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La Voce del Vangelo

La VOCE novembre 2023

Negli anni ’90 quando il casco era ancora obbligatorio per tutti i motociclisti della Florida, l’avvocato Ron Smith fece una lunga e faticosa battaglia per il diritto individuale di decidere se indossarlo o meno. 

Smith era un membro di ABATE, un’associazione che per anni fece pressioni contro questa legge, finché nel 2000 questa fu modificata, consentendo ai motociclisti di circolare senza casco, a patto di avere 21 anni e di avere un’assicurazione sanitaria che garantisse la copertura di 10.000 dollari in caso di lesioni da incidente motociclistico.

L’anno scorso, Smith e la sua compagna Brenda Jeanan erano diretti a un funerale quando la loro moto si è schiantata contro un camion che proveniva da direzione opposta, uccidendoli. Avevano 66 e 62 anni, e nessuno dei due indossava il casco. 

Il casco può salvare la vita. Ma lo sapevi che per essere efficace e proteggere non bisogna mai farlo cadere? 

Un casco infatti è progettato per assorbire i colpi, ma è concepito per farlo bene una volta sola. Se subisce un urto, esaurisce la sua funzione perdendo la sua capacità di proteggere il capo in caso di incidente. 

Ebbene, c’è un altro campo in cui è importante proteggere la testa: durante le battaglie spirituali. Affrontarle senza indossare l’elmo è come sfidare il traffico delle nostre città in moto senza casco: è da incoscienti!

QUESTA È LA BATTAGLIA di Satana contro il Dio eterno, che coinvolge anche noi giorno e notte da quel giorno in cui siamo diventati figli di Dio.

Il comando del Signore è di prendere l’elmo della salvezza e indossarlo sempre. Fa parte di quell’armatura che lui ha preparato per noi e che deve essere indossata completa di tutti i suoi pezzi. È descritto perfettamente nella lettera di Paolo agli Efesini:

“Del resto, fortificatevi nel Signore e nella forza della sua potenza. Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate stare saldi contro le insidie del diavolo; il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti.
“Perciò prendete la completa armatura di Dio, affinché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver compiuto tutto il vostro dovere.
“State dunque saldi: prendete la verità per cintura dei vostri fianchi; rivestitevi della corazza della giustizia; mettete come calzature ai vostri piedi lo zelo dato dal vangelo della pace; prendete oltre a tutto ciò lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno.
“Prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio; pregate in ogni tempo, per mezzo dello Spirito, con ogni preghiera e supplica; vegliate a questo scopo con ogni perseveranza. 
“Pregate per tutti i santi, e anche per me, affinché mi sia dato di parlare apertamente per far conoscere con franchezza il mistero del vangelo, per il quale sono ambasciatore in catene, perché lo annunci francamente, come conviene che ne parli.” —Efesini 6:10-20

Satana ha l’obbiettivo di sviare e confondere il credente proprio nei suoi ragionamenti.

L’ha fatto con Adamo ed Eva che hanno dato ascolto alle bugie del serpente, e ancora oggi tutta la razza umana ne paga le conseguenze. 

L’ha fatto con Giobbe che ha dovuto combattere contro i ragionamenti della moglie, dei suoi amici e contro i suoi stessi pensieri in mezzo alla sofferenza atroce che stava vivendo. 

Anche il Signore Gesù ha dovuto osteggiare le menzogne di Satana quando ha subito le sue tentazioni nel deserto. 

Proteggere la mente contro influenze sataniche e peccaminose non è solo logico e di buon senso, ma è una questione di vita o di morte!

E per proteggerla serve un elmo adatto.

L’elmo tipico dell’esercito romano, ai tempi del Nuovo Testamento, aveva la forma di una coppa semisferica di ferro, talvolta coperta col bronzo. Aveva un paranuca di metallo che scendeva dietro per coprire il collo arrivando fino alla corazza, e un rinforzo frontale che proteggeva la faccia. Due paragnatidi di metallo proteggevano le orecchie e le guance. L’elmo lasciava scoperti solo gli occhi, il naso e la bocca.

Con tutto questo metallo l’elmo era piuttosto pesante e scomodo da indossare, per questo veniva imbottito di cuoio e stoffa, ed era legato sotto il mento con un laccio di pelle.

Era fondamentale che fosse resistente al massimo, per reggere i colpi di grosse spade, di martelli o asce speciali da guerra, perché potesse proteggere la testa e il cervello del legionario.

LA PAROLA GRECA che nel passo in Efesini è tradotta con il termine “prendete”, è resa altrove nella Bibbia con “ricevete”, “prendete e accettate quello che è evidente”. Significa che questo elmo, come tutti i componenti dell’armatura spirituale, dato che Dio ce l’ha fornito, è sempre a nostra disposizione.

È chiamato l’elmo della salvezza per sottolineare l’opera di Cristo sulla croce.

Quest’opera, tramite la quale ci ha salvati per sempre, rappresenta:
- il più grande atto d’amore mai mostrato
- il più grande bisogno dell’uomo
- la più grande ingiustizia mai perpetrata
- l’evento più straordinario mai successo
- il momento umanamente più incomprensibile dell’universo
- l’evento più travisato dall’uomo

La salvezza è frutto del suo amore
“Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3:16).

La salvezza è una protezione abbondante e garantita
“Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Tanto più dunque, essendo ora giustificati per il suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati dall’ira. Se infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo anche in Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, mediante il quale abbiamo ora ottenuto la riconciliazione”
(Romani 5:8-11).

La salvezza dà chiarezza e sicurezza
“Tommaso gli disse: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo sapere la via?» Gesù gli disse: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche mio Padre, e fin da ora lo conoscete, e l’avete visto»”
(Giovanni 14:5-7).

Ogni essere umano ha un bisogno disperato di essere salvato, anche se la maggior parte delle persone lo nega. 
“Come scamperemo noi se trascuriamo una così grande salvezza? Questa, dopo essere stata annunciata prima dal Signore, ci è stata poi confermata da quelli che lo avevano udito” (Ebrei 2:3).

Nella sua lettera agli Efesini, Paolo descrive questa salvezza che ci trasforma per sempre:

Ci vivifica 

“Dio ha vivificato anche voi, voi che eravate morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati, ai quali un tempo vi abbandonaste seguendo l’andazzo di questo mondo, seguendo il principe della potenza dell’aria, di quello spirito che opera oggi negli uomini ribelli. Nel numero dei quali anche noi tutti vivevamo un tempo, secondo i desideri della nostra carne, ubbidendo alle voglie della carne e dei nostri pensieri; ed eravamo per natura figli d’ira, come gli altri” (Efesini 2:1-3).

Ci mostra come Dio ci ha amati quando eravamo suoi nemici

“Ma Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore con cui ci ha amati, anche quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (è per grazia che siete stati salvati), e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesù, per mostrare nei tempi futuri l’immensa ricchezza della sua grazia, mediante la bontà che egli ha avuta per noi in Cristo Gesù” (Efesini 2:4-7).

È una salvezza che, dall’inizio alla fine, dipende esclusivamente da Dio che ci ha salvati per vivere per lui

“Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti; infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo” (Efesini 2:8-10).

Come si indossa allora questo elmo? Basta una sola volta o bisogna indossarlo sempre? 

L’elmo, la salvezza, deve proteggerci dalle bugie che facilmente si insinuano nella nostra mente. Satana vuole scoraggiarci e bloccarci in modo che non viviamo una vita appagante e gioiosa, e vuole impedirci di crescere e maturare nel nostro rapporto con Dio. E usa tutto ciò che è contrario alle verità di Dio sulla salvezza.

Certe volte attacca la nostra mente con bugie terribilmente atroci, e se non siamo protetti rischiamo di soccombere e avremo pian piano una vita spirituale sempre più sterile.

  • Sono veramente salvato?
    “Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù” (Romani 8:1).
  • Posso perdere la salvezza?
    “Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. Infatti, sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 8:37-39).
  • Ho veramente creduto?
    “Se infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo anche in Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, mediante il quale abbiamo ora ottenuto la riconciliazione” (Romani 5:10,11).

La salvezza è un dono di Dio: è lui che ci chiama, che ammorbidisce il nostro cuore, che ci apre gli occhi spirituali, che produce la fede in noi e ci mantiene salvati. 

È proprio per questo che dobbiamo continuare a tornare alle verità basilari della salvezza. Sono esse che ci proteggono dai dubbi, dalle paure che ci assalgono così facilmente. 

Infatti, la Bibbia non dice che dobbiamo sentirci salvati o che dobbiamo continuamente avere delle esperienze particolari, ma che dobbiamo vivere per fede continuamente. 

E Paolo ribadisce: “Poiché non c’è distinzione tra Giudeo e Greco, essendo egli lo stesso Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti, chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato” (Romani 10:12,13).

Scoraggiarsi è normale, ognuno di noi davanti alla propria imperfezione e alle ripetute mancanze può chiedersi se è veramente salvato. 

L’apostolo Paolo lo sapeva, perciò ha scritto: 

“Sappiamo infatti che la legge è spirituale; ma io sono carnale, venduto schiavo al peccato. Poiché ciò che faccio io non lo capisco: infatti non faccio quello che voglio, ma faccio quello che odio. 
“Ora, se faccio quello che non voglio, ammetto che la legge è buona; allora non sono più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me. 
“Difatti io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene; poiché in me si trova il volere, ma il modo di compiere il bene, no. Infatti il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. 
“Ora, se io faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me. 
“Mi trovo dunque sotto questa legge: quando voglio fare il bene, il male si trova in me. Infatti io mi compiaccio della legge di Dio, secondo l’uomo interiore, ma vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è nelle mie membra. 
“Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? 
“Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Così, dunque, io con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del peccato” (Romani 7:14-25).

Quello che spicca in questo passo è la reazione di Paolo davanti al peccato che è così diversa da quella di chi non è un vero credente. Lui odia il suo peccato, lo chiama “male”, ammette che non lo vuole commettere, e che ci combatte continuamente. Non desidera altro che essere liberato per sempre da questa battaglia. Ma, nel frattempo, Paolo si mette l’elmo della salvezza e protegge la sua mente continuando a vivere in un modo che piace a Dio.

Anche Pietro spinge i credenti a valutare l’autenticità della loro fede, e parla di indossare l’elmo della salvezza: 

“La sua potenza divina ci ha donato tutto ciò che riguarda la vita e la pietà mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la propria gloria e virtù. Attraverso queste ci sono state elargite le sue preziose e grandissime promesse perché per mezzo di esse voi diventaste partecipi della natura divina, dopo essere sfuggiti alla corruzione che è nel mondo a causa della concupiscenza. 
“Voi, per questa stessa ragione, mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza l’autocontrollo, all’autocontrollo la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’affetto fraterno e all’affetto fraterno l’amore. 
“Perché se queste cose si trovano e abbondano in voi, non vi renderanno né pigri, né sterili nella conoscenza del nostro Signore Gesù Cristo. 
“Ma colui che non ha queste cose è cieco oppure miope, avendo dimenticato di essere stato purificato dei suoi vecchi peccati. 
“Perciò, fratelli, impegnatevi sempre di più a render sicura la vostra vocazione ed elezione; perché, così facendo, non inciamperete mai. In questo modo infatti vi sarà ampiamente concesso l’ingresso nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo” (2 Pietro 1:3-11).

Dobbiamo conoscere, ricordare e meditare le preziose verità e le promesse di Dio che parlano della salvezza e che sono scritte nella sua Parola. Farlo e rifarlo. Costantemente. Come Satana ci inquina i pensieri con le sue bugie insinuando il dubbio, così noi dobbiamo disintossicarli attraverso la Bibbia e mettere in pratica ciò che impariamo. 

È questo, in essenza, l’elmo della salvezza e la sua funzione. Allora vivremo  aspettando con speranza la coronazione del nostro cammino di salvezza, quando entreremo nel regno di Gesù Cristo il nostro Signore alla fine della nostra vita. E sarà un nuovo inizio!

Nessun soldato con buon senso va in guerra senza un elmo. 

E tu, ti consideri un credente in Cristo? Hai ricevuto per fede il perdono dei tuoi peccati e la salvezza eterna della tua anima? Lo hai chiesto a Dio questo perdono?

Se hai creduto in Gesù, non puoi limitare la tua fede a un evento o una tua esperienza di anni fa, ma devi indossare sempre la protezione che Dio ha preparato per te dal giorno che ti ha salvato. 

E se quel giorno ancora non c’è stato... fallo oggi!

Sappi che se pensi di non aver bisogno di proteggere la tua mente, ti esponi al pericolo di scoraggiarti, di essere vinto dai dubbi, e di non raggiungere il tuo pieno potenziale spirituale in Cristo. È ora per te di cercare l’elmo e indossarlo!

Davide Standridge

 

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La VOCE ottobre 2023

C’è una guerra che si accanisce incessantemente intorno a noi da quando siamo diventati figli di Dio. È una battaglia spirituale che ci vede tutti coinvolti. 

L’unico modo per “evitarla” sarebbe arrenderci e soccombere, ma non è un’opzione per i credenti. Al contrario, Dio ci comanda di essere sempre preparati a combatterla con l’aiuto del Signore Gesù.

Questo comando e le istruzioni del nostro Capo supremo le troviamo in Efesini 6:10-20. Non sono consigli e non sono opinabili perché la nostra incolumità dipende da questi. 

Il primo comando è di “fortificarci nel Signore e nella forza della sua potenza” perché le nostre sole forze non sono affatto sufficienti per resistere.

Il secondo è “rivestitevi della completa armatura di Dio” perché siamo attaccati da un avversario potente e tremendo.

Il terzo è “prendete la completa armatura di Dio” perché per restare in piedi nel conflitto è indispensabile indossarne ogni suo elemento.

È ovvio che senza il Signore qualsiasi battaglia è già persa in partenza. Quello che Dio ci chiede è di non sottovalutare la realtà della guerra spirituale, ma di armarci e prepararci secondo le sue istruzioni ad affrontarla.

Siamo responsabili di conoscere i mezzi di difesa che il Signore ci ha procurato, e di indossarli sempre. Ed è ciò che vogliamo ricordare con questo numero della Voce del Vangelo.

Abbiamo cominciato lo studio sulla battaglia spirituale nei numeri della Voce di gennaio, febbraio, aprile e maggio. Facciamo un breve riassunto.

Le parti dell’armatura a nostra disposizione sono sei:
CINTURA della VERITÀ
CORAZZA della GIUSTIZIA
CALZATURE dello ZELO dato dal vangelo
SCUDO della FEDE
ELMO della SALVEZZA
SPADA dello SPIRITO

  • La verità (la cintura) è vitale sotto ogni aspetto. È il punto di partenza. Ci rivela la realtà sul peccato, la giustizia e il giudizio. La verità ci guida nella conoscenza di Dio e del nostro salvatore Gesù Cristo. Ci insegna a discernere il vero dall’errore e il bene dal male, in modo che possiamo vivere una vita che onori Dio, praticando la giustizia e crescendo nel nostro rapporto con Lui.

  • Senza la giustizia che viene da Dio (la corazza) saremmo indifesi. Ma la giustizia di Cristo, imputata a noi per fede, è ancorata alla verità proprio come la corazza del soldato è tenuta ferma dalla cintura. È la nostra protezione.
    Chi ha creduto alla verità riguardo Cristo è reso giusto davanti a Dio per un atto sovrano di Lui, il che non può essere annullato dalle menzogne del diavolo né dai dubbi che lui vorrebbe insinuare nella nostra mente.
    Davanti a ogni accusa di Satana noi ci appelliamo alla perfetta giustizia di Cristo, il nostro avvocato (1 Giovanni 2:1,2).

  • Le calzature erano fondamentali per i soldati ai tempi di Paolo, ed erano studiate per aiutarli a rimanere in piedi e resistere davanti al nemico. Così la buona notizia del vangelo dà prontezza, agilità di movimenti, sicurezza e stabilità al credente, e di conseguenza una meravigliosa pace di Dio che custodisce ogni pensiero in Cristo (Filippesi 4:6,7).
Ecco l’intero passo, oggetto del nostro studio:

“Del resto, fortificatevi nel Signore e nella forza della sua potenza. Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate stare saldi contro le insidie del diavolo; il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti.

“Perciò prendete la completa armatura di Dio, affinché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver compiuto tutto il vostro dovere.

“State dunque saldi: prendete la verità per cintura dei vostri fianchi; rivestitevi della corazza della giustizia; mettete come calzature ai vostri piedi lo zelo dato dal vangelo della pace; prendete oltre a tutto ciò lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno.

“Prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio; pregate in ogni tempo, per mezzo dello Spirito, con ogni preghiera e supplica; vegliate a questo scopo con ogni perseveranza. 

“Pregate per tutti i santi, e anche per me, affinché mi sia dato di parlare apertamente per far conoscere con franchezza il mistero del vangelo, per il quale sono ambasciatore in catene, perché lo annunci francamente, come conviene che ne parli.” —Efesini 6:10-20

IN QUESTO COMBATTIMENTO senza esclusione di colpi, la fede è uno scudo invincibile (1 Giovanni 5:4). 

Non dimentichiamoci che Satana fa di tutto per screditare e contestare la veridicità della Parola di Dio. Mente per farci diventare sospettosi e permalosi. Lo fa per scoraggiarci, per renderci paralizzati e sterili. Vuole squalificarci nel nostro servizio per il Signore.

Per questo motivo, al versetto 16, c’è il comando di Dio di rimanere costantemente riparati dalla fede: “Prendete oltre a tutto ciò lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno.” 

Abbandonare la fede e aprirsi al dubbio vuol dire esporsi come facile bersaglio del nemico.

Prima dei tempi di Paolo i legionari romani usavano uno scudo rotondo, adatto al combattimento corpo a corpo, che però nell’età imperiale fu sostituito da uno più grande e rettangolare che aveva la funzione di coprire tutto il corpo del legionario. È a questo tipo di scudo, chiamato “scutum”, che Paolo si riferisce.

Lo scutum era costituito da diversi strati di assi di legno, tenuti insieme da una colla di origine organica. L’intero scudo era ricoperto di cuoio sul quale era poi incollato uno strato di tela. I bordi erano rafforzati da una lamiera di bronzo, per renderlo più resistente a lanci di pietra e colpi di spada, nonché permettevano l’appoggio a terra senza alcun danno.

In una battaglia tipica, i due eserciti si schieravano distanti l’uno di fronte all’altro, e prima di scontrarsi corpo a corpo scagliavano pietre e frecce infuocate sull’avversario. Gli scudi, quindi, erano usati principalmente prima del combattimento vero e proprio. 

Lo scopo di questa fase iniziale dell’offensiva era quello d’incutere paura, creare confusione e scompiglio, e causare qualche morte tra le schiere nemiche. 

Le truppe, sotto la copertura degli scudi, dovevano avanzare unite, in una formazione detta “a testuggine”, per cui la resistenza di ogni singolo soldato era fondamentale per tutto l’esercito. Qualunque defezione o breccia nello schieramento indeboliva l’intera truppa.

Te lo immagini come poteva essere stare lì, in prima fila, sotto una pioggia incessante di pietre e di frecce infuocate?

Le frecce erano particolari, con la punta coperta di resina perché, una volta accese e scoccate, non si spegnessero in volo. Gli storici raccontano che spesso, prima della battaglia, i soldati bagnavano i loro scudi per evitare che prendessero subito fuoco. Solo uno scudo robusto poteva offrire protezione contro una tempesta di fuoco che continuava a cadere addosso.

È famosa la frase della mamma di un soldato di Sparta che, porgendo lo scudo a suo figlio, gli disse: “Figlio mio, ritorna, o con questo o sopra questo!” Il senso era che lo scudo poteva o salvargli la vita o servire da barella se fosse morto in battaglia. 

LO SCUDO DEI LEGIONARI era un mezzo di protezione, ma anche di offesa. Per il credente, la fede è un mezzo di difesa importantissimo.

Nella sua lettera agli efesini Paolo aveva già parlato della fede: “In lui [cioè Cristo] voi pure, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza, e avendo creduto in lui, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso” (Efesini 1:13).

“Avendo creduto” è una forma verbale del sostantivo “fede”. Potremmo riformulare la frase di Paolo così: “Dopo aver ascoltato la parola della verità, la buona notizia della salvezza, avete messo la vostra fede in Cristo.” In altre parole, la salvezza viene attraverso la fede. 

È ciò che Paolo afferma anche poco più avanti, quando scrive: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la FEDE, e ciò non viene da voi; è il dono di Dio” (Efesini 2:8, l’enfasi aggiunta). 

La fede è il dono di Dio che ci permette di comprendere e abbracciare la verità che abbiamo bisogno di essere salvati dalla condanna del peccato e dal giusto giudizio di Dio. 

Nessuno è capace di salvarsi da solo: per essere salvati bisogna credere in Gesù come è rivelato nelle Scritture. 

È evidente fin qui come la verità e la fede siano strettamente legate l’una all’altra, proprio come lo sono la giustizia di Dio e il vangelo. È per questo motivo che Paolo ribadisce che il credente deve indossare l’armatura completa, con ogni singolo pezzo.

La fede non è solamente il mezzo per il quale siamo salvati, ma è anche una difesa efficace contro tutti gli attacchi con cui Satana cerca di confonderci minando le nostre certezze in Cristo. 

La fede, come anche la verità alla quale è indissolubilmente legata, è il punto di partenza per la nuova vita in Cristo, ed è lo strumento necessario per progredire nell’obbedienza e nella crescita spirituale. Infatti senza fede è impossibile piacere a Dio.

Pensiamoci bene, tutti hanno fede in qualcosa. Ad esempio ogni volta che invii un messaggio a qualcuno hai fede che il destinatario lo riceverà. 

Tempo fa ero su un treno verso Torino. Nel mio vagone viaggiava una famiglia talmente numerosa che da sola occupava due scompartimenti; io ero l’unico estraneo. L’atmosfera era allegra, i bambini correvano da uno scompartimento all’altro, e gli adulti scherzavano e ridevano. Osservavo in disparte quelle scene di famiglia. 

A circa metà viaggio è arrivato il capotreno per controllare i biglietti. Io gli ho porto subito il mio, l’ha guardato, obliterato e me l’ha restituito. Poi era il turno della famiglia, e il capofamiglia ha dato i biglietti di tutti al controllore. Lui li ha esaminati per un minuto in silenzio e poi ha esclamato: “Siete sul treno sbagliato! Questi biglietti sono per Milano, ma questo treno va a Torino.”

Nello scompartimento è calato il silenzio all’improvviso. La mamma si è messa a piangere e i bambini si guardavano intorno confusi. L’aria di festa era sparita. La loro certezza di essere in viaggio verso la destinazione giusta si era scontrata con la realtà di aver preso il treno sbagliato!

Non basta essere sinceri nel credere in qualunque cosa. La fede per essere vera ed efficace deve essere posta su qualcosa di reale, altrimenti è solo una fantasia illusoria. E potrebbe costare cara. 

L’autentica fede salvifica è certezza di quello che Dio ha rivelato nella sua Parola. Ha come oggetto Dio Padre che nella sua sovranità ha pianificato la salvezza, il Signore e Salvatore Gesù che l’ha attuata, e lo Spirito Santo che è il garante di questa salvezza.

D’altra parte, ci sono tanti credenti che vivono la loro vita spirituale zoppicando, sia perché la loro fede non è viva – non prendono la Bibbia sul serio e non s’impegnano a piacere a Dio in ogni cosa – ma anche perché sono spesso ignoranti riguardo ciò che la Parola di Dio effettivamente insegna. 

Una fede viva non ha a che fare con i sentimenti, ma con l’ubbidienza. 

IL SALMISTA SCRIVE: “Tu sei il mio rifugio e il mio scudo; io spero nella tua parola” (Salmo 119:114).

Salomone testimonia: “Ogni parola di Dio è affinata con il fuoco. Egli è uno scudo per chi confida in lui” (Proverbi 30:5).

Prendere lo scudo della fede vuol dire prendere la Parola di Dio sul serio, perché “la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo” (Romani 10:17).

Siamo bombardati da centinaia di voci che vogliono influenzarci, che cercano di riempirci la mente, e di catturare gli affetti del nostro cuore. 

Lo scudo di cui Paolo parla ti protegge nella misura in cui l’oggetto della tua fede è quello giusto e le informazioni sulle quali si fonda la tua fede sono altrettanto giuste e vere.

Dobbiamo essere sicuri che stiamo credendo in ciò che è vero e non cambia. Solo così possiamo ripararci dai dardi micidiali che il diavolo scaglia costantemente contro di noi. E lui non è solo in questo suo impegno, ma è assistito da tutti i suoi servi e anche da tutti quelli che non credono in Gesù Cristo come personale salvatore. Vuole renderci deboli, innocui e inetti, insicuri nella nostra santificazione, e inefficaci nel parlare ad altri della verità del vangelo. E ce la mette tutta per adempiere il suo scopo malvagio.

Satana non si risparmia di colpire anche la vita emotiva del credente, e di derubarlo della gioia e della pace con cui Dio vuole riempire mente e cuore dei suoi. 

Il diavolo agisce alimentando la concupiscenza e il desiderio del peccato in noi, ma può riuscirci solo se noi non siamo pienamente convinti della verità della Parola di Dio.

A QUESTO PUNTO la domanda sorge spontanea: come si usa questo scudo della fede?

Pietro ce lo spiega nella sua prima lettera: “Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché egli vi innalzi a suo tempo; gettando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi.

“Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare. Resistetegli stando fermi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze affliggono i vostri fratelli sparsi per il mondo.

“Or il Dio di ogni grazia, che vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, dopo che avrete sofferto per breve tempo, vi perfezionerà egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà stabilmente. A lui sia la potenza, in eterno. Amen” (1 Pietro 5:6-10).

Alcune parole saltano subito agli occhi: umiliatevi, fidatevi, resistete e vivete alla luce di ciò che è eterno.

La fede, per essere una protezione che salva, richiede che siamo pronti a riconoscere di non poterci fidare di noi stessi, delle nostre capacità o delle nostre opinioni. 

Non possiamo mai abbassare la guardia perché il desiderio del diavolo di divorarci è insaziabile. Non siamo in grado di proteggerci da soli. È Dio il nostro scudo, perciò è sua responsabilità trovare il momento e il modo in cui ci soccorrerà. 

Il fatto che questa stessa battaglia sia comune a tutti i credenti sparsi nel mondo, indipendentemente delle loro circostanze, dovrebbe spingerci a sostenerci a vicenda e pregare gli uni per gli altri, forti della promessa di Dio di perfezionarci, di renderci fermi e stabili.

In conclusione, ecco un breve promemoria:
  • Impegnati a conoscere Dio
    “Quelli che conoscono il tuo nome confideranno in te, perché, o SIGNORE, tu non abbandoni quelli che ti cercano” (Salmo 9:10). 

  • Impregna la mente di pensieri puri
    “Quindi, fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri” (Filippesi 4:8).

  • Cura il tuo rapporto con quelli che hanno fede in Dio
    “Le cose che avete imparate, ricevute, udite da me e viste in me, fatele; e il Dio della pace sarà con voi” (Filippesi 4:9).

Le frecce infuocate del diavolo continueranno ad arrivare da tutte le parti, cercando di provocare paura, ansia, dubbi e tentazioni. Da soli o in una formazione “a testuggine” in compagnia di altri credenti ripariamoci sempre sotto lo scudo della fede, perché solo Dio ci dà la pace, la fede e la sicurezza di cui abbiamo bisogno.

Davide Standridge

 

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La VOCE settembre 2023

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Ristampa del febbraio 1992 ”Il coraggio di guarire" 

Ci sono persone che detestano ingoiare le pillole. Fanno fatica anche con le compresse piccole. C’è chi invece riesce a mandarne giù addirittura una manciata. 

Conosco alcuni trucchi che aiutano a deglutire senza fastidio. Metti, per esempio, la medicina in un cucchiaio di miele e… la pillola va giù, dixit la Poppins. 

Oppure prendi un pezzettino di pane e lo mastichi per qualche secondo e poi, prima d’ingoiarlo, metti in bocca anche la pillola, ed ecco fatto. 

Potresti anche provare a mettere la compressa sulla parte posteriore della lingua e bere usando una cannuccia. 

Il metodo più comune è senz’altro quello di mandar giù la pillola con un sorso d’acqua perché d’istinto incliniamo la testa all’indietro e il farmaco scivola giù più facilmente.

Sicuramente, è qualcosa che se si fa spesso diventa talmente facile che neanche ci fai più caso. 

Ma… è possibile che, nello stesso modo, ci stiamo abituando anche a ingoiare cose dannose per la nostra salute? 

E più ne mandiamo giù, più facile diventa, e più mettiamo a repentaglio il nostro benessere? 

E non parlo solo di ciò che scende nel nostro stomaco.

La Bibbia afferma chiaramente che il mondo è il regno di Satana, e che la società in cui viviamo è sotto il controllo dei suoi schemi e delle sue bugie.

A quelli che volevano solo contendere con lui, Gesù ha detto: “Voi siete figli del diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché non c’è verità in lui. Quando dice il falso, parla di quel che è suo, perché è bugiardo e padre della menzogna. A me, perché io dico la verità, voi non credete. Chi di voi mi convince di peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non le ascoltate; perché non siete da Dio»” (Giovanni 8:44-47).

Satana odia la verità, perché per lui dire il falso è la norma. 

Gesù invece afferma che i veri credenti non danno retta alle menzogne, bensì hanno le orecchie attente alla Parola di Dio.

Stando così le cose, dovremmo chiederci a chi e a che cosa diamo ascolto e, soprattutto, a cosa crediamo.

Gesù ha proseguito il suo discorso, rivolgendosi stavolta a chi voleva seguirlo sinceramente, dicendo: “Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Giovanni 8:31,32).

Prima di diventare dei figli di Dio, era normale per noi mentire e credere alle bugie. La Bibbia descrive così lo stato disperato in cui eravamo e in cui versa pure tutta l’umanità: “Dio ha vivificato anche voi, voi che eravate morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati, ai quali un tempo vi abbandonaste seguendo l’andazzo di questo mondo, seguendo il principe della potenza dell’aria, di quello spirito che opera oggi negli uomini ribelli. Nel numero dei quali anche noi tutti vivevamo un tempo, secondo i desideri della nostra carne, ubbidendo alle voglie della carne e dei nostri pensieri; ed eravamo per natura figli d’ira, come gli altri” (Efesini 2:1-3).

Tutto il nostro essere – ogni azione e pensiero – era immerso nella falsità, a motivo delle bugie inventate da Satana e diffuse dalla società accecata dalla sua influenza. Ciò che ci dominava era il desiderio irrefrenabile di soddisfare noi stessi.

La Parola di Dio in questi versetti dipinge un ritratto iperrealista del genere umano, è accurato nei minimi dettagli e spiega il motivo per cui siamo così attratti dalle bugie, e perché ci è così facile “ingoiarle” senza pensarci due volte. Le persone senza Dio sono spiritualmente morte, si abbandonano a una vita di peccato dietro Satana che opera in loro impedendogli di vedere la realtà. 

Da ragazzini, mio fratello e io quando andavamo al cinema ci chiedevamo stupiti come facessero a reclutare attori per dei film in cui dovevano morire! Nella nostra ingenuità eravamo convinti che morissero davvero. Pensavamo addirittura che si trattasse di condannati a morte giustiziati nel corso del film. 

Eh già, eravamo proprio sciocchi. La nostra convinzione si basava sull’immaginazione e non sulla conoscenza dei fatti. 

In uno di questi film ricordo molto bene una scena da incubo che non vorrei mai dover vivere in prima persona: ritrovarmi nelle sabbie mobili. Sentirsi sprofondare inesorabilmente e rendersi conto che più ti agiti e più vieni inghiottito deve essere terrificante! 

Quest’immagine evoca tristemente certi credenti che piano piano si lasciano conformare dai ragionamenti della società e dal suo modo di agire. E la società, si sa, non teme né onora Dio, così questi poveri cristiani sprofondano in pericolosi compromessi col peccato, che li risucchiano giù come nelle sabbie mobili senza scampo.

Tanti di loro sembrano accettare i compromessi con naturalezza, non rendendosi conto che la Bibbia comanda, chiaro e forte, di stare attenti al subdolo canto della sirena del mondo, con tantissime esortazioni a “fuggire il male”.

“Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui. Perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza, ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno” (1 Giovanni 2:15-17).

Il peccato è attraente perché fa leva sui nostri desideri che vogliono essere appagati. Se diamo retta a certi appetiti carnali significa che ignoriamo che dietro ogni tentazione c’è un inganno nascosto, su cui Dio ci mette in guardia. Ciò che sembra lecito e attraente è in realtà effimero e nocivo, e ci pone in netto contrasto con Dio.

Il dilemma è questo: come distinguere ciò fa parte della nostra vecchia natura che deve essere messa a morte (Romani 6:1-14) e ciò che invece è lecito per un credente (1 Corinzi 6:12)? 

PENSIERI CHE AFFONDANO

Un campo in cui spesso si creano tensioni è quello dei rapporti interpersonali, soprattutto con i famigliari non credenti. A volte dobbiamo prendere decisioni che loro non condividono. 

A nessuno piace mettersi contro gli altri, specialmente se si tratta di amici o parenti. Tutti vogliono sentirsi accettati e approvati. 

Ma i non credenti sono immersi nelle sabbie mobili del mondo, ed è l’unica realtà che conoscono. 

Il credente, al contrario, è stato salvato e strappato via dall’abitudine di seguire il mondo, e i suoi piedi poggiano sulla roccia solida della Parola di Dio che lo istruisce e guida i suoi passi. 

Due immagini con un contrasto evidente, e saper reagire può risultare difficile. Ci preoccupa il rischio di rovinare le nostre relazioni, minando così la possibilità di testimoniare ai nostri cari. Ma chiediamoci: è meglio prendere una posizione impopolare ma coerente con la Parola di Dio e quindi che Dio approva, oppure tentare una testimonianza contaminata da compromessi?

Gesù da parte sua ci aveva messo in guardia: “Se il mondo vi odia, sapete bene che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe quello che è suo; siccome non siete del mondo, ma io ho scelto voi in mezzo al mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detta: «Il servo non è più grande del suo signore». Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo ve lo faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato” (Giovanni 15:18-21).

Che sai, infatti, se salverai i tuoi cari? Ma puoi essere sicuro che il Signore premierà la tua fedeltà a lui. E ha promesso di insegnarti quello che devi fare: “Io ti istruirò e ti insegnerò la via per la quale devi camminare, io ti consiglierò e avrò gli occhi su di te” (Salmo 32:8. Leggi anche Tito 2:11-14).

PENSIERI CHE INNALZANO

Paolo scrive: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà” (Romani 12:1,2).

Abbiamo bisogno che Dio trasformi il nostro modo di pensare, e che spinga anche a voler cambiare e a ricercare la santità in tutta la nostra condotta.

Il Signore ci chiede un cambiamento drastico, umanamente impossibile e agli occhi del mondo inaccettabile.

La società invece vuole che il peccato diventi normale e, demolendo ogni restrizione di pudore, insiste che ciò che anni fa era inaccettabile sia adesso considerato “naturale”.

Che facciamo, allora, delle pillole che il mondo ci propina continuamente, sotto ogni forma e in ogni ambito? 

Ce le confeziona ben bene insinuandole dentro quello che leggiamo, quello che guardiamo in televisione o in quello che amici e parenti ci presentano come la normalità. 

Una di queste sono i rapporti prematrimoniali che, sostengono molti, sono necessari per capire la compatibilità della coppia. Dal rapporto sessuale prematrimoniale si passa presto alla convivenza, dalla convivenza alla procreazione che, se ritenuta sconveniente, porta all’aborto senza rimorsi. Non è questo il piano di Dio per la coppia.

Oggi, sebbene l’articolo 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dichiari “La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto a essere protetta dalla società e dallo Stato” la famiglia è sotto attacco. Si insistono sulle nuove definizioni della famiglia per includere gruppi di persone che nel corso della storia umana non hanno mai costituito agli occhi della società una famiglia. 

Per tante persone i legami di parentela sono ormai considerati temporanei, durando fino a che non intralciano la propria felicità.

Sono sempre più numerosi i figli che vivono senza la sicurezza di un rapporto stabile tra i loro genitori. Crescono facendo la spola tra l’uno e l’altro, spesso mollati ai nonni o affidati agli estranei. 

La bugia che i genitori si raccontano per giustificare questo tipo di situazioni è che tutto sommato è la scelta migliore: meglio questo che vivere in una famiglia dove non ci si vuole più bene!

Ecco una grande bugia. Infatti è tutto il contrario: la verità che deve guidare ogni credente è che Dio ha costituito il matrimonio, dove le difficoltà devono essere affrontate e superate amandosi a vicenda. Il marito deve curare la vita spirituale della famiglia. Deve amare la moglie. 

Lo standard fissato da Dio è altissimo: il marito deve amare la moglie come Cristo ha amato la chiesa, e la moglie deve sottomettersi al marito come la chiesa a Cristo. Deve essere l’aiuto convenevole per suo marito. I figli devono essere amati, istruiti, disciplinati e curati e devono potersi sentire al sicuro nella loro famiglia. 

A proposito di figli: chi decide di che sesso dovranno essere? Esistono davvero 50 gender diversi? 

Ormai praticamente tutti i nuovi programmi televisivi, i film e molto di ciò che gira in rete spacciano come normale uno stile di vita promiscuo e trasgressivo, specialmente quello omosessuale. Lo stesso si dica della letteratura per i ragazzi e dei fumetti. 

Come aiuteremo le nuove generazioni a discernere la verità e a proteggersi da questi influssi maligni? 

I nostri figli passano molto tempo fuori casa, subendo l’influenza dei compagni di scuola, degli insegnati e di altre persone estranee che non condividono i valori della fede cristiana. 

A casa i figli sono incollati ai cellulari e assorbono tutto ciò che gira su internet. 
Chi metterà ordine in quella valanga di stimoli e smaschererà le menzogne a cui sono esposti continuamente? 

Quanto è difficile per un genitore credente intervenire quando i figli, lasciati crescere senza paletti, cominciano a comportarsi in modo immorale e contrario agli insegnamenti biblici! 

Difficile o impossibile, il genitore ha comunque la responsabilità, che il Signore gli ha dato, di riprendere il figlio quando sbaglia. E se si vuole avere risultati duraturi si deve cominciare in tenerissima età.

Gioire per i nipotini nati fuori dal vincolo matrimoniale o avere in visita figli che portano a casa la convivente sono cose che lasciano un retrogusto amaro. 

Sono realtà pesanti da gestire da soli, e a volte sono doppiamente gravi se le guide della chiesa reagiscono in modo inappropriato, con superficialità o al contrario con una durezza senza compassione. 

Dio desidera che chi ha un ruolo di guida spirituale nella chiesa locale sappia rispondere biblicamente alle domande difficili. Cos’è la verità? Come riconoscere una menzogna? Come deve essere la vita della chiesa secondo quello che Dio dice? Donne pastore, sì o no? Cosa dire a coppie che convivono? Come aiutare una coppia che sta pensando al divorzio? Come affrontare una gravidanza extramatrimoniale? Come gestire i figli ribelli?

Se le pillole di bugie, che una volta ti saresti rifiutato di mettere in bocca, ora vanno giù come l’acqua, fermati! Il rimedio c’è, è efficace e porta benefici concreti da subito se apri il tuo cuore. Solo la Parola di Dio deve essere il nostro unico punto di riferimento. E saremo al sicuro.

Il salmista ha scritto:

La legge del SIGNORE è perfetta, essa ristora l’anima;
la testimonianza del SIGNORE è veritiera, rende saggio il semplice.

I precetti del SIGNORE sono giusti, rallegrano il cuore;
il comandamento del SIGNORE è limpido, illumina gli occhi.

Il timore del SIGNORE è puro, sussiste per sempre;
i giudizi del SIGNORE sono verità, tutti quanti sono giusti, 
sono più desiderabili dell’oro, anzi, più di molto oro finissimo; 
sono più dolci del miele, anzi, di quello che stilla dai favi. 

Anche il tuo servo è da essi ammaestrato; 
v’è gran ricompensa a osservarli. 

Chi conosce i suoi errori? 
Purificami da quelli che mi sono occulti.
–Salmo 19:7-12

Il cuore che segue la Parola di Dio è rafforzato, incoraggiato, rallegrato, soddisfatto, istruito e benedetto. Lascia allora che l’eterna e giusta Parola di Dio faccia il suo lavoro in te, essa è la tua salvezza. 

Lascia che ti rimproveri, accetta la sua correzione e mettila in pratica.
Questo è l’antidoto più efficace contro l’avvelenamento da pillole di menzogna. 
Se ne accorgeranno anche i nostri amici e parenti.

Davide Standridge


Il coraggio di guarire

Un matrimonio che non funziona bene fra marito e moglie rovina i figli, che diventano alleati, messaggeri e pedine dei genitori. Le mamme fanno dei sotterfugi e dicono ai figli: “Non lo dire a papà.” I padri si alleano con un figlio a scapito degli altri o della moglie. 

Questo era proprio il caso di Isacco e Rebecca. Risultato: inganno e disarmonia, al posto dell’accordo e della trasparenza. I buoni inizi andarono sommersi col passare degli anni. 
 
Oggi le coppie moderne, troppe volte, si parlano, ma non condividono i loro pensieri. Sentono quello che l’altro dice, ma non si ascoltano. Si toccano, ma non si amano. Guardano, ma non vedono. Pregano, ma lo fanno di rado insieme. Parlano di persone, di fatti e del tempo, ma non di Dio, del loro amore e dei loro sentimenti. 
 
Conoscono gli amici più del loro coniuge, fanno più confidenze agli estranei che al loro caro. Lavorano forte, ma non per migliorare la loro unione. Nei loro discorsi non trovano vera rispondenza l’uno con l’altro. 
 
Se sono credenti, amano Dio, ma in modo personale e individuale. Non come coppia. Stanno uno a fianco dell’altro, ma non camminano insieme. 
 
C’è una grande tristezza in una unione di questo tipo: due persone, che abitano sotto lo stesso tetto, ma vivono vite solitarie e separate. Per alcuni, il problema dura da tanti anni che non se ne rendono più conto. Anzi, forse, non vorrebbero neppure che le cose cambiassero. 
 
Altri ne soffrono, ma non sanno che fare. 
 
Per risolvere il problema, bisogna avere il coraggio di andare indietro negli anni e capire quando la cosa è cominciata. 
 
Forse c’è un problema lontano che non è stato mai risolto, qualcosa che è accaduto perfino prima delle nozze? 
 
Uno dei due sposi è troppo indipendente? 
Qualche cosa non è mai stata perdonata? 
 
Sarà un processo penoso per tutti e due. Penoso perché andrà a rivangare il passato e penoso perché richiederà dei cambiamenti. Ma a questo punto sarà un grosso guaio se uno dei due coniugi dirà all’altro: “Cambierò se tu cambi.” “Tu fai il primo passo e io ti verrò dietro.”
 
Una guarigione sarà possibile solo se tutti e due saranno molto onesti e sinceri fra loro. E non sarà facile, perché una separazione psicologica rovina fisicamente, mentalmente e spiritualmente. 
 
Ho conosciuto dei credenti che hanno rifiutato questo processo di guarigione, perché lo hanno trovato troppo difficile e ne avevano paura. Allora si sono buttati nel lavoro, passando il minor tempo possibile a casa. O seppellendosi in mille attività “spirituali” e dando l’impressione di essere dei mostri di spiritualità, ma essendo dentro vuoti e frustrati. 
 
È importante, fra marito e moglie, confrontarsi continuamente con la Parola di Dio, correggere la rotta, smussare gli angoli, evitare il comune e l’abitudinario. 
 
Solo allora si realizzerà la verità del versetto “e i due diverranno una sola carne.” Cioè saranno due persone che, col passare degli anni, impareranno a funzionare veramente come coppia, pur restando due individui ben definiti.
 
R.W. (La VOCE del Vangelo, ristampa del 1991)
 

 

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La VOCE luglio 2023

Un articolo che parli principalmente agli uomini potrebbe non sembrare pertinente per le donne, ma non è così. Se sei una moglie scoprirai come pregare per tuo marito, se sei una mamma saprai come pregare e educare meglio i tuoi figli nella direzione giusta, e se non sei ancora sposata sarai spinta a cercarti un marito che faccia sul serio col Signore.

Quando La VOCE del Vangelo era ancora composto da otto pagine, le rubriche e gli articoli erano curati principalmente da Maria Teresa e Guglielmo, e io contribuivo con una rubrica dal titolo “Da Uomo a Uomo”.  

All’epoca mi capitava spesso di viaggiare e di visitare chiese in diverse parti d’Italia, e non di rado ricevevo feedback positivi per la mia rubrica. 

Una signora in particolare si era complimentata con me dicendo che apprezzava molto quello che scrivevo. 

Sorridendo la ringraziai, però le feci notare che non era diretto proprio a lei ma a suo marito. Lei ribatté subito: “Lo so, ma mio marito non legge, allora lascio il giornale aperto a quella pagina in bagno sperando che si incuriosisca e la legga.”

Dobbiamo ammettere che purtroppo molte volte noi uomini siamo poco propensi a riconoscere il nostro bisogno di migliorare in certe aree della nostra vita. Migliorare e agire di conseguenza. 

Sarà perché siamo preoccupati per altro, o perché non c’è nessuno che ci metta con le spalle al muro per farci prendere le nostre responsabilità. 

Mia nonna aveva una frase che mi ripeteva da ragazzino: “Davide, stai diventando un ometto, comportati bene!”

Oggi pare che si sia persa di vista l’importanza di comportarsi da uomini; la distinzione tra ruoli e comportamenti strettamente maschili o femminili si sta offuscando sempre di più. Essere uomini sembra qualcosa di antiquato, quasi da evitare. Addirittura, oggi che si vogliono affiancare a maschio e femmina altri 50 tipi di gender, suggerire a qualcuno di comportarsi da uomo susciterà sicuri dissensi.

Non deve sorprendere che il mondo abbracci ideologie sbagliate, lo fa da sempre. Paolo, più di duemila anni fa, scriveva: 

L’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l’ingiustizia; poiché quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato loro; infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo, essendo percepite per mezzo delle opere sue; perciò essi sono inescusabili, perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato come Dio, né lo hanno ringraziato; ma si sono dati a vani ragionamenti e il loro cuore privo d’intelligenza si è ottenebrato. 

Benché si dichiarino sapienti, sono diventati stolti, e hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Per questo Dio li ha abbandonati all’impurità, secondo i desideri dei loro cuori, in modo da disonorare fra di loro i loro corpi; essi, che hanno mutato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore, che è benedetto in eterno. Amen.

Perciò Dio li ha abbandonati a passioni infami: infatti le loro donne hanno cambiato l’uso naturale in quello che è contro natura; similmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono infiammati nella loro libidine gli uni per gli altri commettendo uomini con uomini atti infami, ricevendo in loro stessi la meritata ricompensa del proprio traviamento.

Siccome non si sono curati di conoscere Dio, Dio li ha abbandonati in balìa della loro mente perversa sì che facessero ciò che è sconveniente; ricolmi di ogni ingiustizia, malvagità, cupidigia, malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di contesa, di frode, di malignità; calunniatori, maldicenti, abominevoli a Dio, insolenti, superbi, vanagloriosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza affetti naturali, spietati” (Romani 1:18-31). 

Quando Dio non fa più parte dei pensieri dell’uomo, vengono meno tutti gli argini contro la depravazione umana. Il peccato è considerato la normalità, e approvarlo una necessità. L’uomo si sostituisce a Dio, e Dio lo abbandona a fare tutto ciò che è sconveniente.

C’era da aspettarselo dal mondo, ma quando ideologie inique si infiltrano anche nella chiesa le conseguenze sono nefaste per le persone coinvolte. 

Ci sono ancora chiese sane, fedeli alla Parola di Dio, che affermano che Dio ha creato il maschio e la femmina, e che non esistono altri generi, ma la società fa di tutto per influenzare il modo di pensare perfino dei credenti. 

Molti cristiani infatti considerano porzioni delle Scritture, che per loro sono controverse e scomode, come retaggio di una cultura sorpassata, invece di considerare tutta la Bibbia autorevole e valida anche per i nostri tempi. 

Tra questi argomenti scomodi ci sono il ruolo e le responsabilità dell’uomo che rischiano di essere minimizzati o addirittura accantonati.

OCCHIO! SEMPRE E COMUNQUE

Paolo scriveva ai Corinzi: “Vegliate, state fermi nella fede, comportatevi virilmente, fortificatevi. Tra voi si faccia ogni cosa con amore” (1 Corinzi 16:13,14).

Nota bene: Paolo scrive “comportatevi virilmente” cioè “fate gli uomini. Comportatevi da uomini!” Sono parole vecchie di duemila anni ma attuali come non mai.

Questi due versetti sono carichi di istruzioni per noi uomini che rischiamo di essere lavativi nelle mansioni e nei doveri che Dio ha stabilito proprio per noi. È lui che ha creato il genere umano; ha certamente le idee chiare sui ruoli che ha assegnato alle sue creature.

Il versetto comincia con un presente imperativo: vegliate. Il significato di questa forma grammaticale è ovvio: fatelo, e fatelo sempre! Non basta farlo una volta per tutte, ma è un’azione continua.

Anche il verbo “vegliare” è significativo. A quei tempi nelle città c’erano sentinelle che vegliavano giorno e notte per proteggerle. Sempre all’erta e attente contro ogni minimo pericolo che poteva minacciare il popolo.

Questo concetto di essere vigili ricorre spesso nella Bibbia. Per esempio, Paolo scrive: “Fratelli, se uno viene sorpreso in colpa, voi, che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine. Bada bene a te stesso, che anche tu non sia tentato” (Galati 6:1). Quel “bada bene” nella seconda parte del versetto dice la stessa cosa: guardati bene, perché anche tu non corra tale pericolo. 

Spesso questo comando viene usato collegato al peccato. Pietro scrive: “Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare” (1 Petro 5:8). 

Noi, che siamo credenti, dobbiamo stare attenti perché il diavolo e la società, influenzata da lui, mirano a distruggere il piano di Dio. Non a caso Giovanni avverte: “Badate a voi stessi affinché non perdiate quello per cui abbiamo lavorato, ma riceviate piena ricompensa” (2 Giovanni 8).

Ogni uomo deve fare attenzione e vegliare sulla sua vita perché Satana, con il peccato e con le distrazioni, vuole rendere vana l’opera di Dio in noi rendendoci incapaci di adempiere il nostro compito. 

Ogni uomo deve anche saper riconoscere quelle bugie che lo spingono a sminuire il ruolo che Dio gli ha dato nella famiglia e nella chiesa.

Paolo, quindi, voleva ricordare agli uomini di Corinto di vegliare e stare fermi nella fede. In pratica dovevano condurre una vita che onorasse Dio e il Signore Gesù. Essere un uomo di Dio è una priorità.

Esiste un cliché che vorrebbe il vero maschio cocciuto, duro, ostinato e autoritario. Paolo invece ricorda a noi uomini che dobbiamo fare ogni cosa con amore. I veri uomini svolgono i propri compiti spinti dall’amore per Dio e per gli altri. La vera mascolinità è personificata dal Signore Gesù, che ha fatto e detto ogni cosa motivato dall’amore.

OMETTO, È ORA CHE TU CRESCA

Paolo scrive: “Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino; ma quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da bambino” (1 Corinzi 13:11).

Il progresso naturale consiste nel crescere, maturare, e smettere con certi comportamenti per acquisirne altri. Alcuni uomini credenti, invece, sembrano accontentarsi dello stato in cui si trovano: sono paghi di svolgere le loro mansioni sì ma, a guardar bene, fanno esattamente come i non credenti, solo con un atteggiamento migliore e senza compromessi. Parlo del provvedere per le necessità della famiglia. È sicuramente il dovere del maschio, infatti Dio si aspetta la stessa cosa anche dai non credenti. Ma dai capifamiglia credenti lui esige di più.

La prima responsabilità di ognuno è quella di crescere spiritualmente. Di specchiarsi regolarmente nella Parola di Dio – da solo per conto proprio, e collettivamente nella chiesa locale – e cambiare secondo le istruzioni che si trovano in essa. 

Arrivare a non confrontarsi più con le Scritture porta a illudersi che Dio sia soddisfatto, quando non lo è per niente. 

L’uomo credente deve maturare nella sua fede e imparare a rendersi utile spiritualmente per coloro che Dio ha messo nella sua vita.

Le qualifiche del diacono che troviamo in 1 Timoteo 3 non sono requisiti di pochi supercredenti. Non esistono cristiani del tipo base e poi quelli, che per le loro caratteristiche del tutto eccezionali, sono qualificati al diaconato.

“Allo stesso modo i diaconi devono essere dignitosi, non doppi nel parlare, non propensi a troppo vino, non avidi di illeciti guadagni; uomini che custodiscano il mistero della fede in una coscienza pura. Anche questi siano prima provati; poi svolgano il loro servizio se sono irreprensibili. I diaconi siano mariti di una sola moglie, e governino bene i loro figli e le loro famiglie. Perché quelli che hanno svolto bene il compito di diaconi si acquistano un grado onorabile e una grande franchezza nella fede che è in Cristo Gesù” (1 Timoteo 3:8-10,12,13).

In questa lista di qualifiche non ce n’è una che non dovrebbe essere presente in ogni credente della chiesa. La differenza sta semplicemente nella maturità di ciascun individuo.

DOMANDE CHE ESIGONO UNA RISPOSTA

Il carattere del credente è forgiato dallo studio personale della Parola e dalla prontezza a metterla in pratica. 

Leggere e studiare la Bibbia per conto proprio è fondamentale, ma lo è anche l’essere assidui nel partecipare agli incontri della chiesa. 

Una chiesa che trascura l’insegnamento fedele alle Scritture offre solo caramelle al posto di una dieta sana. Come fa un uomo ad applicare la conoscenza della Parola al suo lavoro e alle sue finanze, agli affetti e ai rapporti, alle sue mete e ambizioni se si ciba solo di frasi fatte e di nozioni superficiali sulla fede?

Paolo avverte: “Io dico: camminate secondo lo Spirito e non adempirete affatto i desideri della carne. Perché la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; sono cose opposte tra di loro; in modo che non potete fare quello che vorreste. Ma se siete guidati dallo Spirito, non siete sotto la legge. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo; contro queste cose non c’è legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Se viviamo dello Spirito, camminiamo altresì guidati dallo Spirito” (Galati 5:16-18, 22-25).

La crescita spirituale non è casuale, e non avviene in automatico. Richiede scelte e mete chiare. È il risultato di duro lavoro, ma i suoi benefici saranno evidenti in ogni aspetto della propria vita.

Che tu sia single o sposato, con figli o senza figli, tocca a te curare consapevolmente e con attenzione il tuo progresso per la maturità.

Per il credente sposato c’è anche un altro compito fondamentale che la Parola di Dio comanda di adempiere. È triste che molti uomini non lo prendano sul serio. Provvedono forse prontamente nel mantenere la famiglia, ma trascurano di fatto il loro dovere di amare le mogli. Non sto parlando di ricordarsi degli anniversari o dei compleanni ma di amarle come dice l’apostolo Paolo in Efesini:

“Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l’acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile. Allo stesso modo anche i mariti devono amare le loro mogli, come la loro propria persona. Chi ama sua moglie ama se stesso. Infatti nessuno ha mai odiato la propria persona, anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la chiesa, poiché siamo membra del suo corpo” (Efesini 5:25-30).

Dio ordina al marito di amare la propria moglie curando la vita spirituale di lei, di essere coinvolto in prima persona nella sua crescita spirituale.

– Sei un esempio di crescita spirituale per tua moglie?
– Stai studiando e mettendo in pratica la Parola di Dio?
– Pregate insieme tu e lei?
– Parlate di cose spirituali insieme?
– Siete trasparenti nell’affrontare le vostre vittorie e le vostre sconfitte?
– Tua moglie trova in te un punto di riferimento per le questioni spirituali?
– Siete un esempio di assiduità nel frequentare le riunioni della chiesa, ed è una priorità per te che tua moglie possa frequentarle?

Non essere proprio tu fra quei molti uomini che non svolgono il loro ruolo di mariti in modo vigilante e amorevole! 

Non permettere alla vita di tutti i giorni di soffocare i tuoi sforzi di fare diligentemente ciò che Dio si aspetta da uno sposo credente.

Chi ha figli ha poi altre grandi responsabilità nell’allevarli. Il piano di Dio è che ogni uomo sia il punto di riferimento principale per la crescita nella fede dei figli. È proprio il padre che crea l’atmosfera cristiana nella famiglia.

Fa riflettere che molti padri s’interessano e vogliono influenzare la scelta della squadra del cuore nei figli. Spesso sento dire che tifare una squadra è una “fede”. Ma francamente a Dio non importa per quale squadra tifa tuo figlio, piuttosto gli importa se crede in Cristo o no! Per questo motivo è scritto:

Questi sono i comandamenti, le leggi e le prescrizioni che il SIGNORE, il vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nel paese nel quale vi preparate a entrare per prenderne possesso, così che tu tema il tuo Dio, il SIGNORE, osservando, tutti i giorni della tua vita, tu, tuo figlio e il figlio di tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandamenti che io ti do, affinché i tuoi giorni siano prolungati. 
Tu amerai dunque il SIGNORE, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze. Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, te li metterai sulla fronte in mezzo agli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle porte della tua città (Deuteronomio 6:1,2,5-9).

In famiglia Dio si aspetta che tu sia il punto di riferimento spirituale per i tuoi.
Lui sa che non sei perfetto, ma lo stesso si aspetta e desidera, anzi comanda, che tu ti comporti da uomo, sia vigile e che svolga bene il ruolo che ti ha affidato. 
Permettimi quindi di farti ancora qualche domanda:

– Ami Dio più di ogni altra cosa?
– Cosa fai per ricordati sempre di lui?
– Osservi il comandamento di Dio di educare nella fede i tuoi figli?
– Come parli della fede ai tuoi la mattina, la sera e durante il giorno?
– In che modo la tua fede è espressa, insegnata e vissuta a casa tua? 
– La esprimi e la vivi con chiarezza e in modo amorevole?

 Tu e io abbiamo molti nemici che vogliono frenare la nostra ubbidienza e distoglierci dal nostro ruolo di mariti e padri. Il primo ostacolo siamo tu e io! 

Vegliare, dunque. Stare fermi nella fede. Comportarsi virilmente. Fortificarsi. E che si faccia ogni cosa con amore.

Se queste non sono le nostre priorità allora non ci stiamo comportando da uomini. Non siamo quel tipo di persone che Dio vuole.

Se hai letto fin qui, mettiti in discussione, e chiediti cosa puoi fare di pratico per migliorare nella tua vita personale, nella tua famiglia e nella chiesa.

E se per caso hai letto questo articolo solo perché l’hai trovato in bagno, considerati benedetto: hai una moglie che ti vuole bene e aspetta che tu possa manifestare tutto il tuo potenziale di un uomo di Dio che la aiuti a crescere nella fede. 

Davide Standridge

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”Vivere

VIVERE CRISTO IN FAMIGLIA
di Jay E. Adams  
Pagine 144 
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 ”IlDODICI UOMINI ORDINARI
di John MacArthur 
Pagine 236 
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La VOCE giugno 2023

Ai tempi del Nuovo Testamento Tessalonica era sotto il controllo dell’Impero romano, ma come città libera godeva di privilegi particolari. Tessalonica è l’odierna Salonicco in Macedonia. 

L’apostolo Paolo portò il vangelo in quella regione, motivo per cui fu anche perseguitato. I primi convertiti, quindi, ricevettero il messaggio in mezzo a molte difficoltà, e divennero presto un vero esempio da imitare in tutta la zona circostante. 

Un piccolo gruppo che, se ci confrontiamo con le sue caratteristiche, mette in luce la nostra identità di credenti del XXI secolo.

Spicca la prima caratteristica: una reputazione stellare

“Noi ringraziamo sempre Dio per voi tutti, nominandovi nelle nostre preghiere, ricordandoci continuamente, davanti al nostro Dio e Padre, dell’opera della vostra fede, delle fatiche del vostro amore e della costanza della vostra speranza nel nostro Signore Gesù Cristo” (1 Tessalonicesi 1:2,3).

Dalle parole di Paolo si evince che “l’opera della loro fede”, “le fatiche del loro amore” e “la costanza della speranza nel Signore Gesù Cristo” erano le tre qualità rilevanti dei primi credenti tessalonicesi, che li rendeva visibilmente “cristiani”.

Nonostante Paolo fosse rimasto in quella città solo qualche settimana, la loro vita era radicalmente cambiata dall’incontro con la verità del vangelo.

Da subito la loro fede in Cristo fu vera e operante. In altre parole, conoscere Cristo aveva prodotto un comportamento cambiato nella loro vita. 

Uno spunto di riflessione: se qualcuno dovesse descrivere la nostra cristianità di oggi, cosa direbbe? Penserebbe che siamo persone morali? Religiose?

Le opere della fede 

“Le opere della loro fede” che Paolo menziona, non servivano per guadagnarsi la salvezza o qualche merito davanti a Dio, perché la salvezza è per grazia e non per opere (Efesini 2:8,9). “Nessuna possibilità di vantarsi” come Paolo aveva insegnato ai credenti di Roma (Romani 3:21-28). In effetti, i tessalonicesi avevano creduto alle parole di Gesù, e perciò si comportavano di conseguenza. La loro fede era un dono di Dio che cresceva in relazione alla loro conoscenza e ubbidienza alla sua parola.

La fede, nella Bibbia, non è descritta come una cosa mistica, ma motore di azioni che vengono da un modo di pensare rinnovato, e i suoi effetti possono essere visti dagli altri. 

Diverse volte il Signore Gesù aveva dovuto rimproverare i discepoli per il loro comportamento sbagliato: “Gente di poca fede… Dov’è la vostra fede?... Non avete ancora fede?” Perciò, è la nostra fede a determinare il nostro comportamento.

Giacomo lo spiega così: “Così è della fede; se non ha opere, è per sé stessa morta. Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». Tu credi che c’è un solo Dio, e fai bene; anche i demoni lo credono e tremano” (Giacomo 2:17-19).

Chi dice di credere, ma non è sottomesso a Dio dà piuttosto prova della sua incredulità. Dimostra di essere incosciente e ribelle, ma anche beffardo perché si prende gioco di Dio.

Le fatiche dell’amore 

I credenti di Tessalonica, avevano un amore che non si fermava davanti alla fatica e ai tempi difficili che stavano vivendo. 

L’espressione “le fatiche del loro amore” descrive un modo di amarsi senza riserve, fino a essere esausti. 

Oggi troppi credenti sembrano soffrire della sindrome da stanchezza cronica. Tra la famiglia, il lavoro, lo sport, i corsi e le mete che vogliono raggiungere sono svuotati di tempo e energie, indispensabili per dedicarsi agli altri credenti. 

Si sono dimenticati che la vera fede si traduce in amore pratico verso coloro che sono di Cristo. 

Le parole di Giovanni sono un campanello d’allarme: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. ... Carissimi, se Dio ci ha tanto amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri” (1 Giovanni 4:7-11,19).

I credenti di Tessalonica erano pronti a faticare per amarsi, perché avevano creduto e conosciuto l’amore di Gesù. 

Ancora oggi amare gli altri è difficile. Richiede fatica e sacrificio. Eppure, la fama del loro amore si era sparsa in tutta la Macedonia, perché avevano capito che essere cristiani significa amare, e amare ha un costo. 

Che i nostri vicini di casa, i colleghi e tutti i nostri conoscenti sappiano che siamo credenti in Cristo, non soltanto perché parliamo di lui, ma soprattutto per le nostre vite piene di amore pratico e infaticabile verso gli altri!

Rincorrere obiettivi terreni ci consumerà senza portare frutto, ma se siamo pronti a dare il nostro tempo e le nostre risorse per il bene dei fratelli in Cristo, quello sì che porterà un frutto per l’eternità.

La costanza della speranza

Infine, i tessalonicesi erano conosciuti per la loro viva attesa del ritorno di Gesù: “la costanza della vostra speranza nel nostro Signore Gesù Cristo”.

La parola “costanza” evidenzia le difficoltà dell’attesa. Pietro ne parla dicendo: 

Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una eredità incorruttibile, senza macchia e inalterabile. Essa è conservata in cielo per voi, che siete custoditi dalla potenza di Dio mediante la fede, per la salvezza che sta per essere rivelata negli ultimi tempi.
Perciò voi esultate anche se ora, per breve tempo, è necessario che siate afflitti da svariate prove, affinché la vostra fede, che viene messa alla prova, che è ben più preziosa dell’oro che perisce, e tuttavia è provato con il fuoco, sia motivo di lode, di gloria e di onore al momento della manifestazione di Gesù Cristo. 
Benché non lo abbiate visto, voi lo amate; credendo in lui, benché ora non lo vediate, voi esultate di gioia ineffabile e gloriosa, ottenendo il fine della vostra fede: la salvezza delle anime. 
—1 Pietro 1:3-9 (l’enfasi aggiunta, qui e di seguito, è mia).

Non possiamo negare, ignorare o sminuire le difficoltà che Dio permette nella nostra vita, ma dobbiamo affrontarle con pazienza, ricordando le sue promesse. Questo dimostrerà che la nostra fede è vera.

Seconda caratteristica: l’insegnamento sano

Paolo scrive: “Infatti il nostro vangelo non vi è stato annunciato soltanto con parole, ma anche con potenza, con lo Spirito Santo e con piena convinzione; infatti, sapete come ci siamo comportati fra voi, per il vostro bene. Voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore, avendo ricevuto la parola in mezzo a molte sofferenze, con la gioia che dà lo Spirito Santo, tanto da diventare un esempio per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia. Infatti, da voi la parola del Signore ha echeggiato non soltanto nella Macedonia e nell’Acaia, ma anzi la fama della fede che avete in Dio si è sparsa in ogni luogo, di modo che non abbiamo bisogno di parlarne” (1Tessalonicesi 1:5-8). 

La verità del vangelo aveva trasformato i tessalonicesi. Era penetrata nei loro cuori cambiando il loro modo di pensare e di comportarsi.

Avevano ascoltato il vangelo predicato con parole giuste, approvate da Dio, con la potenza dello Spirito Santo attraverso uomini che vivevano secondo quello che insegnavano, perché volevano piacere a Dio e non agli uomini (1 Tessalonicesi 2:2-4).

Il predicatore fedele alle Scritture non manipola il messaggio per i propri interessi, ma si assicura di parlare da parte di Dio. Non predica le proprie opinioni, né cerca di far colpo sull’uditorio con discorsi appetibili, ma si attiene all’esposizione del testo biblico. In questo modo lo Spirito Santo opera nelle vite degli uditori, servendosi della verità eterna rivelata nelle Scritture e predicata dal pulpito.

Parlando ai credenti di Corinto, Paolo esprime lo stesso concetto: “Io sono stato presso di voi con debolezza, con timore e con gran tremore; la mia parola e la mia predicazione non consistettero in discorsi persuasivi di sapienza, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza, affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio (1 Corinzi 2:3-5).

Paolo era coerente con quello che insegnava. Annunciava il vangelo con precisione, e lo Spirito Santo si è servito di questa scrupolosità per trasformare lui per primo, e poi il cuore dei credenti di Tessalonica. 

Nonostante le sofferenze a causa delle persecuzioni, i tessalonicesi si erano sottomessi all’insegnamento ricevuto. Infatti Paolo scrive: “Per questa ragione anche noi ringraziamo sempre Dio: perché quando riceveste da noi la parola della predicazione di Dio, voi l’accettaste non come parola di uomini, ma, quale essa è veramente, come parola di Dio, la quale opera efficacemente in voi che credete” (1 Tessalonicesi 2:13).

Il fatto che alcuni credenti non cambino mai e non ci sia una trasformazione visibile della loro vita, sarà forse dovuto anche alla predicazione poco biblica e “annacquata” delle loro chiese? O perché, magari, hanno sottovalutato l’importanza di ascoltare messaggi sani per poter crescere? 

Solo la parola di Dio opera efficacemente nei credenti – non è l’intrattenimento né altre attività pseudo spirituali – ed è fondamentale che la mente e il cuore siano esposti a essa. Ignorare il ruolo essenziale dell’insegnamento biblico vanifica lo scopo e la funzione della chiesa.

Terza caratteristica: una conversione reale

Le chiese di oggi sono piene di persone che simpatizzano con vari aspetti del “cristianesimo” senza essersi mai convertite a Gesù. Possono anche essere assidue e partecipare a tante attività, ma non conoscono Cristo personalmente.

Come si fa a riconoscere una vera conversione? Come dovremmo presentare l’evangelo affinché a chi ci ascolta sia chiaro come si diventa cristiani?

Per rispondere, esaminiamo proprio ciò che è successo ai tessalonicesi. 

La notizia della loro conversione si era sparsa per tutta la Macedonia e l’Acaia, dice Paolo, e aggiunge: “Essi stessi raccontano quale sia stata la nostra venuta fra voi, e come vi siete convertiti dagl’idoli a Dio per servire il Dio vivente e veroe per aspettare dai cieli il Figlio suo che egli ha risuscitato dai morti; cioè, Gesù che ci libera dall’ira imminente” (1 Tessalonicesi 1:9,10).

La parola “conversione” descrive un cambiamento radicale a 180 gradi: se prima si andava in una direzione adesso si va nella direzione opposta. È una parola che ricorre spesso nel libro degli Atti, dove si narra come è nata la chiesa, e come delle persone di diverse etnie abbiano abbandonato le false religioni per convertirsi al Dio vero ed eterno.

Non si può diventare cristiani senza una vera conversione che sia accompagnata dal ravvedimento. È ciò che hanno predicato Giovanni Battista, il Signore Gesù e i suoi apostoli. Senza la conversione e senza un ravvedimento il vangelo non è una buona notizia.

Solo un cuore che riconosce le proprie colpe davanti alla giustizia di Dio, e chiede “Cosa devo fare per essere salvato?” è pronto per ricevere la buona notizia della salvezza in Cristo. 

I tessalonicesi si erano convertiti dagli idoli a Dio. Avevano riconosciuto l’inutilità e l’inganno della loro religione e si sono rifugiati in Cristo per essere salvati. 

Se prima si ritenevano delle brave persone, moralmente buone, ora comprendevano che non esistono opere sufficientemente buone per ottenere il favore di Dio, e che non c’è altro mezzo per arrivare a lui se non attraverso il ravvedimento e la totale resa. 

“Se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati. Difatti la Scrittura dice: «Chiunque crede in lui, non sarà deluso»” (Romani 10:9-11).

La conversione autentica è un cambiamento radicale nel modo di ragionare, di credere e di scegliere che influenza tutta la vita. I tessalonicesi erano un esempio anche in questo perché si erano convertiti per servire il Dio vivente e vero.

Nel greco originale “servire” è la forma verbale della parola “schiavo”. Adesso erano legati a un nuovo padrone, un Signore a cui dovevano ubbidienza.

È un concetto che trova tanta resistenza anche tra molti di quelli che si definiscono evangelici. Si preferisce l’idea di aver scelto noi di credere, di aver deciso noi di seguire Cristo, e di servirlo quando ci fa comodo, ma non  quella di essere schiavi.

Le Scritture affermano chiaramente che Dio ci ha eletti e ci ha scelti. Ci ha chiamati per appartenere totalmente a lui per obbedirgli in ogni cosa. 

Pietro scrive: Comportatevi con timore durante il tempo del vostro soggiorno terreno; sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vostro vano modo di vivere tramandatovi dai vostri padri, ma con il prezioso sangue di Cristo, come quello di un agnello senza difetto né macchia” (1 Pietro 1:17b-19).

E Paolo ammonisce: “Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da Dio? Quindi non appartenete a voi stessi. Poiché siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo” (1 Corinzi 6:19,20).

In realtà non siamo mai stati senza un padrone. Ogni essere umano è schiavo di sé stesso, delle proprie concupiscenze (1 Giovanni 2:16), e di conseguenza schiavo del diavolo (Efesini 2:1-3). Dopo la conversione, però, abbiamo un nuovo padrone: Cristo!

Se sei un credente e ti rendi conto di aver vissuto fino a ora per te stesso, per la tua famiglia, per il lavoro o per le tue mete umane, ravvediti! Riconosci che hai bisogno di sottomettere ogni cosa che riguarda la tua vita alla signoria di Cristo. “Il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno” (1 Giovanni 2:17).

Un’attesa paziente ma sicura 

I veri cristiani comprendono che questo mondo non è altro che un passaggio, e che c’è una realtà molto più grande e concreta che ci attende dopo la vita. Per questo hanno priorità, prospettive e mete molto diverse da chi non conosce Cristo.

Un giorno Dio porrà fine alla follia degli uomini e spargerà la sua giusta ira sui peccatori. Quest’ira tocca ogni uomo che non si sottomette alla signoria di Cristo. I tessalonicesi lo avevano saputo da Paolo, e si erano convertiti a Gesù, perciò Paolo gli aveva scritto che “sono liberati dall’ira imminente”.

“Chi crede nel Figlio ha vita eterna, chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui” (Giovanni 3:36).

È una tragica realtà che moltissime persone si illudono pensando sinceramente di essere cristiane quando non lo sono affatto. Un giorno alcuni si presenteranno davanti a Dio dicendo di essere “cristiani”, ma la sua risposta sarà categorica: “Io non vi ho mai conosciuti!”

Ognuno di noi deve a se stesso un attento esame, fatto col cuore, alla luce della Parola di Dio, per capire quanto siamo attaccati a Cristo, quanto sia vera la nostra fede, e quanto siamo pronti a ubbidire a Dio. 

Poniamoci l’obiettivo di imitare i tessalonicesi, perché Gesù non è alla ricerca di fans, ma di discepoli! 

Davide Standridge

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Predicare alla gloria di Dio

PREDICARE ALLA GLORIA DI DIO
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La VOCE maggio 2023

Quando vivevo negli Stati Uniti, ho abitato in almeno tre stati dove nevicava molto d’inverno. 

Alle prime nevicate il terreno si copriva di quella neve così candida che tutto sembrava bellissimo e pulito. C’era solo un problema però: durante la notte la neve ghiacciava, e diventava molto scivolosa. Avere le scarpe con la suola di cuoio era pericolosissimo, ed era solo questione di tempo che prima o poi una bella scivolata toccava a tutti. 

Che figura! 

La caduta di stile era quella che preoccupava di più, piuttosto che il pericolo che si correva cadendo in quel modo. 

Personalmente, soprattutto da ragazzo, per non fare brutta figura cercavo di rialzarmi il più velocemente possibile, senza far vedere che mi ero fatto male. 

Con i miei amici scommettevamo su chi riusciva a restare in piedi, ma tanto prima o poi toccava a tutti, perché senza le dovute precauzioni le cadute erano cosa di tutti i giorni. 

Nella battaglia spirituale in cui ogni credente è coinvolto, è normale cadere se non si è preparati. Chi non ha le scarpe adatte al terreno scivoloso, cadrà sicuramente, e che capiti un pericoloso scivolone sarà solo questione di tempo.

Nei numeri precedenti della VOCE (gennaio, febbraio e aprile 2023) abbiamo cominciato a studiare la natura della guerra spirituale nella quale ogni credete si trova coinvolto, e quali difese gli garantiscono di uscirne illeso. In questo numero vedremo proprio le calzature che un credente preparato deve indossare. Il nostro studio si basa sulla lettera di Paolo agli Efesini 6:10-20. 

Dopo aver spiegato il ruolo indispensabile della verità e della giustizia nella nostra battaglia contro dubbi, menzogne, accuse e false dottrine che Satana ci scaglia contro per arrestare il nostro progresso e la crescita nella fede (vv. 10-14), Paolo prosegue, e ci comanda da parte di Dio di mettere come calzature lo zelo dato dal vangelo della pace.

Sebbene gli archeologi abbiano trovato reperti di antichissime calzature, sapevi che fino a non molto tempo fa tempo fa le scarpe erano considerate un lusso? La gente comune ne possedeva solo un paio. Oggi però le cose sono diverse, e tutti cambiamo le scarpe secondo il tempo, l’umore, l’abbigliamento e le situazioni. 

In Italia nel 2021 il volume del fatturato nel settore dei calzaturifici è stato di 9,5 miliardi di euro. Il prezzo medio di un paio di scarpe è stimato intorno a 42,6 euro, per un consumo pro-capite annuo di quattro paia e una spesa individuale di circa 170 euro. 

Mia mamma aveva quelle che chiamava le scarpe “sensate”. Erano brutte e vecchie, ma quanto erano comode! A lei piaceva tanto camminare, e queste le davano quella stabilità e una sicurezza che non aveva con scarpe più belle e più nuove.

Il soldato di Cristo che si trova ogni giorno a combattere nella battaglia spirituale, deve indossare pure lui le scarpe “sensate”, le uniche che gli permettono di rimanere in piedi. Infatti, in questo conflitto, l’unico nostro obiettivo è restare in piedi  e illesi (Efesini 6:13).

Tutta la vita del vero cristiano deve essere tesa verso il progresso del vangelo, a partire dalla sua vita, per proseguire nella vita degli altri. Gesù infatti non era venuto per stupire la gente con i miracoli, ma per l’avanzamento del suo regno. Era lo scopo di ogni cosa che diceva e faceva. 

Tantissima gente seguiva Gesù per i motivi sbagliati, e lui ovviamente lo sapeva potendo vedere nei loro cuori. Perciò li avvertiva, dicendo: “Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà; poiché su di lui il Padre, cioè Dio, ha posto il suo sigillo” (Giovanni 6:27). Mentre ai suoi discepoli insegnava a pregare: “Padre nostro,… venga il tuo regno” (Matteo 6:9-13). 

Dato che il piano della redenzione ha come scopo finale il regno di Dio e la sua gloria, è logico che l’obiettivo primario di Satana sia quello di ostacolarne a ogni costo la realizzazione. Per questo il diavolo fa di tutto per bloccare il progresso del regno di Dio dentro di noi, nei rapporti con gli altri credenti, e nella nostra testimonianza verso chi non conosce Cristo. 

Ci ha provato con Adamo ed Eva, con Caino e Abele e con il popolo d’Israele. Ha cercato di uccidere Gesù da bambino, e lo ha tentato nel deserto da adulto per impedirgli di compiere la redenzione. In diverse occasioni gli ha istigato la gente contro per ucciderlo prima del tempo stabilito da Dio. 

Ha ostacolato gli apostoli nella loro missione, e ha perseguitato la chiesa sin dai suoi inizi usando il giudaismo, le eresie e la controriforma. Ha proseguito attraverso la teologia liberale, l’ecumenismo, il modernismo, il post-modernismo, e lo fa ancora oggi col consumismo. 

Questa battaglia, però – e non lo dimentichiamo mai! – è un corpo a corpo: Satana, con le forze a lui sottoposte, attacca ogni figlio di Dio individualmente. 

E ogni credente che scivola, e non combatte né s’impegna a vivere come discepolo di Cristo è una piccola vittoria per Satana.

Per resistere e restare in piedi, Dio ci ordina di indossare dei calzari particolari. Ai tempi dei romani i calzari non erano come le scarpe moderne, ovviamente. Quelli dei soldati si chiamavano caligae.

Sebbene le caligae somigliassero ai sandali, erano più che altro degli stivali da marcia. Erano scarpe progettate per evitare il rischio di vesciche e di altre malattie dei piedi durante le lunghe marce. 

Di solito con le calighe non si usavano calze, eccetto quando il clima era freddo come quello britannico, dove i soldati portavano calze di lana.

Le caligae erano composte da una suola di cuoio e da lacci legati al centro del piede e sulla parte superiore della caviglia. All’interno della suola venivano martellati dei chiodi in ferro che avevano tre scopi strategici: rafforzare la caliga, dare al soldato maggior trazione, e permettergli di utilizzare la caliga come strumento di offesa.

Lo storico Giuseppe Flavio racconta che parte del successo di Cesare come generale era anche dovuto al fatto che aveva equipaggiato i suoi soldati di calzari. Stabilità e velocità di movimento erano determinanti in un conflitto corpo a corpo.

Il campo di battaglia della guerra spirituale tra il credente e Satana è principalmente la nostra mente. Per non vacillare dobbiamo respingere gli attacchi del maligno con le verità bibliche, come ha fatto Gesù nel deserto: è vero solo quello che “Sta scritto.”

È una lotta senza esclusione di colpi, perché il grande nemico e i suoi servi vogliono farci cadere facendo leva anche sulle nostre concupiscenze. 

Il diavolo fa guerra spietata contro il vangelo cercando di offuscare e pervertirne il messaggio. Fa in modo che le persone non salvate s’illudano che invece lo siano, mentre con i credenti agisce al contrario, affinché non siano mai sicuri di possedere già la vita eterna. 

La certezza della salvezza, che Dio stesso garantisce (Giovanni 10:27-29; Ebrei 9:12c; 13:5), è una verità contro la quale Satana si accanisce, insinuando dubbi che paralizzano il credente, cosa che blocca la sua crescita nella fede e la sua testimonianza con gli altri.

I calzari dello zelo dato dal vangelo della pace hanno, dunque, quattro caratteristiche importanti che ci aiuteranno nella nostra battaglia spirituale.

Prima di tutto danno protezione

Questa protezione è data dalla semplicità e dall’efficacia del vangelo. La semplicità del vangelo protegge il credente dal dubbio riguardo la sua posizione in Cristo. 

Credere alla buona notizia della salvezza in Cristo è semplice, e cambia radicalmente la vita e il destino eterno del peccatore. Paolo scrive: “Se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati. Difatti la Scrittura dice: «Chiunque crede in lui, non sarà deluso». [...] Infatti chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato” (Romani 10:8-13).

Il messaggio non è complicato, non contiene un linguaggio incomprensibile o clausole vessatorie nascoste. Ogni persona che crede in Gesù come suo Salvatore e Signore è salvata per sempre. 

La vita eterna, che inizia al momento della nuova nascita, non ha fine, altrimenti… non sarebbe eterna. 

Questa gloriosa verità è basata su ciò che Gesù ha fatto, non su quello che l’uomo può fare. È basata sulle promesse di Dio, non su promesse e proponimenti fallaci dell’uomo.

I dubbi possono sorgere per i motivi più disparati. Per questo ognuno di noi dovrebbe interrogarsi: Io ho creduto al vangelo? Quando ho messo la mia fiducia in Cristo? L’ho fatto solo per essere salvato? Desidero veramente vivere per Gesù? Cerco di farlo con coscienza? 

La seconda caratteristica dei calzari: danno sicurezza

La parola zelo usata nella traduzione italiana può confonderci, perché potrebbe dare l’impressione che bisogna essere sempre su di giri. Nell’originale greco quella parola in realtà esprime il concetto di prontezza. 

C’è un passo molto bello nel libro di Isaia che parla proprio di questo tipo di zelo, ossia la prontezza a portare buone notizie: “Quanto sono belli, sui monti, i piedi del messaggero di buone notizie, che annuncia la pace, che è araldo di notizie liete, che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Il tuo Dio regna!»” (Isaia 52:7).

È una profezia su Gesù, il portatore del messaggio di salvezza e di sicurezza per coloro che erano pronti ad ascoltarlo. E ci sarà un secondo adempimento di questa profezia, quando lui tornerà a Sion per stabilire il suo regno (v. 8).

Davanti alle incertezze della vita, la verità del vangelo ci dona una prospettiva nuova e diversa: la nostra sicurezza è nel Messia Gesù Cristo, il Figlio di Dio, venuto in terra per salvare i peccatori, spinto dall’amore del Padre. La sicurezza si fonda sull’onnipotenza e sull’immutabilità di Dio. Nulla può impedire che il suo piano si realizzi alla perfezione.

Il fatto che Satana cerchi di insinuare dubbi sul vangelo non è un problema solo di oggi. L’apostolo Paolo scriveva ai credenti del primo secolo: “Mi meraviglio che così presto voi passiate da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo a un altro vangelo; ché poi non c’è un altro vangelo, però ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema. Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema” (Galati 1:6-10).

Maledetto chi predica un vangelo falso, maledetto chi confonde le persone! Il vangelo è uno solo, e solo il vangelo dà una sicurezza eterna al credente. Tutto il resto non è la buona notizia di Dio, e non offre nessuna garanzia di protezione.

Terzo punto: questi calzari danno stabilità

Paolo, parlando ai Romani, scrive: “Non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco; poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com’è scritto: «Il giusto per fede vivrà»” (Romani 1:16,17).

Paolo spiega che malgrado gli attacchi violenti subiti e le pesanti conseguenze della sua prontezza a parlare di Cristo, non aveva nulla di cui vergognarsi. Le autorità religiose lo volevano morto, le forze politiche gli erano contrarie, e anche tra i credenti c’erano quelli che lo criticavano, ma lui non si dava per vinto. Dio ha mostrato la sua giustizia attraverso il messaggio del vangelo (e la giustizia di Dio per Paolo era la corazza dell’armatura spirituale).

Non importa chi lo contrastasse e con quale veemenza, perché Paolo era sicuro del messaggio del vangelo.

Giacomo scrive: “O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi, dunque, vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio. Oppure pensate che la Scrittura dichiari invano che: «Lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi ci brama fino alla gelosia»? Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili». Sottomettetevi dunque a Dio; ma resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi” (Giacomo 4:4-7).

Quando il discepolo di Cristo pianta i suoi piedi nella veridicità del vangelo, non solo rimarrà in piedi, ma Satana fuggirà da lui.

Il vangelo, ossia la buona notizia, nella sua bellezza e semplicità esprime il meraviglioso amore di Dio per le sue creature ribelli, peccatrici e tanto confuse, perché sono come pecore senza pastore.

Paolo pregava: “Per questo motivo piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende nome, affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore, e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, perché, radicati e fondati nell’amore, siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Efesini 3:14-19).

Forse dovremmo gridare:
Il vangelo è vero! Io ci ho creduto!
Il vangelo è vero! Io non mi vergogno!
Il vangelo è vero! Io ne devo parlare!

La quarta caratteristica di questi calzari è meravigliosa: danno pace

La buona notizia di Cristo infatti è chiamata il vangelo della pace.

Paolo scrive ai Romani: “Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore, mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede, l’accesso a questa grazia nella quale stiamo fermi; e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio; non solo, ma ci gloriamo anche nelle afflizioni, sapendo che l’afflizione produce pazienza, la pazienza, esperienza, e l’esperienza, speranza. Or la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato” (Romani 5:1-5, il grassetto aggiunto in questi e nei successivi versetti è mio).

Ai Colossesi scrive che Cristo “è il capo del corpo, cioè della chiesa; egli che è il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato. Poiché al Padre piacque di far abitare in lui tutta la pienezza e di riconciliare con sé tutte le cose per mezzo di lui, avendo fatto la pace mediante il sangue della sua croce; per mezzo di lui, dico, tanto le cose che sono sulla terra, quanto quelle che sono nei cieli” (Colossesi 1:18-20).

Agli Efesini scrive ancora di Gesù: Lui, infatti, è la nostra pace; lui, che dei due popoli ne ha fatto uno solo e ha abbattuto il muro di separazione, abolendo nel suo corpo terreno la causa dell’inimicizia,la legge fatta di comandamenti in forma di precetti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo facendo la pace; e per riconciliarli tutti e due con Dio in un corpo unico mediante la croce, sulla quale fece morire l’inimicizia. Con la sua venuta ha annunciato la pace a voi che eravate lontani e la pace a quelli che erano vicini; perché per mezzo di lui abbiamo gli uni e gli altri accesso al Padre in un medesimo Spirito” (Efesini 2:14-18).

Questi calzari ci danno pace, lo aveva detto anche Gesù: “Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me. Nel mondo avrete tribolazione, ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo»” (Giovanni 16:33).

Non siamo sotto l’ira di Dio, e non dobbiamo temere né Satana né il mondo. 

Come le scarpe “sensate” di mia mamma, la cosa più sensata che possiamo fare è armare, ossia riempire, la nostra mente, bocca e cuore della verità eterna del vangelo. È questo lo zelo dato dal vangelo che offre protezione, sicurezza, stabilità e pace al credente contro dubbi, bugie e inganni di questo mondo nemico di Dio e dei suoi. 

Ci sono ancora tre parti dell’armatura che il Signore ci ha fornito per fortificarci nella nostra vita sulla terra. Continueremo a studiarle. 

Davide Standridge

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La VOCE aprile 2023

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Un pizzico di sale... "Sia Dio riconosciuto giusto" 

Il mio liceo scientifico era tra i più prestigiosi di Roma. La materia che trovavo più odiosa era latino. Non riuscivo a capire l’utilità di questa lingua morta, che non si parla più in nessun paese del mondo. È vero, le lingue romanze (o neolatine) come l’italiano, derivano proprio dal latino, ma sono praticamente tutte diverse.

Comunque, a casa nostra, ogni volta che riportavo un brutto voto nella lingua “morta” si ripeteva sempre la stessa storia: mio padre mi riprendeva perché non avevo studiato come avrei dovuto, e mia mamma, laureata in lettere classiche (!), mi dava le ripetizioni.

Quanti scappellotti ho preso dietro la testa perché mi rifiutavo di studiare quella materia “inutile”! Anni dopo, scherzandoci su, dicevo a mia mamma che se oggi ero diventato meno intelligente era per i troppi scappellotti che mi aveva dato, e lei rideva.

Poi, però, il valore del latino l’ho capito, ed è un peccato che non sia successo ai tempi del liceo. Sembra che andiamo a scuola quando non siamo abbastanza maturi per capirne il valore. Potessi tornare indietro, m’impegnerei a studiare di più tutte le materie, non solo il latino.

Purtroppo facciamo lo stesso anche nel campo spirituale. Troppi credenti si accontentano di una comprensione superficiale degli insegnamenti della Bibbia, e solo quando sono passati anni se ne rendono conto, e ammettono che se potessero tornare indietro si impegnerebbero di più per capire meglio le Scritture.

Ma non c’è giorno migliore di oggi per cominciare a fare sul serio. Ogni cristiano è coinvolto in una battaglia spirituale che dura per tutta la vita, senza dare tregua. Per restare in piedi è indispensabile essere preparati e avere l’attrezzatura adatta. 

Come ti sei preparato per la tua battaglia spirituale oggi?

È guerra ma pochi ci credono

Nei numeri di gennaio e febbraio della Voce abbiamo cominciato a parlare della battaglia spirituale in cui, volenti o nolenti, si trovano coinvolti tutti i credenti. Il nostro testo di partenza lo ha scritto l’apostolo Paolo nella sua lettera agli Efesini.

“Del resto, fortificatevi nel Signore e nella forza della sua potenza. Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate stare saldi contro le insidie del diavolo; il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti. Perciò prendete la completa armatura di Dio, affinché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver compiuto tutto il vostro dovere. State dunque saldi: prendete la verità per cintura dei vostri fianchi; rivestitevi della corazza della giustizia; mettete come calzature ai vostri piedi lo zelo dato dal vangelo della pace; prendete oltre a tutto ciò lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno. Prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio” (Efesini 6:10-17).

Abbiamo constatato che i versetti contengono tre comandi specifici:
– Fortificatevi nel Signore
– Rivestitevi della completa armatura di Dio
– Prendete la completa armatura di Dio

È vitale che ogni cristiano capisca che è in guerra, che il suo avversario è terribile, e che conosca bene ciascun elemento di quell’armatura spirituale che Dio stesso ha provveduto per ogni suo figlio. Ed è necessario indossarla.

L’armatura ha sei componenti, tutti ugualmente importanti e necessari:
CINTURA della VERITÀ
CORAZZA della GIUSTIZIA
CALZATURE dello ZELO dato dal vangelo
SCUDO della FEDE
ELMO della SALVEZZA
SPADA dello SPIRITO

Il primo di questi, la cintura della verità, l’abbiamo esaminato nel numero di febbraio. Se non hai potuto leggere i numeri di gennaio e febbraio, ce li puoi chiedere e saremo felici di mandarteli gratuitamente. Oggi conosceremo la corazza della giustizia.

Negligenza e ignoranza possono costare caro

Le forze armate e le forze dell’ordine di tutto il mondo portano, durante il servizio attivo, il giubbotto antiproiettile. Ma anche chi non è un militare, se vuole può acquistarlo e indossarlo.

Su internet si trovano tanti modelli diversi di gilet, giubbotti e altri indumenti antiproiettile che vanno, secondo la tipologia, da 100 a oltre 1000 euro per quelli professionali. Dubito comunque che la gente comune reputi di averne realmente bisogno. 

I giubbotti antiproiettile sono realizzati in materiali particolarmente resistenti come il kevlar, il dyneema e il twaron. Quelli più protettivi sono a struttura dura, con piastre di metallo o di materiali ceramici molto resistenti. Il proiettile non riesce a penetrarli, ma rimbalza sulla loro superficie. 

I giubbotti di questo tipo sono i migliori in termini di protezione, anche se peso e ingombro sono notevoli: la polizia e l’esercito li indossano di solito in situazioni ad alto rischio, ma non per attività di routine.

Un secondo tipo di veste protettiva ha una struttura morbida. In questo caso non vengono utilizzate placche di materiali duri ma alcuni tessuti. 

Questi tessuti a struttura morbida sono realizzati con una fitta rete di fibre sintetiche intrecciate. Il kevlar infatti è una fibra sintetica leggera, ma più resistente di una placca d’acciaio dello stesso peso. Quando viene intrecciata dà vita a una rete capace di assorbire grandi quantità di energia. Ma nemmeno questi sono leggeri, possono pesare fino a 11 Kg.

È sorprendente però che tutti questi giubbotti antiproiettile, che costano così tanto, abbiano una data di scadenza: durano solamente circa cinque anni.

È ovvio che chi deve indossare per lavoro questi indumenti deve essere consapevole sia del pericolo a cui si espone, che del tipo di protezione che i vari indumenti offrono contro proiettili o bombe.

L’industria bellica mira a produrre armi e proiettili sempre più efficaci, e questo significa che pure i giubbotti devono migliorare per garantire l’incolumità di chi li indossa. 

Negli Stati Uniti stanno sperimentando un giubbotto fatto di un liquido particolare, formato da un olio di silicone con particelle di ferro. Questo liquido all’impatto col proiettile, in un millesimo di secondo diventa durissimo attraverso cariche elettriche. 

I giubbotti di nuova generazione sarebbero dotati anche di un radar particolare che, in caso di pericolo, attiverebbe dei sensori all’interno dell’indumento.

Tutto questo potrebbe sembrare fantascienza, ma per coloro che vivono e lavorano in situazioni di pericolo reale, è un discorso importantissimo.

Per la nostra battaglia spirituale, noi cristiani abbiamo a disposizione un giubbotto antiproiettile che è stato progettato da Dio stesso. Non scade, né diventa obsoleto o inefficace contro le sofisticate e tecnicamente avanzate armi del nemico. È la corazza della giustizia, ed è sempre a disposizione del credente.

Spesso però, per la nostra stessa negligenza – forse perché non crediamo di essere veramente in guerra – non ci preoccupiamo di capire com’è fatta, e tantomeno di indossarla. 

Ai tempi di Paolo la corazza era diversa da quelle di oggi, ma aveva lo stesso scopo. Copriva il petto ed era fatta di materiale duro, come il cuoio o il metallo. Era modellata per seguire la forma del corpo. Il metallo poteva essere intrecciato o a segmenti. E la corazza poteva essere fatta anche a strati.

La sua funzione era quella di proteggere gli organi vitali del soldato, particolarmente il cuore. 

Il cuore non è soltanto un organo vitale, ma rappresenta la parte centrale della vita stessa, essendo la sede dei pensieri, degli affetti e delle emozioni.

Satana attacca principalmente i pensieri e gli affetti del credente. Lui mira alla mente e al cuore. Con la mente, vuole farci credere alle sue bugie, agitando e minando le nostre convinzioni e certezze spirituali. Attaccando il cuore, vuole rovinare i nostri affetti – tutto ciò che ci è caro, e che amiamo e ammiriamo nelle altre persone. 

Non dimentichiamoci mai che Satana si accanisce contro tutto quello che è vero, eterno e importante, le mete e i desideri santi della nostra vita in quanto figli di Dio. Tutto quello che è vero, puro, santo e onorevole lui vuole pervertirlo, e lo vuole rimpiazzare con menzogne, impurità, vergogna e peccato.

Paolo dice che la corazza, la protezione del credente, è la giustizia. Come la corazza era ancorata alla cintura, anche la giustizia è ancorata alla verità. Per capire cosa voglia dire esaminiamo quello che dice la Parola di Dio.

Per prima cosa dobbiamo ricordare che Paolo non sta parlando di una giustizia umana. Infatti, lui scrive: 

“Che dire dunque? Noi siamo forse superiori? No affatto! Perché abbiamo già dimostrato che tutti, Giudei e Greci, sono sottoposti al peccato, com’è scritto:
Non c’è nessun giusto, neppure uno.
Non c’è nessuno che capisca,
non c’è nessuno che cerchi Dio.
Tutti si sono sviati, tutti quanti si sono corrotti. Non c’è nessuno che pratichi la bontà, no, neppure uno.
La loro gola è un sepolcro aperto;
con le loro lingue hanno tramato frode.
Sotto le loro labbra c’è un veleno di serpenti. La loro bocca è piena di maledizione e di amarezza.
I loro piedi sono veloci a spargere il sangue. Rovina e calamità sono sul loro cammino e non conoscono la via della pace.
Non c’è timor di Dio davanti ai loro occhi.
Or noi sappiamo che tutto quel che la legge dice, lo dice a quelli che sono sotto la legge, affinché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio; perché mediante le opere della legge nessuno sarà giustificato davanti a lui; infatti la legge dà la conoscenza del peccato” (Romani 3:9-20).

Alla luce di questo passo è evidente che nessuna persona non credente è al sicuro da Satana, essendo in balia del diavolo e delle sue bugie. Per natura l’uomo non è giusto, nessuno escluso. Non cerca la giustizia perché non gli appartiene, né opera secondo giustizia. Il non credente, però, pensa di essere giusto, e pensa di saper fare azioni giuste. 

La Bibbia invece attesta che solo Gesù è giusto: “Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione; affinché, com’è scritto: «Chi si vanta, si vanti nel Signore»” (1 Corinzi 1:30,31).

È impossibile per l’uomo essere giusto e agire secondo la giustizia, a meno che Dio non intervenga e lo renda giusto e, di conseguenza, lo protegga dalle insidie di Satana.

Nella sua lettera ai Romani Paolo spiega come Dio aveva messo la fede di Abraamo e di Davide in conto per ognuno di loro come giustizia, indipendentemente dalle loro opere, e poi aggiunge: “Or non per lui soltanto sta scritto che questo [l’avere fede nella promessa di Dio] gli fu messo in conto come giustizia, ma anche per noi, ai quali sarà pure messo in conto; per noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti gesù, nostro signore, il quale è stato dato a causa delle nostre offese ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione” (Romani 4:9,22-25, enfasi aggiunta).

La Bibbia afferma che chi crede in Gesù come suo Salvatore e Signore, viene dichiarato giusto. È una dichiarazione legale. Il credente non diventa giusto in sé stesso, ma Dio lo riveste della giustizia di Cristo, e lo dichiara giusto attraverso i meriti di Gesù – tali meriti sono la sua vita moralmente perfetta e senza peccato, la sua morte per i peccati di coloro che credono in lui, la sua resurrezione che ha sancito l’accettazione da parte di Dio del suo sacrificio – tutto questo protegge il credente dalla condanna della morte eterna.

Satana cerca sempre di insinuare un dubbio nel nostro cuore e nella nostra mente: Dio mi accetta o no? Sono abbastanza giusto per essere salvato e per rimanere salvato? Ci fa mettere in dubbio se siamo degni di servire il Signore o anche di testimoniare. 

Proprio sull’argomento della giustizia di Dio, si è insinuata la falsa dottrina che insegna che si può perdere la salvezza. È come se il credente, dopo che Dio l’ha dichiarato giusto esclusivamente in base ai meriti di Gesù, dovesse cercare di rimanere giusto con le proprie forze insufficienti e destinate a fallire. Molti si lasciano accecare da questa bugia e sono sempre afflitti dal dubbio di essere veramente giustificati o no.

Solo Dio può dichiarare una persona giusta. L’uomo non si può arrogare questo diritto, perché la Bibbia dichiara che nessun uomo che non sia stato dichiarato giusto può praticare la giustizia.

“In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chiunque non pratica la giustizia non è da Dio; come pure chi non ama suo fratello” (1 Giovanni 3:10).

Questa conoscenza di ciò che è giusto, e la capacità di farlo, è un dono di Dio, e ci dà sicurezza: “Se sapete che egli è giusto, sappiate che anche tutti quelli che praticano la giustizia sono nati da lui” (1 Giovanni 2:29).

Questo era il sentimento profondo di Paolo mentre rifletteva sul suo passato e su quello che davvero conta davanti a Dio:

“Ma ciò che per me era un guadagno, l’ho considerato come un danno, a causa di Cristo. Anzi, a dire il vero, ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all’eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto; io considero queste cose come tanta spazzatura al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui non con una giustizia mia, derivante dalla legge, ma con quella che si ha mediante la fede in Cristo: la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede. Tutto questo allo scopo di conoscere Cristo, la potenza della sua risurrezione, la comunione delle sue sofferenze, divenendo conforme a lui nella sua morte” (Filippesi 3:7-10).

Poi, nella sua lettera agli Efesini, esorta i credenti a rivestirsi di giustizia: “a rivestire l’uomo nuovo che è creato a immagine di Dio nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità” (Efesini 4:24).

Ecco come la corazza della giustizia e la cintura della verità sono collegate insieme. La nostra nuova vita consiste nel camminare nella giustizia conosciuta attraverso la verità.

Mettersi la corazza della giustizia vuol dire prima di tutto essere consapevoli che siamo stati dichiarati giusti. È vero che cadiamo ancora nel peccato, ma è altrettanto vero che Dio ci reputa giusti perché non facciamo affidamento sulla nostra bontà o bravura per essere salvati, ma crediamo in Cristo che ha pienamente compiuto ogni cosa per la nostra eterna salvezza. 

A causa del cambiamento che Dio ha fatto in noi, siamo ora resi capaci di fare azioni giuste che onorano Dio, mentre quelle di prima erano solo panni sporchi ai suoi occhi.

La corazza della giustizia è una protezione attiva anche per il fatto che, vivere con un comportamento che segue la giustizia di Dio, ci rende sempre più capaci di capire chiaramente la differenza tra il bene e il male, il giusto e lo sbagliato. Questo ci fa maturare nella nostra fede, e contribuisce a proteggerci contro le insidie e le menzogne del diavolo. Chi invece si adagia senza impegnarsi nel ricercare la giustizia di Cristo, si rende facile preda di dubbi, menzogne e false dottrine.

La battaglia in cui siamo coinvolti è reale! L’obiettivo del nemico è quello di frenare la nostra crescita spirituale, la nostra vita attiva nella chiesa e la nostra testimonianza. Senza la cintura della verità e la corazza della giustizia siamo destinati a cadere miseramente. 

In confronto, un esame fallito in latino è una passeggiata.

Davide Standridge 

Sia Dio riconosciuto giusto

" Un pizzico di sale..." Ristampa della VOCE, maggio 1965

“Così portarono Acan in una valle, lo lapidarono insieme con la sua famiglia e poi lo coprirono con un mucchio di pietre per ricordare a tutti quanto è terribile il peccato della disubbidienza a Dio.” 

Mamma finì di raccontare la storia dell’Israelita ribelle che aveva portato l’interdetto nel campo ebreo (Giosuè 7) e i bambini rimasero assorti e pensierosi. 

“Ma perchè Dio non uccide anche noi quando disubbidiamo?” chiese Davide mettendosi a sedere sul letto. Deborah lo guardò preoccupata.

“Dio fa le cose diversamente, ora. Invece di punire subito, mostra pazienza e aspetta che le persone si pentano e chiedano perdono” spiegò Mamma. 

“Ma, allora, Dio non è giusto. Se si punisce una volta, si deve punire sempre.” 

“No, questo non è vero” continuò Mamma. “Anche Papà e io certe volte abbiamo pazienza e diciamo che vi daremo il castigo solo se rifarete una certa cosa cattiva. Ora state molto attenti, perchè sono cose difficili a capire, ma cercherò di spiegarvele bene.” 

Tutti si misero con le orecchie dritte per non perdere niente, salvo Stefanino che di problemi di alta teologia non si preoccupa ancora. 

“Dio è sempre lo stesso. È buono, cioè ci vuole bene, è giusto, cioè non fa sbagli, ed è santo.”

“Cioè non ha peccato” concluse Daniele. 

“Allora: Dio ha sempre voluto bene al suo popolo, e non ha mai approvato il peccato e non ha mai fatto sbagli nel punirlo. Nei tempi antichi ha scelto gli Ebrei perchè fossero un esempio per i pagani. Li curava, li aiutava e li puniva quando facevano male. Se avesse lasciato che Acan rubasse senza punirlo, gli altri avrebbero detto: «Allora, vuol dire che si può rubare se Dio non ci castiga!» e sarebbero diventati un popolo di ladri, anziché essere il popolo di Dio. Così Dio doveva punire appena qualche cosa di brutto succedeva. Sapete che anche i figli ribelli dovevano essere uccisi a pietrate?” 

Gli occhi di Daniele quasi cascarono fuori dalle orbite. 

“Poi, però, siccome la gente brava e santa non ci sapeva stare, Dio ha deciso di fare in un altro modo: ha mandato Gesù per salvare gli uomini e ha deciso di avere pazienza e di aspettare che la gente si convertisse a Lui. Però dice chiaramente che quelli che non credono in Cristo in questa vita dovranno andare all’inferno.”

“Tu spieghi molto bene” commentò Deborah. 

“Ma io non capisco ancora una cosa. Perchè Acan è dovuto andare all’inferno e ora la gente può avere il tempo di chiedere perdono. Non è mica giusto, vero?” chiese Davide. 

“La Bibbia ci fa capire che Acan ha riconosciuto il suo peccato ed è possibile che abbia chiesto perdono a Dio mentre camminava verso la valle per essere ucciso. Se lo ha fatto, la sua anima è stata salvata. Ed è la cosa che importa di più.” 

“Se è così, va bene” disse Davide rassicurato. 

“Ma a me piace di più come Dio fa adesso” sbadigliò Daniele, infilandosi sotto le coperte. 

“Buona notte, Mamma.” 

Mamma spense la luce e si allontanò per il corridoio lasciando la porta socchiusa. 

“E poi dicono che i bambini di sette anni non si pongono dei problemi...” pensò. “Chissà se anche l’apostolo Pietro non ci ha pensato quando scrisse che dobbiamo sempre essere pronti a rendere ragione della nostra fede a chiunque ce lo chiede?”

Maria Teresa Standridge

La VOCE marzo 2023

La parola cristiano nel linguaggio popolare è per molti sinonimo di uomo: se non sei un animale sei un cristiano. 

C’è chi addirittura si offende se dici che non tutti sono cristiani. 

Ma la maggior parte delle religioni professate nel mondo non hanno nulla a che fare con il cristianesimo, ed è quindi un errore chiamare cristiana una persona che non lo sia per propria scelta e convinzione. Infatti cristiano non si nasce, ma si diventa.   

Nel Nuovo Testamento, che definisce il cristiano, esiste anche un altro termine riferito ai credenti in Cristo, la parola discepolo. Avendo una connotazione particolare, è molto meno usata e meno familiare del termine cristiano.

Siamo cristiani o siamo discepoli?
Esistono cristiani che non sono discepoli?
Essere discepoli è diverso dall’essere cristiani?

Tu come ti definiresti? 

Cercare di capire se esiste una distinzione tra un discepolo e un cristiano per gli studiosi di teologia non è affatto un arido esercizio accademico. Il Signore Gesù stesso, che all’apice del suo ministero terreno di seguaci ne aveva un’infinità, considerava fondamentale che le persone capissero bene che non tutti erano discepoli. Di seguaci ne aveva tanti, ma di discepoli?

Per Dio non è un problema riconoscere chi sono i suoi discepoli, perché lui vede nei cuori. Invece chi è solo un seguace spesso s’illude di essere discepolo quando non lo è. E quest’illusione costerà cara a tantissime persone, perché è una questione di vita o di morte!

A volte si confondono anche i discepoli con gli apostoli. Ma gli apostoli erano i dodici uomini che Gesù aveva scelto tra tutti i suoi discepoli. Perciò quando parlo di discepoli non mi riferisco agli apostoli. Gesù aveva molti seguaci e molti discepoli. 

Migliaia di persone erano attirate da Gesù, dalle sue parole e dai suoi miracoli. 

Le folle lo seguivano da un villaggio a un altro, ma non capivano che il Signore richiedeva loro qualcosa in più del semplice corrergli dietro per vedere o ricevere un suo miracolo. Infatti Gesù dovette spesso mettere in guardia le persone, con affermazioni chiare e senza mezzi termini, dicendo loro:

“Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo. E chi non porta la sua croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. 
Chi di voi, infatti, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolare la spesa per vedere se ha abbastanza per poterla finire? Perché non succeda che, quando ne abbia posto le fondamenta e non la possa finire, tutti quelli che la vedranno comincino a beffarsi di lui, dicendo: «Quest’uomo ha cominciato a costruire e non ha potuto terminare».
Oppure, qual è il re che, partendo per muovere guerra a un altro re, non si sieda prima a esaminare se con diecimila uomini può affrontare colui che gli viene contro con ventimila? Se no, mentre quello è ancora lontano, gli manda un’ambasciata e chiede di trattare la pace.
Così dunque ognuno di voi, che non rinuncia a tutto quello che ha, non può essere mio discepolo” (Luca 14:25-33).

Molti andavano dietro a Gesù, ma non tutti erano suoi discepoli. 

La parola discepolo significa colui che impara da un maestro, seguendolo e ubbidendogli.

C’era una differenza (ed esiste ancora) tra chi seguiva il Signore Gesù e chi invece era suo discepolo: al discepolo era richiesto uno standard molto alto di impegno e dedizione.

Essere discepolo esigeva una scelta radicale: rinunciare a tutto. 

Nulla poteva essere più importante di seguire Cristo Gesù, imparare da lui, imitarlo e obbedirgli a qualsiasi costo. Una simile decisione non era da prendere alla leggera. Il costo da pagare era molto alto, infatti, molti discepoli sarebbero stati uccisi per la loro fede, così come sarebbe stato ucciso il loro Maestro.

Essere discepolo vuol dire identificarsi con il Maestro, nel bene e nel male. “Basti al discepolo essere come il suo maestro e al servo essere come il suo signore. Se hanno chiamato Belzebù il padrone, quanto più chiameranno così quelli di casa sua” (Matteo 10:25).

La vera persecuzione contro i discepoli sarebbe cominciata dopo l’ascesa al cielo del Signore Gesù. Lui li aveva avvisati dicendo: “Io vi ho detto queste cose, affinché non siate sviati. Vi espelleranno dalle sinagoghe; anzi, l’ora viene che chiunque vi ucciderà, crederà di rendere un culto a Dio. Faranno questo perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io vi ho detto queste cose affinché, quando sia giunta la loro ora, vi ricordiate che ve le ho dette. Non ve le dissi da principio perché ero con voi” (Giovanni 16:1-4).

Essere discepoli non era per i deboli di cuore: avrebbero perso le famiglie, gli amici e spesso anche la vita. E i loro uccisori sarebbero stati fieri, credendosi per queste azioni veri seguaci di Dio.

Essere discepoli era un cammino arduo e senza scorciatoie, da cui non si tornava indietro, ma anche un cammino di grandi benedizioni. Infatti a quei Giudei che avevano creduto in lui, Gesù disse: “Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Giovanni 8:31,32). 

Il discepolo conosce bene quello che ha detto Gesù, si aggrappa a ogni suo insegnamento, e lo mette in pratica senza compromessi.

Il discepolo è amato da Dio, e Cristo si manifesterà a lui: “Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Giovanni 14:21).

Al discepolo Cristo ha promesso la sua pace, la sua presenza, la gioia completa e lo Spirito Santo (Giovanni 14:25-27). 

I discepoli sarebbero diventati una comunità; era questo, infatti, il disegno di Cristo per la sua chiesa: “Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:34,35). La chiesa è una comunità unica e sorprendente, dove i discepoli si amano in modo genuino, avendo imparato ad amare da Gesù in persona.

Al discepolo è riservato un futuro glorioso: “Padre, io voglio che dovo sono io, siano con me anche quelli che mi hai dati, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai data; poiché mi hai amato prima della fondazione del mondo” (Gesù, in Giovanni 17:24). 

È significativo che nel Nuovo Testamento la parola discepolo (in tutte le sue varie forme) si trovi più di 200 volte. In alcuni casi si riferisce ai seguaci in generale, altre volte ai veri discepoli. Solo più tardi, come attesta Luca: “ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani” (Atti 11:26).

In altre parole, c’è un solo modo di essere cristiani: essere discepoli.

Oggi, con l’abuso della parola cristiano, rischiamo di dimenticare che un credente in Cristo è anzitutto un discepolo. Quindi, secondo quello che la Bibbia insegna, solo una persona che ubbidisce a Cristo e che s’impegna per diventare come lui può essere chiamato cristiano. 

A questo punto è logico domandarsi se siamo davvero dei discepoli o solo dei seguaci di una religione. 

La Bibbia è chiara su chi è un cristiano: chi crede in Gesù come unico e personale Salvatore e lo serve come indiscusso Signore della propria vita. 

Forse il desiderio di riempire le nostre sale di culto con nuove persone ci ha fatto trascurare di spiegare bene che seguire Cristo ha un costo. Quando una persona dichiara di voler credere in Cristo, in qualunque modo lo faccia, sia con una preghiera, sia per alzata di mano, la sua decisione deve portarla a vivere una vita da discepolo.

Dopo la sua resurrezione Gesù incontrò i suoi discepoli per l’ultima volta in Galilea, e gli disse: “Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente” (Matteo 28:18-20).

Ai discepoli è comandato di fare discepoli! Non avrebbero potuto farlo con le loro forze, ma tramite il potere che Dio ha dato a Gesù come Signore assoluto di ogni cosa. E lui avrebbe accompagnato i discepoli nel loro arduo compito fino alla fine.

Noi spesso perdiamo di vista la nostra prima responsabilità di essere discepoli e poi di fare discepoli insegnando loro a osservare tutte le cose che Gesù ha insegnate. 

Questo vuol dire che dovremmo tutti esaminare le nostre vite, osservare con più attenzione coloro che sono seguaci e non ancora discepoli, ed essere saggi nel presentare il vangelo alle persone intorno a noi.

Davide Standridge 

A.A.A. CERCASI AMORE

Come tutti gli anni, anche questa volta abbiamo preparato un opuscolo evangelistico dal titolo A.A.A. CERCASI AMORE, che puoi leggere CLICCANDO QUI. La nostra preghiera è che sia uno strumento che tu possa usare per portare il messaggio del vangelo alle persone intorno a te.

Le copie che ordinerai possono essere personalizzate gratuitamente per te o per la tua chiesa, con il vostro indirizzo e con il messaggio che ci indicherai. Vedi le informazioni su quantitativi e prezzi, e su come fare l’ordine, alla quarta pagina dell’opuscolo stesso!

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Ormai facciamo tutti parte di chat e gruppi sui nostri smart-phone, e questo potrebbe essere un ottimo strumento per aiutarti a parlare della tua fede. Non costa nulla, se non un po’ di tempo.

Che il Signore ci usi per diffondere il vangelo della sua grazia a chi non lo conosce.

 

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