori a riprendere i figli in modo sbagliato, esagerato, a sminuirli chiamandoli stupidi, a metterli a disagio sgridandoli davanti agli altri oppure stabilendo regole o punizioni esagerate del tipo “Non ti faccio uscire più con i tuoi amici” e a essere petulanti.

Educare e disciplinare bene e con coerenza biblica è senza dubbio difficile, a volte frustrante, e sempre stancante. L’impegno di influenzare la loro mente e dirigere il loro comportamento non finisce mai. Per farlo bene ci sono alcuni principi che vanno seguiti.

  • Le istruzioni devono essere chiare. Bisogna tenere conto dell’età dei figli e assicurarsi che abbiano compreso bene quello che gli si chiede.
  • Le aspettative non devono essere esagerate. Aspettarsi che un bambino non rovesci mai il bicchiere sul tavolo è eccessivo, incidenti del genere capitano anche a noi adulti.
  • Le nostre reazioni devono essere attente e appropriate. A volte il problema sta nel discernere tra quando si tratta di un comportamento puramente infantile e quando invece è una vera disubbidienza.
  • Dobbiamo essere coerenti. Sempre. Il no deve significare “no” ogni volta che viene pronunciato. Non può volere dire “fai quello che ti pare fino a che non mi esasperi.”
  • Le nostre istruzioni non devono essere arbitrarie, ma avere una spiegazione ragionevole. Non vuol dire che i figli debbano necessariamente essere d’accordo con le nostre motivazioni, ma noi dobbiamo avere chiaro in mente il perché delle nostre istruzioni.
  • Le correzioni e le punizioni devono essere appropriate. Ogni età richiede un approccio diverso. Non applicherai la stessa punizione per qualunque misfatto e a qualunque età, come non esigerai le stesse cose da un bambino e da un adolescente.

Ricordiamoci che lo scopo di tutto questo è dirigere la mente e il cuore del fanciullo o dell’adolescente verso il Signore, perché il nostro figlio conosca Dio e ciò che Lui vuole da noi. La Parola di Dio deve essere il punto di partenza e di arrivo in tutto quello che facciamo.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (2 Timoteo 3:16,17).

Ogni giorno a scuola, al parco e durante lo sport i nostri figli sono molto spesso esposti all’influenza di persone che non amano Dio, che non lo conoscono e non hanno l’intenzione di onorarlo.

Il compito di guidarli verso il Signore è principalmente nostro! Dio ritiene ogni genitore, specialmente il padre, responsabile dell’educazione dei figli. Non sono i parenti, gli insegnanti di scuola domenicale o altri. E fino a che dipenderà da noi, scegliamo con attenzione a chi permettiamo di influenzarli.

Genitori, prendete del tempo per riflettere sulla vostra vita davanti a Dio, e per parlare tra di voi di come essere padri e madri che trasmettono ai loro figli un retaggio spirituale eterno. Vale più di quello che il mondo avrà mai da offrire.

Davide Standridge

 

Le piccole bocche della verità

" A CASA NOSTRA..." Ristampa della VOCE, aprile 1973

A casa nostra ho fatto un piccolo patto con i miei figli. “Mi dovete dire i miei difetti perché li possa correggere.”

Ricordo che quando ero bambina c’erano delle cose che mi facevano proprio arrabbiare. Un amico di famiglia che faceva suoni sibilanti con i denti per togliersi il cibo rimasto nelle fessure dagli ultimi 15 giorni, una signora che mangiava il dolce e a ogni boccone si passava la lingua sul labbro superiore, un ragazzo che appena si cominciava a raccontargli una storia, si metteva a tirare su dal naso.

Appena i figli hanno sentito la proposta mi hanno guardata con gli occhi rotondi come galline spaventate: “Come? Noi dirti i tuoi difetti?”

“Non penserete mica che sia perfetta, no?”

“Ah, certo no!” Su questo punto erano pienamente d’accordo.

“Così mi aiuterete a non prendere delle cattive abitudini. Dopo tutto anche i figli possono aiutare i genitori.”

I primi giorni furono abbastanza penosi.

“Ma lo sai che cammini a papera?”

“Fai attenzione a non fare quelle facce buffe per la strada, come se ti stessi raccontando una storia da sola.”

“Eh, fossero solo le facciate... Non diciamo niente di quando parli da sola. Allora sembri proprio... Beh, lasciamo pure perdere.”

Ma piano piano ho imparato ad apprezzare certe osservazioni. E ho notato che erano di solito giuste.

“Io lo trovo poco rispettoso” mi ha detto una signora. “Io penso che i figli debbano abituarsi a non vedere i difetti dei genitori.”

Povera donna, si sbagliava di grosso. Anche la Bibbia dice che ci dobbiamo correggere a vicenda. E chi lo può fare meglio di chi ci vede da mattina sera?

E poi ho fatto anche una scoperta: prima di dirmi quello che devo correggere io, i figli ora si assicurano di non essere in fallo loro. E così prendiamo due piccioni o tre con una sola fava.

Maria Teresa Standridge

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La VOCE settembre 2021

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A casa nostra 


All’uscita dell’asilo il nonno offre la mano alla piccola e si incamminano verso casa.

“Ma tu chi sei?... Non ti conosco!” dice il nonno guardando la nipotina. 

“E tu, chi sei? Io non ti conosco!” gli fa eco la piccola.

Arrivati a casa il nonno si rende conto che aveva preso la bambina sbagliata alla scuola materna! 

Il tutto si è poi risolto in poco tempo riportando a scuola la “nipotina” sbagliata e ritirando quella giusta.

È successo davvero in un asilo nido di Arezzo. Posso immaginare l’apprensione del papà della bimba sparita e l’affannosa ricerca dello sconosciuto che l’aveva presa!

Il nonno si è giustificato dicendo che era entrato dal portone sbagliato e che la bambina era omonima della sua nipotina. Sarà stato sovrappensiero o magari era distratto o forse sarà stata l’età…

Questo episodio mi ricorda quello che era successo a un  missionario straniero in Italia, con la nomea di essere uno sbadato cronico. Un giorno aveva preso per mano la figlia per accompagnarla a scuola a piedi, ma arrivato sul posto si era accorto di aver preso la pattumiera lasciando invece la figlia a casa. Raccontarlo suscitava sempre grande ilarità in chi lo conosceva.

Sono due storie vere finite bene, ma che fanno capire che figli e nipoti sono una grande responsabilità. Parliamone.

Una bella sorpresa

Da quando sono diventato papà ho ricevuto sette telefonate particolari che mi hanno sorpreso e reso felicissimo ma, allo stesso tempo, spinto a serie riflessioni. 

L’ultima di queste è arrivata poco tempo fa da mio figlio che vive negli Stati Uniti. Mi ha passato subito sua figlia e ho sentito grande eccitazione nella voce della mia nipotina che diceva: “Nonno, la mamma ha un fratellino nella sua pancia!”

Avevo già ricevuto sei annunci dello stesso tipo dai miei figli, e anche questa volta ho ringraziato il Signore per la nuova vita che Egli ha aggiunto alla nostra famiglia.

“Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse; e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra»” (Genesi 1:27,28).

Queste parole di Dio agli inizi della storia umana sono ricche di significato: Egli ha dato all’uomo il desiderio di procreare, e gli ha affidato anche i privilegi e i doveri che ne conseguono. Infatti, la nascita di ogni bambino comporta tante nuove responsabilità. E noi, come affrontiamo queste realtà delle nostre famiglie?

Sono preoccupato!

Da alcuni anni ormai si può notare in diverse famiglie, particolarmente nei paesi occidentali, come si stiano perdendo di vista ruolo e responsabilità dei genitori. Non mi faccio  illusioni che questo articolo possa risolvere i problemi di tutti sull’essere genitori e nonni, ma mi auguro che per lo meno i genitori credenti si fermino a riflettere bene cosa richieda effettivamente il ruolo di padri e madri.

Dopo il congedo di maternità molti neogenitori si trovano catapultati in nuove situazioni da dover affrontare sulle quali, forse, non hanno ragionato a sufficienza né preso decisioni insieme. Con ogni figlio, per esempio, aumentano le pressioni finanziarie, e ogni anno saranno sempre un po’ più onerose. Come preventivarle?

Cambiano anche le dinamiche di lavoro, fuori e dentro casa, che necessitano decisioni ponderate e lungimiranti. 

Chi dei due continuerà a lavorare, e chi si dedicherà principalmente alle faccende domestiche? 

E ancora: chi saranno, oltre i genitori stessi, le persone che contribuiranno alla cura del bambino, alla sua educazione e disciplina, e in quale misura?

Sono questioni che non possono essere affrontate con superficialità.

Spesso si ricorre a soluzioni che sono dettate più dall’urgenza o dai mezzi di cui si dispongono in quel preciso momento, piuttosto che dal cercare di capire quali siano i principi biblici da seguire per una famiglia cristiana che vuole onorare Dio. È utile fare un po’ di chiarezza su questo.

Ruoli ben definiti

La responsabilità di educare i figli è dei genitori, verità inconfutabile! Ma è curioso invece constatare che, in pratica, questo compito ricada spesso principalmente sulla mamma.

È vero che in numerosi versetti Dio illustra la sua cura per le sue creature servendosi dell’immagine familiare di una mamma che si prende cura dei suoi figli.

Nei Proverbi c’è la descrizione della donna virtuosa secondo Dio. Dice che “I suoi figli si alzano e la proclamano beata, e suo marito la loda, dicendo: «Molte donne si sono comportate da virtuose, ma tu le superi tutte!»” (Proverbi 31:28,29).

Nello stesso capitolo, al versetto 26 è scritto che lei “apre la bocca con saggezza, e ha sulla lingua insegnamenti di bontà.”

Passi come questi fanno capire quanto sia fondamentale la cura e l’educazione che il bambino riceve dalla mamma, da quando nasce al raggiungimento della maggiore età. Per questo motivo la Bibbia avverte anche che “La verga e la riprensione danno saggezza; ma il ragazzo lasciato a se stesso, fa vergogna a sua madre” (Proverbi 29:15).

Il concetto è chiaro: il comportamento di un figlio è il risultato della cura e dell’attenzione che ha ricevuto dalla mamma.

D’altra parte, anche i padri hanno ricevuto da Dio istruzioni ben precise su come comportarsi con i figli: “Tu amerai dunque il SIGNORE, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze. Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, te li metterai sulla fronte in mezzo agli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle porte della tua città” (Deuteronomio 6:5-9).

Papà e mamma hanno quindi il grande dovere davanti a Dio di educare i propri figli non solo trasmettendo loro il giusto comportamento nei vari contesti sociali, ma nutrendoli dei sani valori spirituali eterni (in Proverbi 3:1-26 ce ne sono in abbondanza; sarebbero da approfondire uno a uno). 

Ogni credente serve Dio ed è responsabile delle proprie azioni direttamente davanti a Lui. “Noi tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione di ciò che ha fatto quando era nel corpo, sia in bene sia in male” (2 Corinzi 5:10). Sarebbe sciocco pensare che a causa delle circostanze del mondo di oggi o della mentalità moderna queste esplicite responsabilità siano cambiate o diventate antiquate agli occhi di Dio.

Chi cura i figli oggi?

Ogni giorno cerco di fare un po’ di esercizio fisico e ho preso l’abitudine di fare una bella camminata nel mio quartiere. Così mi capita di incrociare tanti nonni che portano i nipotini a spasso in carrozzina o accompagnano i più grandi a giocare al parco. Sono nonno anch’io, e so bene il piacere che si ha nello stare con questi piccoli.

Ma poi mi capita di parlare con genitori frustrati che si lamentano che i nonni sono troppo indulgenti e permissivi con i nipoti. 

E d’altra parte, parlando coi nonni li vedo sopraffatti dalla crescente responsabilità che i figli gli delegano di crescere i nipotini.

Torneremo a parlare dei nonni più avanti, ma per ora dico solo che non sono loro ad aver messo al mondo questi bambini; il loro dovere ormai, nel bene o nel male, l’hanno già fatto coi propri figli. Perché mai dovrebbero subire adesso questa pressione di allevare anche i nipoti?

Certo, esistono casi in cui i nonni devono sopperire alla mancanza dei genitori, ma sono eccezioni. O meglio dovrebbero esserlo. Mi sembra di notare invece che sempre più genitori si aspettano un maggiore impegno dai nonni, come se fosse un loro dovere indiscusso.

Allora ripeto: finito il tempo del congedo di maternità, questi bambini chi li curerà?

Oggi come oggi, molti bambini fin dalla più tenera età vanno al nido. Passano diverse ore nelle mani di persone esperte ma estranee che li accudiscono. Spesso tocca ai nonni accompagnarceli, facendo la spola tra casa, asilo, scuola e le varie attività per l’infanzia, fino alla sera quando i genitori rientrano a casa.

Ovviamente, dopo tante ore fuori casa, i bambini sono stanchi e i genitori esausti da una giornata stressante al lavoro. E allora una cena veloce insieme e poi via, tutti a letto!

Se questa è una tua normalità, quello su cui bisogna riflettere oggi è capire chi ha passato i momenti più formativi con i tuoi figli: tu o altre persone? Chi ha avuto un impatto spirituale efficace fino a oggi nella vita di tuoi bambini?

Sarebbe utile che i genitori si sedessero per affrontare seriamente questo problema, e per cercare di capire insieme cosa si aspetti Dio da loro.

Una prima reazione quando si discutono situazioni del genere è che economicamente la famiglia non può andare avanti senza che tutti e due i genitori lavorino. È possibile che sia vero. Ma allora, a maggior ragione bisogna valutare attentamente il quadro generale della famiglia. 

Quanto sono attinenti e importanti allora le parole dell’Apostolo Paolo: “E prego che il vostro amore abbondi sempre più in conoscenza e in ogni discernimento, perché possiate apprezzare le cose migliori, affinché siate limpidi e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di frutti di giustizia che si hanno per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio” (Filippesi 1:9-11).

La parte che voglio far notare in questa frase è “apprezzare le cose migliori”. Non solo attribuire il giusto valore a ogni cosa, ma saper discernere, valutando con attenzione, quello che è eccellente. Se leggi bene la frase, tutto nasce dall’amore che deve imparare sempre più a saper discernere. La scelta è dettata dall’amore che si basa sulla conoscenza.

È chiaro che l’amore in questione è quello per Dio, e di riflesso per i nostri coniugi, figli e il resto della famiglia.

La conoscenza, invece, si riferisce alla Parola di Dio. È la Bibbia quella che deve guidarci nella gestione delle nostre responsabilità. Conoscere le Scritture ci aiuta a definire una giusta, precisa scala di priorità da seguire senza dover improvvisare ogni volta, e sperare di aver fatto bene.

Calcoli scrupolosi

Le finanze della famiglia ovviamente fanno parte della scala di priorità che ciascuna coppia deve stabilire e seguire. Sorgono spesso situazioni che richiedono una rivalutazione di entrate e uscite. A volte una risposta sbrigativa sembra farci comodo, ma davanti all’importanza della cura dei figli non possiamo permetterci di essere superficiali. Ogni coppia deve valutare bene se sia proprio necessario che tutti e due lavorino.

Prima di rassegnarci alla situazione familiare attuale dobbiamo domandarci se quello per cui ci servono maggiori entrate sia davvero necessario.

È una priorità giusta far praticare ai bambini uno sport che richieda un impegno economico oneroso? Avere una seconda casa è strettamente necessario? Quali sono quelle spese che facciamo non per una vera necessità e di cui potremmo fare a meno? E dirò di più: è saggio spendere cifre esorbitanti per vacanze “da urlo” se esistono alternative più economiche ma altrettanto divertenti? 

Spetta a ogni coppia completare la lista di domande da porsi e trovare insieme soluzioni di buon senso, dettate dall’amore, che rispecchino la propria situazione.

Ma, a parte l’aspetto economico che certamente inciderà sulle decisioni, mai sottovalutare l’importanza che siano i genitori i primi a dover esercitare influenza sui figli per la loro crescita. Questa consapevolezza deve spingerci a valutare ogni decisione che li riguarda. 

Bisogna chiedersi anche se la moglie non si senta più realizzata con un lavoro fuori casa, piuttosto che l’essere una mamma a tempo pieno. La società e la cultura moderna hanno contribuito molto al pensiero che una donna, per avere valore, è necessario che sia apprezzata nel mondo del lavoro. Una carriera importante è la soddisfazione che manca a tante mogli e madri.

Non è sbagliato che una donna desideri essere riconosciuta e apprezzata per quello che fa o che cerchi un impiego fuori casa. Anzi, tutti i mariti in generale rischiano di svalutare il lavoro delle mogli con il loro atteggiamento poco riconoscente e le critiche facili. Ma la necessità che ambedue i genitori lavorino deve essere valutata insieme dalla coppia.

FACCIAMO A CAMBIO?

Alcuni oggi obiettano al ruolo classico della mamma e promuovono un capovolgimento, l’inversione nelle mansioni della mamma e del papà. Trovano molti sostenitori alle loro idee tra le famiglie non tradizionali.

A prima vista potrebbe anche sembrare una proposta legittima. Ma bisogna tenere conto di quello che Dio, l’inventore e l’istitutore della coppia e della famiglia, dice sul ruolo della mamma e del papà. Ecco le sue parole al primo uomo e alla prima donna, subito dopo che questi si erano ribellati al suo comando peccando:

“Alla donna disse: «Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te». Ad Adamo disse: «Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall’albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l’erba dei campi; mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai»” (Genesi 3:16-19).

Il testo esprime in modo chiaro i ruoli distinti dell’uomo e della donna, ma emerge anche il fatto che svolgerli sarebbe stato faticoso, e a volte spiacevole. L’essere mamma avrebbe portato dolore alla donna, e all’uomo il lavoro avrebbe procurato difficoltà. In più, il rapporto tra moglie e marito avrebbe prodotto attrito e astio. Ogni coppia al mondo, credente e non, può attestare per esperienza che è così.

Ricchezza da preservare

Essere genitori è una delle gioie più complete e ricche nella vita. I figli infatti sono una benedizione e un dono personale di Dio (Salmo 127:3-5). Un aspetto della benedizione, a cui non si pensa spesso, è proprio il dover affrontare tante nuove difficoltà e responsabilità. Nella visione di Dio la maternità e la paternità devono spingere a essere meno egoisti, a crescere nella dipendenza reciproca, a ricercare quello che veramente vale nella vita per poterlo trasmettere ai figli, a essere il riflesso dell’amore di Dio verso i suoi.

Per fare tutto ciò l’uomo e la donna devono riconoscere il loro bisogno di Dio e la necessità di dipendere da Lui. La coppia deve capire come adempiere alle responsabilità di ognuno in un modo che piaccia al Signore. Avere “frutti di giustizia alla gloria di Dio” comincia proprio in famiglia. La cura del proprio nucleo familiare è il punto di partenza per portare gloria a Dio.

Mamme e papà, prima di parcheggiare i vostri bambini dai nonni, a scuola o dai babysitter chiedetevi sinceramente cosa voglia Dio da voi!

Una parola ai nonni

Con tutto il bene che volete ai vostri nipotini, ricordatevi che non siete voi i loro genitori. Allevare i nipoti non è un compito stabilito da Dio per voi! Non permettete quindi che i vostri figli, o chiunque altro, vi facciano sentire in colpa perché non fate i sostituti genitori.

La vostra prima responsabilità è l’uno verso l’altra come coppia, del marito verso la moglie, del nonno verso la nonna. 

Ho visto nonni litigare tra loro e trascurare il loro rapporto a causa delle richieste esagerate dei figli di assumersi la cura dei nipoti. Cari nonni, anche voi avete una scala di priorità che non bisogna perdere di vista.

Questo non toglie nulla al vostro piacere di aiutare con i bambini, di stargli vicino, di coccolarli. 

È solo un anno che quattro nostri nipotini vivono in Italia, ed è una gioia immensa vederli crescere. Il più piccolo di loro ha quattro anni, il più grande ne ha undici. 

Ogni volta che ci vediamo si mettono subito in fila con lo sguardo speranzoso e ci chiedono cosa gli abbiamo portato. Cerco di essere sempre preparato con qualcosa da dargli pronta in tasca: una caramella, un cioccolatino, un pensierino. 

Mi piace viziarli con questi piccoli gesti, ma gli ricordo ogni volta che devono chiedere ai genitori il permesso di mangiare quello che gli ho portato, e che devono essere sempre grati. 

Può sembrare una piccolezza, ma anche questo fa parte dell’educazione.

Noi nonni, non essendo i loro genitori, non possiamo assecondare tutte le richieste dei nostri figli adulti riguardo ai loro bambini, perché oltre a essere sbagliato, rischiamo di diventare loro complici nel mancare alle loro responsabilità.

D’altra parte, non posso fare a meno di ricordare le circostanze di Timoteo di cui parla l’Apostolo Paolo: “Ricordo infatti la fede sincera che è in te, la quale abitò prima in tua nonna Loide e in tua madre Eunice, e, sono convinto, abita pure in te” (2 Timoteo 1:5).

La nonna di Timoteo aveva avuto un grande effetto sulla sua vita attraverso l’educazione della figlia prima e del nipote poi. Probabilmente il padre di Timoteo non era credente, ma quella nonna aveva portato la luce di Dio nella vita di quel giovane, che poi ha servito con fedeltà accanto a Paolo.

Questo dimostra che come nonni possiamo esercitare un’influenza, anche decisiva, per il vangelo nella vita dei nostri nipoti, anche se i nostri figli non sono credenti. Dobbiamo pregare che Dio usi il nostro ascendente per la sua gloria.

Dio vuole servirsi di noi, del nostro bagaglio di vita e di conoscenza della sua Parola, per aiutare i più giovani a orientarsi verso tutto ciò che onora il Signore. Paolo ne parla scrivendo a Tito: “I vecchi siano sobri, dignitosi, assennati, sani nella fede, nell’amore, nella pazienza; anche le donne anziane abbiano un comportamento conforme a santità, non siano maldicenti né dedite a molto vino, siano maestre nel bene, per incoraggiare le giovani ad amare i mariti, ad amare i figli, a essere sagge, caste, diligenti nei lavori domestici, buone, sottomesse ai loro mariti, perché la parola di Dio non sia disprezzata” (Tito 2:2-5).

Nell’ambito di una chiesa locale è possibile fare da nonni anche ai bambini che non sono nostri nipoti. Quando ero piccolo, nell’assemblea che frequentavo con la mia famiglia, c’era una signora anziana che aveva sempre una caramella Rossana per noi bambini. Nel suo piccolo era un tassello in più di cui Dio si è servito per farmi amare la chiesa anche da piccolino.

Allora, siate creativi, pregate per i vostri nipotini, chiedete al Signore che via dia l’opportunità di essere nonni che lasceranno un’impronta spirituale nella loro vita. Ci vorrà tempo, sforzo e amore, tutti aspetti che Dio vuole darci e sviluppare sempre più in noi.

E se vi capita di ricevere anche voi una telefonata speciale, come quelle sette che ho ricevuto dai miei figli, lasciate che la gioia e la sorpresa vi spingano a riflettere sulle vostre nuove responsabilità. Genitori, prendete seriamente il vostro compito di… genitori. E voi nonni, fate bene i nonni, seguendo l’esempio della nonna Loide.

– D.S.


A casa nostra

A casa nostra, quando i figli crescevano, avevamo appesa in cucina una lista dei vari compiti assegnati a ognuno. Chi doveva lavare i piatti, sparecchiare o portare a spasso il cane vedeva il suo nome in una certa colonna e sapeva quello che doveva fare. 

Mio marito era il grande coordinatore e con pazienza valutava la durata dei lavori, teneva conto di attività scolastiche e sportive e cercava di giostrare impegni, diritti e doveri per accontentare tutti. Io una pazienza simile non credo che l'avrei mai avuta. 

Ai ragazzi piace sapere quali siano le loro responsabilità e i limiti in cui devono funzionare. Si sentono sicuri e sanno esattamente che cosa ci si aspetta da loro. E più si sbrigano e più contenti sono. Senza darsi altri pensieri. 

Per i genitori le cose sono diverse. Il tempo che si passa coi figli non può essere codificato e regolato come un appuntamento dal dentista. Tipo: “Oggi, dalle tre alle tre e trenta, ti ascolto. Alle tre e trentuno mi faccio i fatti miei.” 

Ed è importante che sia così, perché le occasioni di ascoltare e di parlare si presentano quando meno te le aspetti. Un ginocchio sbucciato da medicare, un momento di scoraggiamento per un compito che non riesce, un passerotto trovato con l’ala rotta da curare, non sono momenti che si possono pianificare. Succedono. E sono momenti importanti, di grande valore, per costruire amicizia, fiducia, affetto. 

Io ammiro molto le mie nuore e mia figlia. Sembrano trovare per i loro figli sempre più tempo di quello che trovavo io. Leggono loro dei libri, fanno passeggiate, li ascoltano, portano avanti dei piccoli progetti. E, soprattutto, non sembrano avere mai troppa fretta. 

Come fanno? Probabilmente si fanno delle liste di lavori meno lunghe di quelle che mi facevo io, e si rendono conto che i figli oggi li abbiamo con noi e che, molto presto, ci lasceranno. 

La fretta di una vita troppo piena produce stanchezza e la stanchezza produce irritabilità e indifferenza. Una indifferenza e una irritabilità che il bambino può interpretare come una mancanza di amore e di interesse. E che, soprattutto, riempiono le mamme di sensi di colpa. 

Che fare, allora? Rallentare e mettersi un freno. E non rinunciare a quei momenti di calore, in cui i figli si aprono e mostrano di avere bisogno di noi, considerandoli poco importanti. 

E se si aprono la sera tardi, quando moriamo di sonno? Lasciamoli aprire. Dormiremo quando non avranno più bisogno di noi.

Maria Teresa Standridge, La VOCE, ristampa del gennaio 1997 

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La VOCE ottobre 2019

Illusi! Cosa state pensando?

“Mio figlio è un bravo ragazzo, non ha mai fatto nulla di male!”  È il ritornello più ripetuto dai genitori di figli che hanno commesso un crimine. 

Uno di questi genitori è Ethan Elder che, come ha riportato Il Messaggero del 1 agosto, ha dichiarato: “Sono cresciuto in povertà, ho avuto fortuna più tardi nella vita. Ai miei figli ho insegnato l’importanza di condividere e dare. Entrambi sono divenuti due giovani adulti generosi e gentili.”

Ethan Elder è il padre del diciannovenne Finnegan Elder accusato di aver ucciso con undici coltellate alle spalle il carabiniere Mario Cerciello Rega. 

Se questa storia non sconcerta il pubblico, è perché ormai siamo abituati a tanti crimini inauditi. Il peccato dell’uomo sembra non conoscere limiti. 

Tutti i bambini nascono peccatori e i comportamenti sbagliati cominciano dalla nascita. Eppure troppi genitori adorano i propri rampolli a tal punto da non intervenire. Stanno allevando dei piccoli delinquenti che, se non diventano dei mostri, è solo per la grazia di Dio.

Succede nel mondo. Ma è particolarmente triste e fa anche rabbia che nelle famiglie dei credenti si sottovaluti quello che Dio dice nella Bibbia. 

È vero, ne abbiamo già parlato, anche più volte. Ma repetita iuvant.

Figlio mio, dammi il tuo cuore

Nel libro dei Proverbi è scritto: “La follia è legata al cuore del bambino, ma la verga della correzione l’allontanerà da lui” (Proverbi 22:15).

Non ci vuole un teologo né una laurea per afferrare il concetto.

Nel cuore del bambino, per quanto lui sia carino e piccolino, si nasconde la follia, e spesso neanche tanto bene. C’è solo una medicina che funziona contro l’incapacità del bambino di distinguere il bene dal male: la verga della correzione. 

La verga qui indica punizione che deve farsi sentire, essere ben percepita insomma, ma ci torneremo su alla fine dell'articolo.

Che tempi! Che costumi!

Vedo tanti bambini e ragazzini sempre più giovani incollati agli iPad e telefonini che li intrattengono. I genitori si illudono che vestirli griffati e pettinarli alla moda, o peggio ancora assecondarli in tutto e per tutto, sia sinonimo di buona educazione. Ciò però non fa altro che camuffare la follia insita nel cuore di questi piccoli. 

Tempo fa in spiaggia osservavo una scena che è durata una decina di minuti. Un bambino di sette o otto anni gridava parolacce e sputava sulla nonna che cercava di tenerlo buono. Era un continuo crescendo di insulti e grida. 

Ad un certo punto il “dolce fanciullo” ha preso una pala di plastica e ha colpito la nonna sul ginocchio. Lei, per difendersi, gli ha dato una botta sulla mano, al che il bambino, più per la sorpresa che per il dolore, si è messo a piangere e gridare. 

Sono intervenute due altre mamme cercando di calmarlo, ma lui ha cominciato a colpire anche loro. 

Per farlo smettere la nonna gli ha dato dei soldi per comprarsi un gelato, cosa che poi ha fatto. E mentre lo mangiava continuava a dire parolacce alla nonna. 

Dopo aver mangiato solo metà del gelato, ha buttato il resto e ha preteso altri soldi per andarsi a comprare altre cose. La nonna ha prontamente aperto la borsetta e ha fatto come le lui aveva chiesto. 

Così, alla fine, lui si è allontanato lasciando la nonna a massaggiarsi il ginocchio dolente colpito dal “bravo bambino!” 

Morale della storia: il bambino folle si era allontanato dalla nonna, ma la follia del bambino aveva solo messo radici più profonde.

Lezioni di civiltà

A volte provo pena per tutti quelli che, pur non essendo i genitori, devono esercitare una qualsiasi forma di autorità sui bambini. Gli insegnanti a scuola ne sanno qualcosa: in confronto alle generazioni passate di educatori, oggi si fa sempre più fatica a gestire gli alunni. Attualmente questi ragazzini pieni di follia sono obiettivamente più difficili da educare. È vero che molti insegnanti cercano di escogitare modi creativi di controllare le scolaresche, ma spesso è un lavoro senza speranza.

Ai tempi miei, se i genitori scoprivano che qualcuno di noi si comportava male a scuola, la punizione arrivava sicura e senza indugi. E quando i miei figli andavano a scuola c’era ancora quel senso di rispetto, anche se meno evidente, della figura del professore, che faceva sì che normalmente i genitori davanti ai comportamenti inaccettabili dei figli dessero ascolto agli insegnanti. Oggi sembrano schierarsi dalla parte del bambino prima ancora di scoprire il fatto vero, e senza dare peso alle difficoltà dell’insegnante. 

Morale della storia: molti insegnanti, nonostante la buona volontà, e mossi da un vero desiderio nonché da un reale bisogno dei bambini di essere educati, hanno le mani legate.

La Bibbia presenta tanti principi fondamentali su come allevare figli. È chiaro che chi non la conosce non li segue, ma è triste che tanti genitori credenti si facciano influenzare più dal modo di fare moderno che dalle sue verità.

I principi biblici sull’educazione non sono affatto legati alla cultura del tempo, ma alla natura del bambino, di cui Dio ha una conoscenza perfetta, il che fa di Lui anche l’autorità massima sull’argomento. 

Richard Baxter, un noto puritano del XVII secolo, aveva cominciato il suo ministero insegnando alla scuola elementare. Nel tempo poi è diventato un leader del movimento puritano. Quello che segue qui sotto è scritto da lui quasi 350 anni fa.

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Più giusto chiamarlo un diavolo che un genitore!

“...allevateli nella disciplina e nell’istruzione del Signore” (Efesini 6:4)

Genitori! Il vostro esempio e la vita sono un continuo, potente sermone che vostri figli vedono sempre!

Genitori! C’è un’eredità eterna di gioia che i vostri figli devono raggiungere – ed è in vista di essa che voi dovete allevarli. C’è una miseria senza fine a cui devono fuggire – ed è questo ciò che dovete insegnargli diligentemente. Se non insegnate loro a conoscere Dio e a servirlo, e come essere salvati e scampare alle fiamme dell’inferno, non gli insegnate nulla, anzi fate peggio di niente. È nelle vostre mani di fare loro la più grande gentilezza o la peggiore crudeltà che esista al mondo! Aiutateli a conoscere Dio e ad essere salvati, e fate di più per loro che se li aiutaste a diventare principi o principesse.

Se trascurate le loro anime e li allevate nell’ignoranza, mondanità, empietà e nel peccato, li tradite consegnadoli nelle mani del diavolo, il nemico delle loro anime, proprio come se li vendeste a lui. Li vendete per essere schiavi di Satana! Li tradite consegnandoli a uno che li imbroglierà e abuserà di loro in questa vita e li tormenterà per l’eternità. 

Se vedeste un uomo o una donna che osi nel suo cuore gettare il figlio in una fornace ardente, non pensereste che sarebbe più giusto chiamarlo diavolo piuttosto che genitore? Quanto più quando si tratta delle fiamme dell’inferno! 

Quali mostri disumani sareste allora, se leggendo nelle Scritture quale sia la via per l’inferno, e chi siano quelli che Dio consegnerà al diavolo per essere tormentati, allevaste lo stesso i vostri figli senza sforzarvi di salvarli da un destino simile!

Se li amate, mostratelo nelle cose da cui dipende il loro benessere eterno. Non dite che li amate, se poi li conducete all’inferno! E se non li amate, non siate così spietati nei loro confronti da dannarli! Non c’è peggiore cosa che possiate fare per dannarli che allevarli nell’ignoranza, incuria, mondanità, sensualità e empietà!

Non ci sono altre vie verso l’inferno. Eppure… Sareste forse capaci di allevare loro in questo tipo di vita e insistere che non desiderate la loro dannazione?

Ma se voi addestrate i vostri figli nell’empietà, dovreste ammettere che avete l’intenzione di dannarli! E non è forse vero che il diavolo è più scusabile di voi per aver agito con crudeltà verso i vostri figli, perché come loro genitori, la natura vi spinge ad amarli e a difenderli dalla miseria?

Lasciatemi parlare seriamente ai cuori di quei genitori disattenti ed empi che trascurano la santa educazione dei loro figli. Non siate così spietati verso chi avete portato al mondo! Abbiate pietà e soccorrete le anime che avete contaminate e rovinate! Abbiate pietà delle anime che dovranno perire nell’inferno se non si convertono!

Aiutate loro che hanno così tanti nemici che li assalgono, così tante tentazioni da affrontare, così tante difficoltà da superare e un giudizio tanto severo da subire!

Aiutate loro che sono tanto deboli e cosi facilmente ingannati e abbattuti!

Aiutateli prontamente, prima che il peccato li indurisca, e Satana si costruisca una fortezza nei loro cuori.

Non siate crudeli verso le loro anime!
Non vendeteli a Satana, a nessun prezzo!
Non traditeli all’inferno a causa della vostra empia negligenza!

E se uno di loro dovesse pur perire, che non sia a causa vostra, voi che avete il dovere di fare loro del bene.

La rovina delle anime dei vostri figli è più consona a Satana che a voi che siete i loro genitori!

Considerate quanto siano odiosi i genitori traditori delle anime: tradiscono i propri figli per farli diventare schiavi di Satana qui e tizzoni dell’inferno nell’eternità! Non unitevi al diavolo in questa orrida malvagità contro natura!

“Non risparmiare la correzione al bambino; se lo batti con la verga, non ne morrà; lo batterai con la verga, ma lo salverai dal soggiorno dei morti” (Proverbi 23:13,14).

—Richard Baxter

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È un testo duro, senza giri di parole,  quello di Baxter, ma non gli si possono fare appunti. 

Dio, nella sua misericordia, protegge i figli dalle mancanze e incapacità dei genitori, e salva anche bambini che sono stati cresciuti nell’incuria e disattenzione, ma non per questo possiamo trascurare le nostre responsabilità.

In molte famiglie entrambi i genitori lavorano fuori casa e, sebbene questa possa essere una necessità, non è un buon motivo per abdicare al proprio ruolo di genitore educatore. 

Non spetta alla scuola curare le anime dei figli. 
I nonni o le babysitter non possono sostituire l’amore e la cura da parte dei genitori. 

E sebbene Dio indubbiamente si serva della cura e delle attenzioni di tanti bravi insegnanti di scuola domenicale e di ore felici per avere un impatto eterno nella vita di tanti bambini trascurati dalla famiglia, la scuola domenicale non può supplire alle mancanze di coloro ai quali Egli ha assegnato la responsabilità di accudire, allevare ed educare i figli.

Un nuovo inizio

A questo punto voglio incoraggiarti a non ancorarti alle scuse che forse ti vengono naturali o alle opinioni che non sono in linea con la Parola di Dio.

L’anno scolastico sta ricominciando ed è un buon momento per rivalutare le proprie priorità, e per esaminare con più attenzione quelle che sono forse già diventate cattive abitudini in famiglia.

Come marito e moglie, perché non prendete il tempo per leggere insieme il libro dei Proverbi? In esso c’è una miniera d’oro di principi e avvertimenti sull’educazione dei figli. Studiateli e discutete insieme come metterli in pratica nella vostra famiglia.

Come genitori, ridedicatevi al compito santo di curare le anime dei vostri figli. 

Padri, leggete Deuteronomio 6:1-9. Prendete il tempo per chiedervi come potete svolgere meglio (o cominciare a svolgere!) il vostro compito di padri. Senza più cercare scuse, trovate il modo di svolgerlo con diligenza e costanza, davanti al Signore, per il bene dei vostri figli.

Madri, trovate il tempo e chiedete al Signore le forze per aiutarvi a trasmettere ai vostri figli l’importanza di avere un cuore per gli insegnamenti morali necessari per il benessere spirituale. 

È un progetto a lungo termine: i cambiamenti non avvengono solo perché si fanno dei buoni propositi, ma sono il risultato di una pianificazione attenta del vostro tempo e delle vostre priorità.

“La verga e la riprensione danno saggezza, ma il ragazzo lasciato a se stesso fa vergogna a sua madre. Correggi tuo figlio; egli ti darà conforto e procurerà gioia al tuo cuore” (Proverbi 29:15,17).

E quando poi parleranno dei vostri figli, possa il vostro cuore gioire ed essere fiero di loro. 

Punire secondo Dio
  • Chi risparmia la verga odia suo figlio, ma chi lo ama, lo corregge per tempo. Proverbi 13:24
  • Non risparmiare la correzione al bambino; se lo batti con la verga, non ne morrà; lo batterai con la verga, ma lo salverai dal soggiorno dei morti. Proverbi 23:13,14
  • La follia è legata al cuore del bambino, ma la verga della correzione l’allontanerà da lui. Proverbi 22:15 
  • La verga e la riprensione danno saggezza; ma il ragazzo lasciato a se stesso, fa vergogna a sua madre. Proverbi 29:15
  • Anche Dio usa la disciplina coi suoi figli: “...e avete dimenticato l’esortazione rivolta a voi come a figli: «Figlio mio, non disprezzare la disciplina del Signore, e non ti perdere d’animo quando sei da lui ripreso; perché il Signore corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli»”. Ebrei 12:5,6

Giochi proibiti  

Quando i gemelli erano abbastanza grandi per camminare e circolare nella loro stanza, ma ancora troppo piccoli per usare il vasetto, usavano una quantità indescrivibile di pannolini. Allora i pannolini che si buttano non si usavano molto perché erano molto cari (ancora oggi sono un peso non indifferente sul bilancio famigliare...); perciò ogni giorno c’era da fare il bucato, stendere i pannolini e ripiegarli. Poi li mettevo in un cassetto nella stanza dei bambini.

Daniele, uno dei gemelli, un giorno decise di inventare un gioco nuovo e divertentissimo.

Aprì il cassetto, tirò fuori un pannolino, lo spiegò e lo buttò attraverso la stanza. Poi fece lo stesso col secondo, col terzo e così via, finché il cassetto non fu vuoto. 

Quel giorno era in casa mio marito. Aveva un lavoro da fare e si congratulava per il silenzio e la calma che regnavano in casa (mai fidarsi quando c’è troppo silenzio!!). 

Ad un tratto, sentì i bambini che ridevano come matti e andò a vedere. 

Sembrava che nella stanza fosse passato Attila, flagello di Dio.

“Ma che avete fatto?” chiese mio marito.

“Niè gioca molto bene” (Niè voleva dire Daniele, nel linguaggio dei bambini).

Papà si mise a spiegare con pazienza che i pannolini non sono un gioco, che devono stare nel cassetto, a fare la “nanna”. Perciò, prese il bambino, gli fece piegare alcuni pannolini, glieli fece riporre nel cassetto, la maggior parte la ripiegò lui e il cassetto fu chiuso con fare solenne.

“I pannolini ora fanno la nanna. Non sono un gioco. Nanna” ripeté mio marito.

“Nanna” acconsentì Daniele.

“Se i bambini giocano con i pannolini, papà deve fare...”

“Pum, pum” ripeterono in coro i gemelli.

“Capito?”

“Capito.”

Il giorno seguente avevamo un ospite a pranzo e i bambini erano in camera loro perché avevano già mangiato.

Di nuovo, un grande silenzio dalla camera dei bambini. Andai a vedere. Era di nuovo passato il turbine fra i pannolini. Oltre ai pannolini, erano volati anche magliette e bavaglini.

“Ci penso io” disse mio marito. Infatti, è una buona regola, se possibile, che le punizioni siano date dalla persona che ha emanato la legge. In quel caso, mio marito.

“Allora, che cosa è successo?”

“Niè, gioca. Pannolini nanna. Niè sveglia.”

“E cosa aveva detto papà?”

“Pannolini nanna.”

Era chiaro: Daniele aveva capito perfettamente che cosa avrebbe dovuto fare e aveva disubbidito. 

Perciò doveva essere punito.

“Ci ha provato ancora?” domanderete.

No. Non con i pannolini, per lo meno. Anzi, con un sorriso birbone, metteva la manina sulla maniglia del cassetto e diceva: “Pannolini nanna, Niè non sveglia!” 

—Tratto dal capitolo 5 del libro Figli piccoli, gioie grandi di Maria Teresa Standridge


Uno degli errori più pericolosi

Uno degli errori più pericolosi che un genitore possa fare è vietare, o trascurare per ignoranza, che i suoi figli fin da piccoli frequentino la chiesa e siano istruiti nella Parola di Dio.

Uno dei più grandi tradimenti del volere di Dio avviene quando una chiesa locale, o i suoi responsabili, scoraggiano i genitori che desiderano portare i loro figli alle riunioni, non provvedendo loro ogni agevolazione e aiuto perché possano curare e accudire i loro bambini nell’ambiente della chiesa.

Ricordo, molti anni fa, un’esperienza mia e di mia moglie, quando dei credenti, forse senza rendersene conto, hanno dimostrato il loro desiderio di allontanare i bambini dalla chiesa o dai locali che possiamo chiamare, senza falsa retorica, la “casa di Dio”. Si tratta dei locali che sono consacrati all’insegnamento della Parola di Dio, che si frequentano per conoscere la verità di Dio, per adorarlo e per avvicinarci spiritualmente a Lui. 

Eravamo in un paese straniero di cui non capivamo la lingua, e la domenica ci siamo impegnati a trovare una comunità evangelica sana che potevamo frequentare per godere la comunione con Dio e con altri credenti. Ovviamente abbiamo portato tutta la famiglia, i nostri quattro figli, fra i tre e i sette anni. Abbiamo cercato di cantare quanto possibile in una lingua sconosciuta, e abbiamo ascoltato il messaggio, senza capirci nulla. Alla fine siamo rimasti orgogliosi del comportamento dei nostri figli, decisamente ordinato e rispettoso. 

Finché una signora di una certa età non ci ha salutati in italiano e, poi, commentato con un tono di sufficienza: “Noi, i bambini piccoli, non li portiamo all’adunanza”. 

Solo allora ci siamo resi conto che, effettivamente, oltre ai nostri, altri bambini non ce n’erano! 

In un primo momento, istintivamente, ci siamo un po’ vergognati: avevamo infranto le regole! Ma la nostra seconda reazione è stata orgoglio e tranquillità di cuore: i nostri figli non avevano causato disturbo a nessuno. 

E nella vostra chiesa, come va? C’è chi si oppone alla presenza dei bambini? C’è chi critica i genitori che ce li portano? E, d’altra parte, siete sicuri di poter dire in tutta onestà che i vostri figli non abbiano causato, o non causino, disturbo a nessuno? 

Ammettiamo, per prima cosa, che i problemi possono esistere e, poi, vediamo come possono essere risolti con la soddisfazione di tutti e, soprattutto, per il bene dei figli, dei genitori, della chiesa e per la gloria di Dio.  

Certamente è possibile. Ci state? 

—Tratto dal libro I miei bambini in chiesa? Sì, ma... di Guglielmo Standridge

 

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La VOCE gennaio 2019

Si può sperare ancora

Come sarà il tuo 2019? 

In qualunque modo provi a immaginartelo, non puoi sapere cosa ha in serbo per te. Nessuno di noi ha il controllo su quello che accadrà. Ma, a pensarci bene, è un dono di Dio il non sapere i particolari dell’anno che sta per cominciare. Conoscere in anticipo le future difficoltà potrebbe renderci inutilmente ansiosi, depressi e infelici. E sapere quali benefici ci aspetteranno potrebbe inquinare i nostri atteggiamenti con l’orgoglio, rovinando anche le nostre relazioni.

Dio ci insegna ad affrontare la vita giorno per giorno. “Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno” (Matteo 6:34). 

C’è una saggezza indiscutibile in tutto quello che Dio dice. Invece di affannarsi per il domani che non sai come sarà, la cosa più saggia, utile e giusta è vivere bene il presente. 

Oggi è la soglia del domani: quello che pianti oggi, con parole, azioni e atteggiamenti, lo raccoglierai domani. Un futuro sereno, senza rancori e rimpianti, non ti cade giù dal cielo.

Seguendo i consigli della Bibbia possiamo preservarci da più guai del necessario. 

Chi non lo vorrebbe? 

Ma partire bene richiede riverenza, ubbidienza e rispetto per il Signore. “Il principio della saggezza è il timore del SIGNORE, e conoscere il Santo è l’intelligenza” (Proverbi 9:10).

Ti proponiamo di guardare con noi alcuni versetti tratti dal libro dei Proverbi, ispirato da Dio per il nostro bene. La saggezza di queste brevi massime può proteggerci da inutili errori e può aiutarci a “seminare” un 2019 migliore.

Benvenga il 2019

Salomone, l’uomo che Gesù ha definito il più saggio che sia mai esistito, nella sua introduzione al libro dei Proverbi mette subito in chiaro lo scopo per cui scrive: “Perché l’uomo conosca la saggezza, l’istruzione e comprenda i detti sensati; perché riceva istruzione sul buon senso, la giustizia, l’equità, la rettitudine; per dare accorgimento ai semplici e conoscenza e riflessione al giovane. Il saggio ascolterà e accrescerà il suo sapere; l’uomo intelligente ne otterrà buone direttive” (Proverbi 1:2-5).

Mica poco! Io ne ho un gran bisogno. E tu? 

La particolarità dei proverbi è che sono frasi molto concise. Anche taglienti. Non si sprecano per addolcirti la verità. 

Così, senza mezzi termini, Dio dice che trascurare le sue parole è da stolti, pura follia. “Il timore del SIGNORE è il principio della scienza; gli stolti disprezzano la saggezza e l’istruzione” (Pr. 1:7).

Egli avverte che ci saranno conseguenze se non lo si ascolta: “Poiché quando ho chiamato avete rifiutato di ascoltare, quando ho steso la mano nessuno vi ha badato, anzi, avete respinto ogni mio consiglio e della mia correzione non ne avete voluto sapere, anch’io riderò delle vostre sventure, mi farò beffe quando lo spavento vi piomberà addosso come una tempesta, quando la sventura v’investirà come un uragano e vi cadranno addosso l’afflizione e l’angoscia. Allora mi chiameranno, ma io non risponderò; mi cercheranno con premura ma non mi troveranno. Poiché hanno odiato la scienza, non hanno scelto il timore del SIGNORE, non hanno voluto sapere i miei consigli e hanno disprezzato ogni mia correzione, si pasceranno del frutto della loro condotta, e saranno saziati dei loro propri consigli” (Pr. 1:27-31).

Seguire il Signore non solo ci guida a vivere meglio, ma previene grandi dispiaceri e calamità. 

Tutta Italia ha parlato di Desirée, una povera ragazza, drogata e stuprata a Roma. Era strano sentire i suoi famigliari descriverla come una “brava” ragazza, ma lei si drogava e non andava più a scuola. La famiglia sembrava essere totalmente impreparata a questa tragedia. 

Certo, è un caso limite, ma sarebbe ingenuo pensare che non ci sia nessun figlio di credenti fumare spinelli o fare sesso. 

Questi comportamenti non cominciano in un momento. Sono il risultato di anni di negligenza nel proprio ruolo in famiglia. Triste a dirsi, ma mariti e mogli che non si parlano più, e genitori e figli che litigano spesso esistono anche nelle famiglie di credenti. 

Cosa sia successo nella famiglia di Desirée non si sa, ma certamente i campanelli di allarme non sono stati ascoltati. O forse non sapevano quali fossero i segnali a cui prestare attenzione. 

Tutti vorrebbero prevenire tali problemi, ma chi è davvero pronto ad ascoltare i consigli antichi, le verità immutabili, per esaminare la propria vita e cambiare, o implementare quello che è necessario? 

La Parola di Dio ti dice la verità, ma tocca a te applicarla alla tua vita, per il tuo bene.

Chi ben comincia...

C’è un punto di partenza preciso dal quale scaturisce tutto il resto. È il fattore più determinante che influisce su tutta la nostra vita. Regola ogni nostra decisione, reazione, relazione e sentimento. Eccolo: “Confida nel SIGNORE con tutto il cuore e non ti appoggiare sul tuo discernimento. Riconoscilo in tutte le tue vie ed egli appianerà i tuoi sentieri. Non ti stimare saggio da te stesso; temi il SIGNORE e allontanati dal male; questo sarà la salute del tuo corpo e un refrigerio alle tue ossa” (Pr. 2:5-8).

Hai notato? Sta dicendo che non siamo sufficientemente saggi per poter fare di testa nostra senza Dio, e che se non siamo diretti da Lui, siamo portati a fare il male, e a stare male. 

Le statistiche rivelano che sono sempre di più le persone depresse, anche tra i giovanissimi. È forse un comportamento che hanno in qualche modo “imparato” dai genitori o da persone intorno a loro? O la loro depressione è il frutto del loro modo sbagliato di affrontare la vita? 

Fidandosi solo dei ragionamenti umani si rimane inevitabilmente delusi: non resta che vivere le conseguenze del peccato. Perché il peccato ha sempre una conseguenza.

Per questo abbiamo bisogno di aggrapparci alla verità della Parola di Dio: “Bontà e verità non ti abbandonino; legatele al collo, scrivile sulla tavola del tuo cuore; troverai così grazia e buon senso agli occhi di Dio e degli uomini” (Pr. 2:3,4). 

Ti ricorda qualche frase di Gesù? “Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi…” Non si tratta di rispolverare dei versetti nel momento del bisogno (che è la cosa giusta da fare!), ma di lasciare che quelle parole modellino il nostro cuore giorno per giorno. E questo ci porta al prossimo proverbio.

Sempre all’erta

“Custodisci il tuo cuore più di ogni altra cosa, poiché da esso provengono le sorgenti della vita. Rimuovi da te la perversità della bocca, allontana da te la falsità delle labbra” (Pr. 4:22,23).

Il cuore è la sede dei nostri affetti e desideri. Ma è ingannevole e maligno. È incline al peccato e va protetto più di ogni altra cosa. 

Custodire il cuore significa stare lontani da qualunque cosa sia perversa e sbagliata. È non soffermarsi su pensieri che portano a peccare, non desiderare il male, né invidiarlo, ma riempire il cuore con la verità delle Sacre Scritture.

Vuol dire stare sempre all’erta, perché siamo ribelli e insensati per natura. E quando pecchiamo, dobbiamo essere corretti.

Le lacrime degli stupidi

A nessuno piace essere ripreso. Ma è davvero necessario.

“Chi ama la correzione ama la scienza, ma chi odia la riprensione è uno stupido” (Pr. 12:1). 

Odiare, risentirsi o arrabbiarsi quando siamo ripresi è da stupidi! Più chiaro di così!

Chi non vuole essere ripreso si crede perfetto. Chi non vuole essere corretto, pensa di non aver nulla da imparare. E diciamocela: persone così sono piuttosto insopportabili.

Molti rimpianti nascono dal non aver voluto ascoltare, per orgoglio, testardaggine o ripicca. Dio ci invita a essere malleabili, e essere pronti ad ascoltare ed evitare così tanti rimpianti inutili: “…e tu non dica: «Come ho fatto a odiare la correzione, e come ha potuto il mio cuore disprezzare la riprensione? Come ho fatto a non ascoltare la voce di chi m’insegnava, e a non porgere l’orecchio a chi m’istruiva?” (Pr. 5:12,13).

Spesso dico scherzando che vorrei tornare a scuola, al liceo, che a suo tempo detestavo. Quante cose avrei potuto imparare se fossi stato più attento… Per le nozioni si può anche rimediare più tardi studiando per conto proprio, ma trascurare le lezioni di vita potrebbe costare molto caro.

Tutti pronti dunque ad accogliere buoni consigli e propositi della Parola di Dio! Ma non solo quando ci vengono offerti: li dobbiamo ricercare attivamente. 

Fai una lista delle aree in cui riconosci di aver bisogno di consiglio: il tempo, i soldi, l’educazione dei figli, difetti caratteriali, le amicizie, la vita coniugale, il tuo rapporto con i genitori… Scoprirai che sono soggetti di cui parla la Bibbia. Salomone non era estraneo a tutto ciò. Il suo libro dei Proverbi ha 31 capitoli! Tanta saggezza a tua disposizione.

MA TI SEI VISTO?

Chiediamoci: siamo delle persone a cui si può insegnare o pensiamo di essere autosufficienti? Come reagisci quando qualcuno ti si avvicina offrendo dei consigli? Pensi subito: “Ma chi si crede di essere per venirmi a fare la predica”? 

Non saresti l’unico a pensarlo. 

È interessante notare che queste cose ci danno fastidio da giovani, ma anche da grandi è lo stesso! Sarà forse che abbiamo problemi di orgoglio?

“La superbia precede la rovina, e lo spirito altero precede la caduta” (Pr. 16:18). 

Una persona arrogante è incorreggibile. Andrà a finire male di sicuro. L’orgoglio infatti è la caratteristica del diavolo. Dio resiste gli orgogliosi.

Nella sua perfetta cura, Dio ci ha messo intorno genitori, anziani di chiesa, amici e fratelli e sorelle in fede – sono un gran dono che non dobbiamo sottovalutare. Dio si serve anche di loro per educarci. Permettiamo a loro di aiutarci a crescere nel nostro amore per il Signore. 

Ho amici a cui voglio tanto bene, vedo aspetti nella loro vita che non vanno, ma non ho il coraggio di avvicinarli, perché so come reagirebbero e ho paura di perdere la loro amicizia. Non mi va di essere travolto da una lunga lista di giustificazioni e finte ragioni. 

Mentre scrivo queste parole mi sto chiedendo: Ma io come sono? Faccio la stessa cosa? 

Le persone trovano in me una persona desiderosa di ascoltare? Sono pronto a cambiare?

Di recente un amico che mi ha ringraziato per il tempo che avevo passato con lui regolarmente per un paio di anni. Ci incontravamo alle 5 di mattina a McDonald’s per parlare della sua vita. Mi ha confidato che spesso andava via arrabbiato, non gli piaceva ascoltare le cose che dicevo. Eppure, eravamo lì perché lo aveva chiesto lui. Sapeva che quei momenti erano utili per la sua vita. Lo erano anche per me, perché dandogli consigli biblici ero continuamente spronato a rivedere e valutare la mia vita.

Zitti e mosca!

“Nella moltitudine delle parole non manca la colpa, ma chi frena le sue labbra è prudente. La lingua del giusto è argento scelto; il cuore degli empi vale poco” (Pr. 10:19,20). 

A volte sembra che Salomone abbia scritto alcuni dei suoi proverbi proprio per noi italiani. Siamo chiacchieroni, parliamo troppo e volentieri. 

Il libro dei Proverbi avverte di mordere, di frenare la lingua loquace. Imparare a stare zitti è una grande protezione.

Come vorrei tornare indietro nel tempo e non avere pronunciato delle cose che ho detto nella mia ignoranza, nel voler dare la mia opinione. A volte me ne sono reso conto subito e ho potuto rimediare, ma altre volte sono passati anni e il ricordo delle mie parole taglienti ha continuato a fare del male.

“C’è chi, parlando senza riflettere, trafigge come spada, ma la lingua dei saggi procura guarigione” (Pr. 12:18). 

Se solo imparassimo a parlare al momento giusto, potremmo fare tanto bene. Il parlare troppo ci mette nei guai, ci espone al rischio di dire qualcosa che avremmo dovuto tenere per noi.

“Chi va sparlando svela i segreti, ma chi ha lo spirito leale tiene celata la cosa” (Pr. 11:13).

“L’uomo accorto nasconde quello che sa, ma il cuore degli stolti proclama la loro follia” (Pr. 12:23).

Non dobbiamo solo stare attenti a come parliamo, ma anche a stare lontani da quelli che lo fanno troppo. “Chi va sparlando palesa i segreti; perciò non t’immischiare con chi apre troppo le labbra” (Pr. 16:19).

Se ti viene da sorridere pensando che sia un problema solo delle donne, ti sbagli. Il rischio riguarda tutti. Dovremmo stamparci questi versetti su un pezzo di carta e metterlo sullo specchio del bagno, così prima che il caffè svegli la nostra lingua ci faranno ricordare di stare in guardia.

Famiglia canaglia

Chi è sposato lo sa: mariti e mogli possono diventare molto insensibili. Certi comportamenti diventano un’abitudine, di cui non ci rendiamo neanche più conto.

Dai tempi di Adamo e Eva i coniugi hanno sempre trovato cose da ridire sugli atteggiamenti l’uno dell’altra. 

Dio però, ci spinge a riflettere sulle nostre azioni. 

“Meglio un piatto d’erbe, dov’è l’amore, che un bue ingrassato, dov’è l’odio” (Pr. 15:17). 

In famiglia, l’amore, la stima e la cura reciproca valgono molto di più che il benessere economico. 

Tanti uomini si affaticano per provvedere per la famiglia, trascurando però il loro ruolo di guide spirituali per la moglie e i figli. Il loro amore non è visibile nelle parole e nella cura dei famigliari. 

Provvedono vestiti, casa, vacanze, gadget e sport che, però, non possono compensare la discordia che regna in casa: “È meglio un tozzo di pane secco con la pace, che una casa piena di carni con la discordia” (Pr. 17:1).

Cari padri, non è indispensabile che tutti i figli abbiano un tablet o uno smartphone. Anzi forse sarebbe meglio non averli per niente. 

Avreste più tempo da passare con tuo figlio.

Le mogli hanno un ruolo importante nel portare pace e serenità in famiglia, il ché non va perso di vista. “La donna saggia costruisce la sua casa, ma la stolta l’abbatte con le proprie mani” (Pr. 14:1). 

Litigare o parlare male del marito non ha mai portato nulla di positivo, anzi allontana solo il coniuge. “Meglio abitare sul canto di un tetto, che in una gran casa con una moglie rissosa. Meglio abitare in un deserto, che con una donna rissosa e stizzosa” (Pr. 21:9,19).

La serenità della famiglia comincia proprio nella relazione tra i coniugi. Le ferite, i dolori, l’astio non sono misurabili, non si può sapere chi dei due ha sofferto di più. 

Alzare la voce, lamentarsi, criticare, ripetere all’infinito le stesse cose, è un segno di NON voler trovare una soluzione.

Vuoi un anno migliore? Una casa che sia un’oasi di pace, dove regnino il rispetto e l’amore? Comincia tutto proprio dai genitori! 

Come vi parlate in famiglia? Cosa pensi di fare per essere un agente di pace nella tua casa? Il cambiamento non sarà frutto del caso, ma delle tue decisioni e dei tuoi propositi ponderati e preparati.

Allevi un delinquente?

Provo un dispiacere misto a rabbia quando osservo alcuni genitori con i loro piccoli. La mamma che continua a vietare al bambino di fare una certa cosa, e lui che continua imperterrito a farla… Genitori che invece di disciplinare i figli, gli fanno lunghi e ripetuti discorsi inutili, che non producono cambiamenti… Padri che (se mai sono a casa!) lasciano alla mamma, o ai nonni, la gestione dell’intera famiglia, mentre loro si mettono a guardare la TV, o a leggere il giornale in mezzo al caos più totale…

Pensare che l’educazione cominci quando i figli sono grandi “abbastanza”, è il modo più sicuro di avere guai grossi: “Anche il bambino dimostra con i suoi atti se la sua condotta sarà pura e retta” (Pr. 20:11). Quante volte devi dire di no al bambino prima che ci siano delle conseguenze?

Bisogna cominciare da subito, quando sono ancora piccolissimi, cominciando con chiarezza e fermezza. “Chi risparmia la verga odia suo figlio, ma chi lo ama, lo corregge per tempo” (Pr. 13:24). Se non l’abbiamo capito, Salomone reitera: “La follia è legata al cuore del bambino, ma la verga della correzione l’allontanerà da lui” (Pr. 22:15). 

Dio raccomanda di intervenire subito, quando c’è ancora speranza. “Castiga tuo figlio, mentre c’è ancora speranza, ma non lasciarti andare sino a farlo morire” (Pr. 19:18). 

Non c’è nulla di male nell’usare la punizione appropriata. “Non risparmiare la correzione al bambino; se lo batti con la verga, non ne morrà; lo batterai con la verga, ma lo salverai dal soggiorno dei morti” (Pr. 23:13,14). 

Ami i tuoi figli? Allora sappi che amarli richiede tanto lavoro! 

Qualche volta devi ritornare sulla stessa correzione, anche nel giro di pochi minuti. Forse non ti va, forse sei stanco, ma è necessario. Nel tempo raccoglierai i benefici. “Insegna al ragazzo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà” (Pr. 22:6).

Ma la Bibbia ha qualcosa da dire anche per i figli quando diventano più grandi e cominciano a esercitare una certa autonomia: “Ascolta, figlio mio, l’istruzione di tuo padre e non rifiutare l’insegnamento di tua madre; poiché saranno un fregio di grazia sul tuo capo e monili al tuo collo” (Pr. 1:8,9).

Non so quanti adolescenti leggeranno questo articolo, ma lancio un’idea: fate leggere questo giornale ai vostri figli, e poi chiedetegli di valutare la vostra vita di famiglia! 

Avrete poi il coraggio di ascoltarli e cambiare? Sicuramente sorprendereste i vostri figli, specialmente se mostrate prontezza genuina a chiedere perdono e a cambiare.

Rivalutare regolarmente come sta andando l’educazione dei figli sin da piccoli, è una buona abitudine. Aiuta a migliorare prima che sia troppo tardi.

Il miracolo della fame

“Il pigro desidera, e non ha nulla, ma l’operoso sarà pienamente soddisfatto” (Pr. 13:4). “Il pigro non ara a causa del freddo; alla raccolta verrà a cercare, ma non ci sarà nulla” (Pr. 20:4).

Il lavoro serve per provvedere alla famiglia, e per poter donare agli altri. L’ha stabilito Dio. 

Trovare il lavoro può essere difficile, e un lavoro che ci piaccia, con la paga che pensiamo di meritare, è forse impossibile. Dio, però, non ce lo comanda solo quando ci piace: dobbiamo lavorare e basta. Il principio è valido: “La fame del lavoratore lavora per lui, perché la sua bocca lo stimola” (Pr. 16:26).

Genitori, un po’ di fame fa miracoli nei vostri figli! Conosco diverse persone che continuano a provvedere a loro anche quando questi sono ormai adulti. Non parlo di aiuti saltuari. Se ci sono delle emergenze è giusto aiutare con quello che si può, ma non è normale che i figli adulti dipendano economicamente dai genitori. 

Un sano atteggiamento verso il lavoro si impara da piccoli. 

Molti genitori invece non fanno lavorare i bambini in casa. È un danno nei confronti dei figli. 

Devono imparare a farsi il letto, apparecchiare e sparecchiare, lavare i piatti, portare fuori la spazzatura e fare le pulizie. Altrimenti diventeranno pigri. 

Quale datore di lavoro assumerebbe un pigro? 

Chi vorrebbe sposarsi un pigro?

La compagnia che fai… 

“Chi va con i saggi diventa saggio, ma il compagno degli insensati diventa cattivo” (Pr. 13:20). Le persone che ci scegliamo come consiglieri e come amici esercitano un grande ascendente su di noi.

Scegliersi amici credenti, con principi biblici solidi, è d’obbligo. Ma c’è di più. 

Devono essere anche capaci di tenere a bada i sentimenti. “L’uomo collerico fa nascere contese, ma chi è lento all’ira calma le liti” (Pr. 15:18). 

Devono saper perdonare: “Chi copre gli sbagli si procura amore, ma chi sempre vi torna su, disunisce gli amici migliori” (Pr. 17:9).

Devono essere di animo generoso: “Se il tuo nemico ha fame, dagli del pane da mangiare; se ha sete, dagli dell’acqua da bere; perché, così, radunerai dei carboni accesi sul suo capo, e il SIGNORE ti ricompenserà” (Pr. 25:21,22).

Tu sei un amico così?

Il Signore lo è.

Hai letto fino a qui; se stai facendo bene, non ti vantare. Se ci sono cose che devi cambiare, chiedi aiuto al Signore: “Non ti vantare del domani, poiché non sai quel che un giorno possa produrre. Altri ti lodi, non la tua bocca; un estraneo, non le tue labbra” (Pr. 27:1,2). 

L’anno che verrà è nelle mani di Dio. Lui ha promesso di camminare accanto a noi. Impariamo a fidarci di Lui, impariamo a chiedere perdono: “Chi copre le sue colpe non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia” (Pr. 28:13).

Quest’anno, quando qualcuno ti augura Buon Anno, fermati, rifletti e ripromettiti di seguire i principi biblici, e il suo augurio non cadrà nel vuoto! 

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La VOCE febbraio 2017

È ora di sporcarsi le mani

Hai un pollice verde? Allora saprai che febbraio è il mese in cui vanno piantati gli ortaggi primaverili: fagioli, porri, rape e pomodori. E nei vasi sui balconi si seminano le petunie, verbene e centauree che nei mesi autunnali sfoggeranno tutto il loro splendore. Avrai provato anche tu il piacere di far crescere qualcosa. Coltivare le meraviglie che Dio ha disseminato nel suo universo e goderne i frutti è da sempre uno dei compiti e delle gioie particolari dell’uomo.

Scegliamo attentamente la pianta di un certo colore, di una certa forma, o quel frutto particolare che ci piace e lo curiamo meglio che possiamo, ma il seme o la radice che piantiamo non somiglia affatto al fiore o alla frutta che raccoglieremo. E quando spunta il germoglio, sappiamo di non esser stati noi a crearlo, a dargli la sua forma caratteristica o a munirlo delle sue proprietà nutrizionali o salutari.

Abbiamo solo “collaborato” al risultato meraviglioso che non è in nessun senso dipeso da noi. Noi non abbiamo infuso la vita in quel seme o in quella radice. Non abbiamo creato l’acqua che l’ha nutrito né prodotto il caldo e il sole che hanno spinto quella vita a fiorire.

Così è anche per la vita spirituale: Dio ha previsto un progresso che ci porterà dalla nuova nascita fino a una piena maturità in Cristo. Chi mai vorrebbe rimanere un bambino per tutta la vita!?

Tu sei sicuro che stai crescendo come dovresti?


Come sta il tuo giardino?

Crescere è naturale. Ma appunto: per crescere bisogna prima nascere. È la radicale trasformazione iniziale da cui scaturisce il processo di crescita: da nemici di Dio si diventa suoi figli per l’intervento dello Spirito Santo. L’apostolo Paolo, parlando di ogni credente, scrive: “Se infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita” (Romani 5:10).

La chiave soprannaturale, per cui siamo salvati e cominciamo una nuova vita, è la grazia di Dio. Efesini 2:8,9 precisa che “è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti”. Infatti, siamo salvati per grazia, per il dono immeritato di Dio, e cresciamo solo per grazia.

La grazia, però, ha bisogno di una chiave. È scritto che siamo salvati “mediante la fede”. Ma dove la troviamo questa fede per essere salvati? Paolo ce lo spiega: “La fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo” (Romani 10:17).

La fede nasce per opera dello Spirito Santo quando si ascolta e si viene a conoscere la Parola di Dio che spiega chi è Cristo e cosa ha fatto. Questa Parola di verità convince di peccato, e porta al ravvedimento e alla fede.

Allo stesso modo anche la tua crescita spirituale e la crescita dei credenti vicini a te viene per conoscenza e fede nella Parola di Cristo, la Sacra Bibbia. Gesù ha detto: “Chi ascolta la mia Parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna” (Giovanni 5:24). E Paolo dice che “Seguendo la verità [cioè la Parola di Cristo e Cristo stesso] nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo” (Efesini 4:15). In tutto questo “colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla: Dio fa crescere” (1 Corinzi 3:7).

Ma non è un processo automatico o indipendente dalla tua partecipazione, dalla tua volontà. Come le piante sui nostri balconi, anche noi abbiamo bisogno di cure e attenzioni specifiche contro le intemperie e parassiti che potrebbero impedire la nostra crescita spirituale.

Crescere è essere trasformati. Come i semi che diventano germogli e poi piante mature, anche noi subiremo cambiamenti che la gente dovrebbe poter vedere bene: da bambini spirituali appena nati, diventiamo prima giovani e poi persone mature nella fede. Se non c’è questo progresso, dovremmo essere preoccupati e domandarci cosa c’è che non va.

In quale giardino crescerai dipende in gran parte da te e determinerà il modo in cui cresci. Per esempio, quando cerchi dove andare ad abitare, tieni conto di quanto sia facile o meno frequentare regolarmente una chiesa locale? Per quanto dipende da te, sceglierai i turni di lavoro che ti permettano di essere presente al culto la domenica? Il tuo tempo libero lo preferisci passare con i credenti o ti trovi più a tua agio tra i non credenti? I libri che leggi e i programmi che segui ostacolano o promuovono la tua crescita spirituale?

Come crescerai nel 2017? Il tuo progresso sarà evidente a tutti? Che sia per te l’anno più importante della tua vita di crescita e frutto spirituale per la gloria di Cristo. Forse studiare la Bibbia con l’aiuto dei corsi biblici per corrispondenza dell’Istituto Biblico Bereano ti darebbe la spinta che ti serve. Sono chiari, semplici e pratici, e si prestano ad essere studiati sia da soli che in gruppo. Li puoi trovare tutti seguendo questo LINK.

Minimo quattro volte al giorno!

Strano a dirsi, per quanto riguarda lo studio della salvezza e la crescita spirituale, sembra che un gruppo importante di persone trascurate siano proprio i figli di credenti. Troppi padri e madri pensano di non saper fare, di non aver tempo. Credono che l’istruzione che i bambini ricevono nella Scuola Domenicale o mentre ascoltano la lettura biblica in famiglia sia sufficiente. La Bibbia insegna molto diversamente!

Ecco un commando molto preciso: “Tu amerai dunque il SIGNORE, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze. Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai”” (Deuteronomio 6:5-7).

È facile capire, no? Chi è che deve insegnare la Bibbia ai tuoi figli, sin dalla prima infanzia fino a quando non lasceranno la casa tua? “Tu inculcherai.” Tu, padre, e tu, madre. Ci sono almeno quattro periodi della giornata in cui insegnerai con cura le verità rivelate nella Bibbia:
1)    la mattina, quando vi alzate,
2)    quando sei fuori casa, a fare una passeggiata, a far le spese o in viaggio con loro,
3)    quando sei seduto in casa, a tavola o nei momenti liberi,
4)    quando ti coricherai, prima di mettervi a letto.

I quattro momenti non saranno impiegati tutti nello stesso modo. Uno di questi bisogna che sia dedicato alla lettura, allo spiegare, con esempi semplici, come mettere in pratica ciò che la Bibbia insegna. È il tempo per scambiare domande e insegnamenti. Gli altri tre momenti potrebbero consistere semplicemente nel pregare insieme per un problema sorto durante il giorno, o per far notare e commentare qualcosa del bellissimo universo che Dio ha creato.

Dire che non si ha il tempo è una scusa. Basta solo stabilire il momento giusto per tutti. In una famiglia in cui sono stato ospite, sono stato svegliato presto per essere presente all’incontro di studio e preghiera con la famiglia, prima che il padre partisse per lavoro e i figli andassero a scuola.

Tutta la Bibbia fa appello ai genitori, anzi li comanda a istruire la famiglia sui principi biblici per il bene dei figli quanto dei genitori stessi. L’istruzione biblica nella famiglia è il bisogno numero uno in assoluto per ogni nucleo familiare.

“Figlio mio, osserva i precetti di tuo padre, e non trascurare gli insegnamenti di tua madre” (Proverbi 6:20);
“La verga e la riprensione danno saggezza; ma il ragazzo lasciato a se stesso
[a fare ciò che gli pare], fa vergogna a sua madre” (29:15);
“Possano tuo padre e tua madre rallegrarsi, e possa gioire chi ti ha partorito!” (23:25).
“Figli, ubbidite nel Signore ai vostri genitori, perché ciò è giusto. Onora tuo padre e tua madre (questo è il primo comandamento con promessa) affinché tu sia felice e abbia lunga vita sulla terra.” (Efesini 6:1-3).

Possa il 2017 essere l’anno più felice e più ricco della vita della vostra famiglia!

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La VOCE ottobre 2015

“Mario, non entrare nell’acqua!” “Mario, t’ho detto di non entrare nell’acqua!”
“Mario!! Hai capito che devi stare lontano dall’acqua?”
“Che devo fare per farti obbedire?”
“È possibile che ogni giorno sia la stessa storia?!”
“Ora che sei entrato in acqua, resta vicino alla riva!”

Tutti i giorni, scene come queste, sono sotto gli occhi di tutti. Si ripetono ovunque: nei negozi, per strada, a scuola e in casa. I genitori sembrano ormai aver perso l’abilità – e anche la volontà! – di educare i figli. Certe volte, osservando scene del genere, mi viene voglia di dare un paio di sculacciate. Non ai figli. Ai genitori!
È penoso vedere la totale incapacità dei genitori, credenti inclusi, di controllare i propri figli. E quel che è ancor più triste è che spesso lo si vede proprio in chiesa.
A volte si ha la sensazione che i genitori siano più preoccupati per la “brutta figura” che fanno a causa del comportamento dei figli in pubblico, che per il danno che arrecano ai propri bambini  per non saperli disciplinare.
Il problema è che l’educazione dei figli non può essere relegata ai momenti in cui si comportano male in pubblico. Deve cominciare a casa.

Continua a leggere: troverai insegnamenti importanti!


IN PUBBLICO COME A CASA

Dio ha detto chiaramente che i genitori sono responsabili dell’educazione dei loro figli. Ma molti genitori,  soprattutto neo papà e mamme, pensano di poterlo fare senza dover pianificare il buon uso del tempo a casa. E poi si stupiscono degli scarsi risultati. Le seguenti 9 false speranze sono alcune delle stolte aspettative che i genitori pensano di ottenere senza un granché da parte loro. Non sono in ordine d’importanza, ma dovrebbero farci riflettere.

1    Che i figli sappiano come comportarsi senza essere educati dai genitori.
Per alcuni genitori ricorrere al baratto sembra l’unico modo per ottenere l’obbedienza. “Stai buono adesso e poi la mamma ti dà…” “Se la smetti di fare capricci andremo a prendere il gelato.” Il problema è che lo scambio deve diventare sempre più vantaggioso per i figli. Ma la lezione che imparano più in fretta è che il gelato, prima o poi, arriva lo stesso.
 “Ascolta, figlio mio, l’istruzione di tuo padre e non rifiutare l’insegnamento di tua madre” (Proverbi 1:8). I figli devono imparare ad ascoltare e seguire le istruzioni senza baratti e ricatti. Lo faranno, se i genitori si esprimono con loro in modo chiaro e coerente.

2    Che i figli si comportino in pubblico in modo diverso da come fanno a casa.
Sembra scontato? Ma pensaci: se aspetti che sia l’imbarazzo per un comportamento scorretto di tuo figlio in pubblico a farti interessare della sua educazione, hai perso in partenza!
Dio ha comandato ai genitori, specialmente ai padri di essere coinvolti nell’istruzione dei figli. “Questi sono i comandamenti, le leggi e le prescrizioni che il SIGNORE, il vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica […] così che tu tema il tuo Dio, il SIGNORE, osservando, tutti i giorni della tua vita, tu, tuo figlio e il figlio di tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandamenti che io ti do, affinché i tuoi giorni siano prolungati” (Deuteronomio 6:1,2).
Se i figli non imparano ad obbedire a casa, non lo faranno in pubblico. Se a casa non ci sono regole a cui devono sottostare, sarà difficile convincerli che ce ne siano fuori casa. Se la parola dei genitori non ha peso a casa, tanto meno ne avrà quando si esce di casa.

3    Che i figli conoscano Dio senza essere istruiti a casa.
Far conoscere Dio ai figli è un compito che Lui stesso ha affidato specialmente ai genitori! Sentirsi inadeguati o impreparati in questo, non dà il diritto di relegare l’insegnamento biblico ad altri, alla chiesa o alla scuola domenicale. La cura spirituale di tuo figlio è compito tuo. Prima cominci a farlo, migliore sarà il risultato.
“Tu amerai dunque il SIGNORE, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze. Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai” (Deuteronomio 6:5-7).
È sottinteso che i genitori stessi amino il Signore con tutto il cuore e vivano in piena dipendenza da questo amore che trasforma le loro priorità e guida ogni comportamento quotidiano. Sperare che i figli imparino ad amare Dio senza una cura attenta e costante da parte dei genitori è da stolti.

4    Che i figli amino la chiesa se i genitori non la frequentano regolarmente.
Molti genitori sono sorpresi quando i figli, arrivati a una certa età, perdono l’interesse per la chiesa e smettono di andarci. Ma in tutti questi anni, cosa avranno trasmesso ai figli, non tanto a parole, ma con i loro comportamenti? Che è più importante riposare che andare in chiesa? Che la casa, lo svago, lo sport ha la precedenza? Che la frequenza regolare è un’opzione? E che è normale criticare il messaggio, le guide, la musica e le persone al ritorno a casa?
“Facciamo attenzione gli uni agli altri per incitarci all’amore e alle buone opere, non abbandonando la nostra comune adunanza come alcuni sono soliti fare, ma esortandoci a vicenda; tanto più che vedete avvicinarsi il giorno” (Ebrei 10:24,25). Come fai a dimostrare il tuo amore per la Parola e per gli altri credenti, se non li frequenti?

5    Che i figli abbiano le giuste priorità se i genitori non le hanno.
Se chiedessi ai tuoi figli quali sono le tue priorità nella vita, cosa direbbero? Amarsi a vicenda? Rispettarsi? Per il marito sacrificarsi per la moglie? Per la moglie sottomettersi al marito? Amare il Signore? Crescere spiritualmente? La santificazione?
L’ipocrisia dei genitori, insieme alla incoerenza, è il deterrente numero uno nell’istruzione dei figli. Salomone attesta: “Insegna al ragazzo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà” (Proverbi 22:6). Ogni genitore spera che nel tempo gli sforzi e le lacrime portino frutto. Le nostre azioni fanno parte dell’insegnamento quanto le nostre parole.

6    Che i figli adolescenti trovino piacere a parlare con i genitori se non l’hanno mai fatto prima.
In molte famiglie tutti e due i genitori lavorano. Trovare il tempo insieme in famiglia, ricavarsi spazi nella vita dei figli diventa difficile. I bambini oggi interagiscono molto di più con la TV, l’ipad e il cellulare di quanto lo facciano con i genitori. Non permettere che altri abbiano più influenza di te sui tuoi figli! Fermati e chiediti quanto sono influenzati dalla scuola, da ore e ore di TV e dagli amici. Alla luce di queste realtà, puoi fidarti a occhi chiusi di quello che stanno imparando?
Sii presente nella vita di tuo figlio e dimostragli che sei interessato a quello che lui pensa. Dio lo fa amorevolmente con noi: “Io ti istruirò e ti insegnerò la via per la quale devi camminare; io ti consiglierò e avrò gli occhi su di te” (Salmo 32:8).

7    Che i figli ubbidiscano se non ci sono conseguenze alla disobbedienza.
“Chi risparmia la verga odia suo figlio, ma chi lo ama, lo corregge per tempo” (Proverbi 13:24). Due aspetti fondamentali sono evidenti in questo testo: il primo è che la disobbedienza senza le dovute conseguenze non solo è grave, ma è in realtà un modo di odiare il figlio. Il secondo è che la disciplina va applicata per tempo. Minacciare i figli disobbedienti con una punizione che non si intende infliggere non serve a niente. I figli hanno bisogno di imparare che tutte le loro azioni hanno delle conseguenze. Questo è amore: istruire, mettere paletti, fissare limiti e insegnare le conseguenze chiare e immediate della disobbedienza.
Dare regole ai figli, esigere l’obbedienza e punire le disobbedienze sono elementi importanti per rendere il terreno fertile per la presentazione del Vangelo. Al contrario, vivere in una famiglia dove non si hanno regole chiare e dove la ribellione non ha conseguenze, non prepara il cuore del bambino alla verità del peccato, del castigo e della salvezza.

8     Che i figli non diventino ribelli se sono educati male.
Le persone più frustrate dal cattivo comportamento dei figli sono proprio i genitori. Dopo ripetuti ordini caduti su orecchi sordi, anzi, seguiti da ostinata disobbedienza, i genitori cedono e danno libero sfogo a reazioni spropositate: grida, schiaffi e minacce fuori posto. “E voi, padri, non irritate i vostri figli, ma allevateli nella disciplina e nell’istruzione del Signore” (Efesini 6:4).
Parole dettate dalla frustrazione, minacce esagerate e punizioni inflitte perché si è in collera non producono i risultati desiderati. Dio dice che allevare i figli è qualcosa che si fa giornalmente nell’istruzione e disciplina attenta.

9    Che i figli sappiano le buone maniere a tavola se a casa non si mangia insieme.
Una volta ero seduto a tavola accanto a due famiglie con quattro figli tra i due e i sei anni. Il pranzo è stato lento, ma i figli sono stati seduti tutto il tempo ed hanno mangiato senza gridare o creare trambusto. Sembra irreale? Come ci sono riusciti i genitori? Tutti e due erano coinvolti nel tenerli buoni e si erano preparati con giochini per i tempi d’attesa tra una portata e l’altra.
Molte famiglie hanno perso la sana abitudine di mangiare tutti insieme. Le buone maniere si imparano a casa, dai genitori uniti che vogliono piacere al Signore anche nelle piccole cose.
L’educazione dei figli comincia a casa. Comincia con decisioni che mamma e papà prendono insieme e portano avanti con costanza e coerenza. È una responsabilità ricevuta dal Signore. Non svolgere bene questo compito sarà la loro vergogna. “La verga e la riprensione danno saggezza; ma il ragazzo lasciato a se stesso, fa vergogna a sua madre” (Proverbi 29:15).


Non volevo creare rigetto...

Maria parlava con Carla che l’ascoltava stupita. Diceva che non forzava i suoi ad andare a scuola. Marco, il più piccolo, ci andava ancora con piacere tutti i giorni. Ivano, che adesso faceva la prima media, era pronto ad andarci per gli amichetti, ma non faceva mai i compiti e non studiava perché non ne vedeva il valore. Preferiva i videogiochi. Luca, invece, da tempo non frequentava più la scuola. Non gli andava, punto e basta.
Maria spiegava che non voleva forzare i figli. Studiare è qualcosa di personale, ad alcuni va, ad altri no. Costringerli poteva solo renderli ribelli e creare un rigetto. Quando sarebbero stati più grandi avrebbero deciso da soli se studiare o meno, ma solo se ne avessero sentita l’esigenza. Certo, avrebbe preferito che studiassero, ma temeva il rigetto.

Una storia inverosimile che però si ripete regolarmente in un altro campo: andare in chiesa. Discorsi di questo tipo li sento continuamente. La paura di promuovere ribellione se si forzano i figli ad andare in chiesa. Ma la realtà è che, secondo la Bibbia, i bambini, come tutti i non credenti, sono già ribelli! Forzarli ad andare in chiesa non crea ribellione, assecondarli, invece, promuove la loro ribellione innata. L’unica speranza è che il Signore parli ai loro cuori. Solo ascoltando la Parola di Dio il messaggio del Vangelo può penetrare i cuori. “Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo” (Romani 10:17).

Obbligare i figli ad andare in chiesa non crea più danno di quanto lo crei forzarli a lavarsi i denti o andare a scuola. Forse abbiamo perso di vista le nostre responsabilità o abbiamo permesso che il mondo ci crei delle paure infondate.
Ogni genitore credente deve pregare per i propri figli e deve esporre loro al Vangelo con coerenza e con costanza. Non c’è messaggio più importante che un genitore possa dare loro.

Davide Standridge

 

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